Guerra sull'Adamello

Il secondo attacco austriaco all'Ago Mingo (2972m), 18 Maggio 1918.
Dopo il fallito colpo di mano del 5 maggio gli austriaci ritentano la conquista di questa importante posizione.
Questa volta si tratta di un attacco "in forze". Vengono equipaggiate cinque pattuglie della "Bergführer- Sturmkompanie" (Compagnia d'assalto d'alta montagna, formata da elementi molto preparati alpinisticamente: guide alpine, gestori di rifugio, portatori, ecc.) composte le prime due da 20 uomini ciascuna e le altre tre da 40 uomini complessivamente.
Vengono formati tre gruppi, con tre diversi itinerari d'attacco: il gruppo di sinistra deve svolgere un ruolo di "copertura"; le pattuglie n° 3-4-5 agli ordini del Sottotenente Wybranietz con 40 uomini e due mitragliatrici deve impegnare gli italiani in direzione dei "Molari dell'Orco".
La pattuglia n°1, comandata dall'Alfiere Josef Anton Mayer, posizionata sulla destra (20 uomini e due mitragliatrici) ha il compito di aggirare le posizioni dell'Ago Mingo percorrendo la cresta nord che sale dallo Stablel.
La pattuglia n°2 (20 uomini con due mitragliatrici), comandata dallo Zugsführer Toni Ruedl, deve attaccare direttamente, per la cresta est, le posizioni dell'Ago Mingo.
Pesantemente equipaggiati (attrezzature alpinistiche, armi, bombe a mano e munizioni) alle ore 22.00 del 17 maggio gli uomini delle 5 pattuglie d'assalto iniziano la marcia d'avvicinamento. Hanno a disposizione 8 ore per raggiungere le posizioni per l'attacco. Quest'ultimo è fissato per le ore 6.00 del 18 maggio. La marcia (un vero e proprio percorso alpinistico per cresta) procede lenta e difficile. Siamo in maggio, la montagna è ancora ricoperta da un buon strato di neve e ghiaccio.
Le posizioni dei "Molari dell'Orco" e dell'Ago Mingo sono tenute da reparti del Battaglione Alpini "Val Baltea", supportati da 4 mitragliatrici e un lanciafiamme.
Alle prime luci dell'alba inizia l'attacco austriaco. Le due azioni fiancheggianti (Molari dell'Orco e cresta nord dell'Ago Mingo) incontrano subito grandi difficoltà, dovute alla pronta reazione di fuoco degli alpini e al difficilissimo terreno roccioso d'alta montagna, ancora fortemente innevato.
Anche la pattuglia centrale, quella che deve attaccare direttamente la vetta dell'Ago Mingo, trova delle gravissime difficoltà. Gli Alpini vigilano attenti e il fuoco di mitragliatrici e bombe a mano provoca diverse perdite agli attaccanti.
Per i reparti austriaci la situazione inizia a farsi tragica. La resistenza degli alpini, solidamente trincerati nella roccia, non accenna a diminuire. Gli assaltatori hanno già subito forti perdite in morti e feriti. Anche "sganciarsi", ora, diventa un'impresa. Si tratta di ripercorrere in discesa creste e canali con il carico doloroso dei morti e dei feriti.
Viene fatto un ultimo tentativo contro le munitissime posizioni italiane ma non c'è niente da fare, non si passa!
Resta un'unica soluzione, anche se maledettamente rischiosa: ripercorrere in discesa l'itinerario di salita e sperare che il tutto si realizzi senza troppe perdite. Gli Alpini vigilano attenti e un'eventuale ritirata risulterebbe assai difficoltosa.
I reparti d'assalto austriaci iniziano a sganciarsi, superando difficoltà alpinistiche enormi, cui si aggiunge la demoralizzazione per il fallito attacco e per la perdita di tanti compagni.
Dopo un calvario durato diverse ore, gli austriaci riguadagnano le basi di partenza, situate in Val Stablel, sulle posizioni dello Stablelin e del Passo del Materott.
Dopo questo cruento combattimento le posizioni dell'Ago Mingo rimarranno "tranquille" fino al termine della guerra. Con l'estate gli austriaci occuperanno stabilmente le posizioni del "Corno Stablel" (2868m), situate a poche centinaia di metri da quelle italiane dell'Ago Mingo (2972m).
La battaglia si riaccenderà tre mesi più tardi, il 13 Agosto 1918, con l'offensiva italiana per la conquista del tratto di cresta "Corno Stablel"- "Corno Stablelin"- "Passo del Materott"- "Corno del Menecigolo". L'azione poi fallirà con grave sacrificio di uomini per gli italiani. Questa sarà l'ultima azione svolta in questo fantastico modo alpestre, il più selvaggio e solitario dell'Adamello.
Bibliografia: Luciano Viazzi "I Diavoli dell'Adamello" Vittorio Martinelli: "Guerra alpina sull'Adamello" vol.2

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