La bandiera del reggimento è salva
È cominciata la ritirata di Caporetto e il caporale Aldo Bardi, claudicante per una ferita da bomba riportata in settembre, si sta allontanando da Lucinico.
Il cammino compiuto - eccessivo per le condizioni della mia gamba, mi procurò sensibile sofferenza e così mi decisi a salire sopra una carretta isolata del carreggio che poi seppi che trasportava la Bandiera del Reggimento - le Cassa forte ed i documenti dell'Ufficio Amministrazione, seguivano la carretta - quali scorta solo due caporali e due soldati i quali però non avevano nessuna direttiva e nulla di più avrebbero fatto che raggiungere la colonna principale e seguirne le sorti - rimanendo cioè al di là del Tagliamento.
Le strade eran ingombre oltre ogni dire e non fu possibile di giungere a Calmanova prima della sera del 28 = il solo quadrupede che trainava la carretta non andava più avanti e poco fuori di Palmanova fu quindi indispensabile un alt che dalle ore 23 del 28 si protrasse fino all'alba del 29 = direttiva era Codroipo ma le strade principali e secondarie erano letteralmente ingombre di veicoli d'ogni specie e che sostavano più ore per poi avanzarsi di solo poche diecine di metri = intanto giungevano notizie le più allarmanti = già si sapeva che centro di raccolta per tutti era stata fissata la zona di Casarza = il proseguire con la carretta era penoso e evidentissimo sorgeva il pericolo di rimaner bloccati prima di giungere al ponte di Codroipo.
Per quanto da nessuno avessi ricevuto mandato alcuno, compresi in tutta la sua portata il rischio che correva il vessillo e quindi l'onore del Reggimento e di tutta iniziativa eseguii quanto coscienza di soldato ed onore d'italiano mi consigliarono.
Infatti un Colonnello dei Bombardieri che era addetto al vasto movimento e che trovavasi presso uno sbarramento, interpellato se poteva essere abbandonata la carretta, non dette nessuna autorizzazione poiché nessun ordine era stato emanato in proposito; era quasi sera del 29 ottobre - nessuna speranza rimaneva di poter percorrere gli ancora numerosi km che distanziavano Codroipo ed io non indugiai ad assumermi grave responsabilità, facendo abbandonare di mia iniziativa la carretta, dopo avervi tolta la Bandiera e le due casse forti che contenevano circa £ 40.000 - e curai che il tutto fosse caricato a basto sul mulo che prima era attaccato alla carretta.
Non fu possibile il proseguire per la strada perché oltremodo gremita d'uomini e materiali d'ogni specie - fu quindi gioco forza adattarsi a percorrere i campi ed il dover camminare su terra sì mal ferma, valse a moltiplicarmi le sofferenze ma non a disorientarmi i fermi propositi. Codroipo era però troppo lontana e la sfinitezza del quadrupede come la stanchezza degli uomini, imposero sosta per il rimanente della notte - il mattino del 30 ottobre fu ripresa la marcia e nella mattinata stessa fu possibile attraversare il ponte di Codroipo, quando non lontani si sentivano già colpi di fucile e di mitragliatrici sparati da pattuglie della cavalleria nemica - i carreggi non avevano fatto che lievi progressi e certo, dal turno che avrebbe avuto la carretta se non abbandonata, più km di carriaggi che la precedevano rimasero al di là del Tagliamento.
La Bandiera e le casse forti del 201° Fanteria erano però salve ed io oltremodo sofferente per la ferita piagata - ma pago per il dovere già altamente compiuto, lasciai proseguire la scorta per proprio conto e dopo aver percorso qualche km a piedi oltre il Tagliamento, potei aggrapparmi ad un'auto ambulanza che nella notte sul 31 riuscì a giungere nei pressi di Sacile = proseguii il 31 mattina per Conegliano da dove la sera stessa fui fatto partire in un treno Ospedale per Verona (ove giunsi dopo almeno 50 ore di digiuno) fui ricoverato all'Ospedale Militare Principale - grande edificio sanitario capace di contenere 6000 feriti o malati - qui posso dire che ebbero termine le mie pene morali e materiali; vissi 5 giorni di umiliazione per il pericolo che terribilmente minacciava l'Italia ed attraverso la zona della sventura, vissi la più tragica visione terroristica e quanta impressione mi procurarono le innumerevoli famiglie che con i bambini in braccio - esposte alle tempeste in questi giorni proprio torrenziali - camminavano e camminavano, allontanandosi sempre più dalle loro case - dai loro capitali - da tutti i loro più cari ricordi per dirigersi ad una meta ignota che chissà quante sofferenze riservava loro il raggiungerla.
