Grida e canti un po' smodati

Romualdo Cardarelli racconta orrori, resa, fame, morti a Val Lunga, Conco (VI) il 3 novembre 1918
3 novembre  Nel pomeriggio vado insieme con Chemello ad Asiago anche per vedere se la strada da percorrere domani l’altro coi pezzi è praticabile. E’ una strada che passa per Pénnar. Dio in che condizioni si trova. A dir poco quaranta buche prodotte da granate di medio e grosso calibro impediscono assolutamente il transito. Nella trincea austriaca c’è molta rovina e sparse ovunque cartucce per fucile, per mitragliatrici, bombe a mano, cartucce per razzi e stracci stracci stracci e gavette. 
Sulla strada ho veduto un soldato austriaco morto chi sa da quanti giorni, forse da tanti mesi. Un mucchio di stracci e d’ossa esili che ne sbucano fuori. La testa e parte del corpo non c’è. Parrebbe bruciato vivo. Uno spettacolo macabro dei più mostruosi. 
In Asiago sono ancora molti gruppi di prigionieri. Laceri sporchi magri di una magrezza visibilmente causata da denutrizione. Bella cittadina doveva essere Asiago. Ora è quasi tutta un ammasso di macerie. Soltanto qualche casa ha il tetto sfondato e le pareti forate da fori piuttosto piccoli. Il resto sventrate, mutilate, cadenti. 
Tornando in batteria apprendiamo che è stato firmato l’armistizio. Grida e canti qua e là un po’ smodati e un più intenso lancio di razzi presi agli austriaci nella vallata e su tutte le pendici dei monti. I due riflettori vicini scherzano essi pure con la loro luce ormai inutile. 
Poco dopo arriva il bollettino Diaz che ci dà una più lieta e meno aspettata novella. I nostri hanno occupato Trento e Trieste e rientrano in Udine. 
E’ veramente oggi la giornata più felice della mia vita. E pure fra il tripudio comune qualche ombra di melanconia si mescola in me alla gioia più intensa. Forse in me anche la gioia mi si mostra un po’ dolorosa. 
Ricordo questa sera con una soddisfazione intima non priva d’orgoglio che il sogno mio più bello, vecchio ormai quanto me e vissuto intensamente e perseguito con una costanza che in certi momenti aveva forse dell’eroico, è oggi una realtà. 
Usciamo da questa guerra noi italiani splendidamente. E nel lungo calvario abbiamo veramente costruito in noi una coscienza nazionale che mancava ancora. 
Molti e molti, i migliori di noi, son morti e tutti o quasi i vili e i mezzi vili sono ancora in vita. Ma rimangono sempre gli avanzi di tante battaglie anche se mutilati; e i giovanissimi del 98, 99, 900 che son cresciuti durante la guerra e la guerra hanno fatto poco o molto ma abbastanza sempre per sentirne la grave lezione torneranno domani alle case loro con un animo assai diverso e migliore. E la semenza stessa dei morti fruttificherà.

Commenti

Post popolari in questo blog

Quota 126 del Vippacco

Perchè c'erano tanti falli nella Roma antica?

Scoperto in Germania il “filo spinato” usato da Cesare contro i Galli.