Giostre e tornei nell’impero romano (XII-XV sec.). Gli “sport guerreschi” importati dai Latini

Tornei e giostre sono pratiche che leghiamo quasi automaticamente al nostro immaginario di medioevo.
Anche se oggi i due termini sono sinonimi, torneo e giostra indicano due attività diverse: mentre il torneo è usualmente una contesa tra due squadre di combattenti, la giostra indica in particolare il duello in lizza tra due cavalieri.
Con “torneo” si può anche intendere un evento più grande, nel quale sono inclusi tanto i tornei propriamente detti che le giostre.
Via di mezzo tra l’esercitazione guerresca e la disciplina “sportiva”, anche se nascono senz’altro con la prima connotazione, tornei e giostre hanno origine, da quanto si può rintracciare, nell’XI secolo, nel mondo normanno e francese.
Anche se “giochi” e addestramenti equestri non sono certo sconosciuti nel mondo romano (basti pensare agli hyppica gimnasian del II-III sec., o anche solo ai regolari addestramenti militari), la pratica dei tornei e delle giostre è totalmente sconosciuta.
Ne è una prova una notabile eccezione del 966.
L’imperatore Niceforo II Foca organizza, partecipandovi, nell’ippodromo di Costantinopoli, un hippicos agon (un cimento tra cavalieri), con l’intento di far addestrare i suoi uomini.
La nostra fonte, Leone Diacono, ci dice che la popolazione della Città, non essendo abituata a un simile “spettacolo”, ne è terrorizzata.
Tuttavia, il contatto sempre più intenso dell’impero con le realtà occidentali (tra conflitti, mercenariato e movimenti crociati) porta ben presto, oltre a far spesso ammirare i Latini per le loro abilità guerresche, a far conoscere la pratica del torneo vero e proprio anche ai Romani.
Giostre e tornei (rispettivamente tzoustres xylocontaries in greco) non avranno mai però il carattere popolare e diffuso che hanno invece in Europa, come vedremo alla fine.
In particolare, è l’imperatore Manuele I Comneno (1143-1180) a introdurre questo tipo di attività nel mondo romano, prendendovi a sua volta parte con grande entusiasmo.
Manuele infatti, essendo a sua volta un ottimo combattente, è un grande ammiratore del modo di fare la guerra dei Latini, e secondo Cinnamo introduce, presso i cavalieri romani, la pratica di “caricare gli uni contro gli altri con lance smussate”.
Ora, in realtà i cavalieri praticano con armi non letali già da secoli (come dimostrato dai trattati militari, come lo Strategikon di Maurizio e i Taktika di Leone VI).
Per cui, Cinnamo sta probabilmente dicendo in realtà che Manuele Comneno ha introdotto, per imitazione, pratiche come la giostra e il torneo – e partecipa alle tenzoni in prima persona brandendo, secondo i suoi biografi, una lancia molto più lunga e pesante di quella adoperata regolarmente.
L’evento più famoso al quale partecipa Manuele Comneno è un grande torneo tra Romani e Latini organizzato ad Antiochia nel 1159, in occasione dell’ingresso trionfale dell’imperatore in città – in un futuro articolo probabilmente vi racconterò più nel dettaglio di questo grande torneo.
Il torneo, che vede Rinaldo di Châtillon come leader della squadra latina, si conclude in una vittoria per Manuele e i suoi – che sono tutti suoi familiari.
Quest’ultimo aspetto è proprio una delle più grandi differenze tra la concezione del torneo nell’Europa medievale, e come filtrata nell’impero romano: se nel primo caso è un tipo di evento molto popolare e seguito, con un’ampia partecipazione da parte di vari membri dell’aristocrazia, nel mondo romano vi prendono usualmente parte solo i membri della famiglia imperiale, e si tratta di eventi relativamente rari.
Inoltre, non esistono testimonianze di tornei organizzati da qualche famiglia aristocratica indipendentemente dalla volontà imperiale, senza la quale è evidentemente impossibile poter mettere in piedi un torneo.
Che la pratica del torneo non sia molto diffusa si evince anche dalla testimonianza di Giovanni Cantacuzeno, che scrive nel XIV secolo.
Cantacuzeno infatti riferisce che la moglie di Andronico III, Anna di Savoia, nel 1326 giunge a Costantinopoli con una folta schiera di cavalieri e scudieri, e che questi “insegnarono giostre e tornei ai Romani, che non conoscevano tali giochi.”
Sappiamo che Andronico III organizza almeno un torneo, al quale partecipano Romani e Latini “cercando l’onore”, e al quale prende parte personalmente, distinguendosi per il suo valore, l’imperatore Andronico III – non a caso, come Niceforo II e Manuele I, è un abile e appassionato combattente.
Lo storico Niceforo Gregora, tuttavia, nella descrizione dello stesso evento, depreca la partecipazione dell’imperatore al torneo, considerando questa pratica non abbastanza degna per il sovrano e per via del possibile pericolo – quest’ultima osservazione non è del tutto peregrina, considerando che due secoli dopo un re francese, Enrico II, morirà nel corso di una giostra.
Anche se giostre e tornei all’occidentale non entreranno mai veramente a far parte delle usanze “sportive” dei Romani, ciò non significa che questi ultimi fossero del tutto alieni alle competizioni di combattimento.
Ce ne dà testimonianza il viaggiatore borgognone Bertrandon de la Brocquière, che scrive nel 1432.
Brocquière infatti racconta di aver partecipato a un torneo, in occasione delle nozze di un membro della famiglia imperiale, ma totalmente diverso da come si svolgono nella sua terra natìa: infatti si combatte senza armatura, e usando dei bastoni – misura grazie alla quale nessuno rimane ferito.
https://tribunus.it/2023/12/16/giostre-e-tornei-nellimpero-romano-xii-xv-sec-gli-sport-guerreschi-importati-dai-latini/

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