Battaglia di Folgaria e Lavarone (15-19 Maggio 1916) I Fase

L’offensiva iniziò alle ore 06.00 del 15 maggio, con un poderoso fuoco di artiglieria “a guisa di uragano” dall’Adige all’Astico, diretto contro il centro dello schieramento italiano per distruggere i reticolati e le trincee; alle ore 10.00 iniziò l’attacco delle fanterie. Schiacciati dalla superiorità numerica della fanteria austriaca, appoggiata da poderosi mezzi distruttivi (a Folgaria su 6 km. di fronte si concentrò il fuoco di 360 cannoni), gli italiani nonostante gli eroici sforzi di numerosi reparti, furono costretti a cedere le posizioni più avanzate: il nemico colse subito notevoli successi locali nel settore Vallarsa – Val Terragnolo e sull’Altopiano di Folgaria e Lavarone.
In questa prima fase dell’offensiva avanzò l’ala destra nemica, costituita dall’11a Armata con l’VIII e il XX Corpo d’Armata rispettivamente contro la Zugna Torta – Val Terragnolo (difeso da reparti della 37ª Divisione e dallo sbarramento Agno – Posina) fino al Monte Pasubio e al limite sud dell’Altopiano di Folgaria (Monte Maggio, Monte Toraro, Monte Campomolon, Spitz Tonezza) (difeso dalla 35ª Divisione).
Dopo cruenti combattimenti il giorno 15 maggio, la 6a Brigata da montagna austro – ungarica, conquistò le posizioni avanzate di Castel Dante – Sich a sud di Rovereto, quota 751 di Grottole difesa con estrema caparbietà da un gruppo di valorosi fanti del 207° Reggimento della Brigata Fanteria Taro.
In questo settore la difesa posizionata su una linea molto avanzata riuscì, a prezzo di gravi perdite, a tenere sulla linea Zugna Torta – Pasubio – dorsale di riva destra del torrente Posina. Le forze austriache furono così bloccate all’imbocco della Vallarsa e nel settore dello sbarramento Agno – Posina.
Il 16 maggio, la 57a Divisione di montagna austro-ungarica conquistò, dopo tenaci resistenze da parte dei fanti del 208° Reggimento della Brigata Fanteria Taro, il caposaldo di Costa Violina, parte dello Zugna Torta e venne occupato il Terragnolo ma il caposaldo di Piazza di Terragnolo, difeso dai fanti della Brigata Fanteria Roma e dagli alpini del Battaglione Monte Berico, non cedette agli assalti della fanteria austriaca. Durante quei combattimenti, a Costa Violina, venne catturato dagli austriaci il sottotenente di artiglieria Damiano Chiesa, valoroso irredento di Rovereto, che sarà fucilato il 19 maggio nella fossa del Castello del Buon Consiglio di Trento.
Sempre durante quelle giornate infuocate, a Trambileno, cadde eroicamente il maggiore Felice Chiarle, comandante del 17° Gruppo di artiglieria da montagna del 3° Reggimento. Morto il comandante di una sua batteria ne assumeva il comando che tenne per quattro giorni sotto intenso bombardamento avversario. Distrutti i pezzi dal fuoco nemico, ferito alla spalla e alla testa, si rifiutava di lasciare i suoi artiglieri e la posizione e con i pochi superstiti ed i fanti della Brigata Roma andava all’assalto contro il nemico cadendo sul campo di battaglia.
Nella medesima giornata del 16 maggio, protetti da un violentissimo fuoco di artiglieria, reparti austriaci del XX Corpo, perfettamente addestrati a combattere in montagna, attaccarono e conquistarono i capisaldi di Monte Coston, Costa d’Agra e Monte Maronia, completamente distrutti dal fuoco dell’artiglieria nemica. I pochi difensori rimasti furono costretti a ripiegare, combattendo, su Monte Maggio e Monte Coston d’Arsiero.
Nel frattempo l’VIII Corpo d’Armata austriaco, che operava a cavallo della Vallarsa, dopo aspri combattimenti all’arma bianca, conquistò il Monte Zugna Torta e la località di Piazza di Terragnolo.
Durante queste operazioni, il 17 maggio, il Comando del Gruppo di Armate del Tirolo effettuava un rimaneggiamento delle forze: il III Corpo d’Armata passava alle dirette dipendenze della 3a Armata e assegnava all’11a Armata il XXI Corpo. Con questo provvedimento le due armate risultarono, pertanto, non più una dietro all’altra ma affiancate con limite di settore la Val d’Astico, proprio a cavaliere della direttrice di attacco principale.
Nella giornata del 19 maggio, sull’Altipiano di Folgaria, la pressione nemica aumentò di intensità per numero di soldati che per mezzi bellici, tanto che gli austriaci occuparono le forti posizioni di Monte Maggio, Monte Toraro – Monte Campomolon – Passo della Vena, Spitz Tonezza, presidiate dalla 35a Divisione.
Il movimento fu effettuato nella notte del 20 sotto la protezione del “Gruppo Alpini E” costituito dai Battaglioni Cividale, Monte Clapier, Monte Matajur, Monte Mercantour e Val Natisone.
In questo settore del fronte il XX Corpo d’Armata austriaco riuscì a progredire celermente grazie anche al massiccio e perfetto concorso di fuoco delle artiglierie del III Corpo d’Armata austro – ungarico.
Nello stesso giorno la Sbarramento Agno – Posina, difeso dai fanti della Brigata Roma e dagli Alpini del Battaglione Monte Berico e Val Leogra, subì un gravissimo colpo. I difensori attaccati da più direzioni da reparti della 59a Divisione, dopo una strenua resistenza, dovettero abbandonare il Col Santo e davanti all’impeto nemico ripiegare verso il Pasubio difeso dai fanti della Brigata Volturno e Puglie. Sotto la pressione avversaria vennero abbandonati anche i forti di Pozzacchio e il campo trincerato di Matassone (ambedue forti austriaci precedentemente occupati dagli italiani) ubicati nella sottostante Vallarsa.
Da quel momento il Pasubio, veniva investito in pieno dalla “Strafexpedition” e diveniva uno dei luoghi simbolo della resistenza nel Trentino. Nonostante i ripetuti tentativi dell’11ª Armata austriaca, questa non riuscirà mai a cogliere altri risultati di rilievo: rimarrà bloccata definitivamente in Vallarsa e davanti alle alture del Monte Giove – Monte Novegno, estremo baluardo difensivo prima della pianura vicentina.
Durante questi cruenti combattimenti non mancarono episodi di disorientamento, ma per contro moltissimi furono gli atti di valore dei soldati italiani che, per evitare la rottura del fronte, si sacrificarono sul posto con i loro comandanti.
Il “Rapporto giornaliero all’imperatore”, in data 26 maggio, compilato dal Comando Supremo austro – ungarico così si esprimeva nei riguardi della difesa italiana di Monte Cimone: “Il nemico (due o tre battaglioni alpini) si è battuto con estremo valore ed ha subìto perdite sanguinose”.

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