Anch'io in quei 5 giorni condivisi il loro miserevole stato poiché specialmente negli ultimi due giorni, non ci cibammo che di appetito.
Ogni nostro voto tendeva a sperare a solo - unicamente e tanto sperare che non continuasse ad estendersi l'invasione che moltiplicato avrebbe e chissà in qual misura, quei quadri di dolore così tremendi per i colpiti, che concepir non è concesso ad umana immaginazione.
Il Piave - il valore dei nostri soldati-degni del nome d'Italiani, arrestarono la marcia del tracotante nemico - ci salvarono la Patria.
Dall'Ospedale di Verona fui inviato al Regina Margherita di Roma dove rimasi fino al giorno 27 novembre. Ottenni una licenza di convalescenza di 30 giorni allo scadere della quale anziché recarmi al Deposito 49° Fanteria (centro di mobilitazione del Reggimento) in Torino e rimanervi come avrei potuto (anche perché la ferita non erasi completamente cicatrizzata), sempre per spirito di dovere, preferii tornare subito al Reggimento presso il quale giunsi i primi gennaio e lo trovai schierato sul Piave.Al Reggimento fu molto apprezzata la mia condotta = la mia iniziativa saputa prendere in tempo valse da sola a salvare la Bandiera e le Casse forti del 201° Fanteria - ed io, lieto di aver sì tanto contribuito a salvare l'onore del mio Reggimento, non detti importanza all'atto compiuto e mi sentii pago di aver compiuto con vera coscienza d'Italiano, il mio dovere, quando la Patria più ne aveva bisogno.
Le strade eran ingombre oltre ogni dire e non fu possibile di giungere a Calmanova prima della sera del 28 = il solo quadrupede che trainava la carretta non andava più avanti e poco fuori di Palmanova fu quindi indispensabile un alt che dalle ore 23 del 28 si protrasse fino all'alba del 29 = direttiva era Codroipo ma le strade principali e secondarie erano letteralmente ingombre di veicoli d'ogni specie e che sostavano più ore per poi avanzarsi di solo poche diecine di metri = intanto giungevano notizie le più allarmanti = già si sapeva che centro di raccolta per tutti era stata fissata la zona di Casarza = il proseguire con la carretta era penoso e evidentissimo sorgeva il pericolo di rimaner bloccati prima di giungere al ponte di Codroipo.
Per quanto da nessuno avessi ricevuto mandato alcuno, compresi in tutta la sua portata il rischio che correva il vessillo e quindi l'onore del Reggimento e di tutta iniziativa eseguii quanto coscienza di soldato ed onore d'italiano mi consigliarono.
Infatti un Colonnello dei Bombardieri che era addetto al vasto movimento e che trovavasi presso uno sbarramento, interpellato se poteva essere abbandonata la carretta, non dette nessuna autorizzazione poiché nessun ordine era stato emanato in proposito; era quasi sera del 29 ottobre - nessuna speranza rimaneva di poter percorrere gli ancora numerosi km che distanziavano Codroipo ed io non indugiai ad assumermi grave responsabilità, facendo abbandonare di mia iniziativa la carretta, dopo avervi tolta la Bandiera e le due casse forti che contenevano circa £ 40.000 - e curai che il tutto fosse caricato a basto sul mulo che prima era attaccato alla carretta.
Non fu possibile il proseguire per la strada perché oltremodo gremita d'uomini e materiali d'ogni specie - fu quindi gioco forza adattarsi a percorrere i campi ed il dover camminare su terra sì mal ferma, valse a moltiplicarmi le sofferenze ma non a disorientarmi i fermi propositi. Codroipo era però troppo lontana e la sfinitezza del quadrupede come la stanchezza degli uomini, imposero sosta per il rimanente della notte - il mattino del 30 ottobre fu ripresa la marcia e nella mattinata stessa fu possibile attraversare il ponte di Codroipo, quando non lontani si sentivano già colpi di fucile e di mitragliatrici sparati da pattuglie della cavalleria nemica - i carreggi non avevano fatto che lievi progressi e certo, dal turno che avrebbe avuto la carretta se non abbandonata, più km di carriaggi che la precedevano rimasero al di là del Tagliamento.
La Bandiera e le casse forti del 201° Fanteria erano però salve ed io oltremodo sofferente per la ferita piagata - ma pago per il dovere già altamente compiuto, lasciai proseguire la scorta per proprio conto e dopo aver percorso qualche km a piedi oltre il Tagliamento, potei aggrapparmi ad un'auto ambulanza che nella notte sul 31 riuscì a giungere nei pressi di Sacile = proseguii il 31 mattina per Conegliano da dove la sera stessa fui fatto partire in un treno Ospedale per Verona (ove giunsi dopo almeno 50 ore di digiuno) fui ricoverato all'Ospedale Militare Principale - grande edificio sanitario capace di contenere 6000 feriti o malati - qui posso dire che ebbero termine le mie pene morali e materiali; vissi 5 giorni di umiliazione per il pericolo che terribilmente minacciava l'Italia ed attraverso la zona della sventura, vissi la più tragica visione terroristica e quanta impressione mi procurarono le innumerevoli famiglie che con i bambini in braccio - esposte alle tempeste in questi giorni proprio torrenziali - camminavano e camminavano, allontanandosi sempre più dalle loro case - dai loro capitali - da tutti i loro più cari ricordi per dirigersi ad una meta ignota che chissà quante sofferenze riservava loro il raggiungerla.
Anch'io in quei 5 giorni condivisi il loro miserevole stato poiché specialmente negli ultimi due giorni, non ci cibammo che di appetito.
Ogni nostro voto tendeva a sperare a solo - unicamente e tanto sperare che non continuasse ad estendersi l'invasione che moltiplicato avrebbe e chissà in qual misura, quei quadri di dolore così tremendi per i colpiti, che concepir non è concesso ad umana immaginazione.
Il Piave - il valore dei nostri soldati-degni del nome d'Italiani, arrestarono la marcia del tracotante nemico - ci salvarono la Patria.
Dall'Ospedale di Verona fui inviato al Regina Margherita di Roma dove rimasi fino al giorno 27 novembre. Ottenni una licenza di convalescenza di 30 giorni allo scadere della quale anziché recarmi al Deposito 49° Fanteria (centro di mobilitazione del Reggimento) in Torino e rimanervi come avrei potuto (anche perché la ferita non erasi completamente cicatrizzata), sempre per spirito di dovere, preferii tornare subito al Reggimento presso il quale giunsi i primi gennaio e lo trovai schierato sul Piave.Al Reggimento fu molto apprezzata la mia condotta = la mia iniziativa saputa prendere in tempo valse da sola a salvare la Bandiera e le Casse forti del 201° Fanteria - ed io, lieto di aver sì tanto contribuito a salvare l'onore del mio Reggimento, non detti importanza all'atto compiuto e mi sentii pago di aver compiuto con vera coscienza d'Italiano, il mio dovere, quando la Patria più ne aveva bisogno.
In seguito a proposta, mi fu conferito da S. M. Britannica la Medaglia d'Argento di distinta condotta in combattimento con la seguente motivazione:
"Quantunque con la piaga aperta di una recente ferita grave alla gamba sinistra ed in condizioni tali da poter a stento camminare dirigeva con intelligenza e buon successo il salvamento della Bandiera e cassa Reggimentale, in momenti quanto mai difficili".
Gorizia - Tagliamento - ottobre 1917
Ne fu pubblicata la concessione con bollettino speciale del Com.do Supremo - febbraio 1918
"Quantunque con la piaga aperta di una recente ferita grave alla gamba sinistra ed in condizioni tali da poter a stento camminare dirigeva con intelligenza e buon successo il salvamento della Bandiera e cassa Reggimentale, in momenti quanto mai difficili".
Gorizia - Tagliamento - ottobre 1917
Ne fu pubblicata la concessione con bollettino speciale del Com.do Supremo - febbraio 1918
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