La conquista di Gorizia: la città cade in mano italiana
Carso
meridionale
Sul
carso di Monfalcone le batterie dell'artiglieria italiana aprono il
fuoco per sei ore consecutive. A metà pomeriggio parte l'assalto
delle fanterie contro la "quota pelata" del Monte Cosich
[sopra Selz] e le quote 121 e 85 [Monfalcone - direzione di Trieste].
Viene occupata q. 121 ma l'avanzata si arresta contro i reticolati
delle trincee austro-ungariche che non erano stati minimamente
toccati dal bombardamento delle artiglierie. I difensori
contrattaccano e le truppe italiane sono costrette a lasciare la
quota con pesanti perdite. Viene occupata q. 85 (poco sotto la 121)
ma anche qui, dopo una breve occupazione delle trincee
austro-ungariche, la fanteria italiana è costretta ad abbandonare la
posizione nonostante ripetuti tentativi e ritornare alle posizioni di
partenza. Anche l'attacco contro la "quota pelata" del
Monte Cosich risulta essere un fallimento. Le truppe austro-ungariche
avevano lasciato le loro trincee ormai incapaci di contenere
l'assalto italiano ma queste erano state riempite di bombe a gas che
scoppiarono proprio quando le truppe italiane iniziavano
l'occupazione delle posizioni. L'artiglieria austro-ungarica si
accanisce contro la "quota pelata" e pertanto, le truppe
italiane dovettero immediatamente abbandonarla.
L'attacco
diversivo nel settore del Carso di Monfalcone si concluse quindi con
una sconfitta per gli italiani che lasciarono sul campo 2000 uomini
tra morti, feriti e dispersi. Vengono quindi modificati i piani che
prevedevano un ulteriore avanzata nel settore del Carso meridionale
Monfalcone). Si annullano tutte le azioni previste per il giorno 5
agosto ed entrano in scena solo le artiglierie con tiri che avevano
lo scopo di simulare un successivo attacco e quindi stornare truppe
austro-ungariche da altri settori della testa di ponte di Gorizia.
Testa
di ponte di Gorizia
Come
previsto negli elaborati piani d'attacco alla testa di ponte di
Gorizia, le artiglierie italiane iniziano il tiro di inquadramento
contemporaneamente agli attacchi sferrati nel Carso meridionale. Il
fuoco di artiglieria era piuttosto rado per ingannare il Comando
austro-ungarico sulla disposizione delle batterie di artiglieria e
celare quanto più a lungo possibile il grande numero di cannoni che
erano stati fatti affluire sulla linea di fronte. Il giorno 5 agosto
i tiri cominciano ad acquistare intensità crescente: i bersagli
principali sono le posizioni austro-ungariche sul Monte Sabotino che,
secondo quanto stabilito dai piani di attacco, era l'obiettivo che
andava neutralizzato per primo.
Domenica
6 agosto 1916: inizia la VI battaglia dell'Isonzo
Ore 7 del
mattino: inizia la prima fase dell'attacco con un intenso fuoco di
artiglieria italiana diretto contro la testa di ponte di Gorizia e
su, fino alla zona di Tolmino e sul Carso. Vengono presi di mira
tutte le postazioni austro-ungariche nel raggio della testa di ponte
di Gorizia oltre a tutte le vie di comunicazione che portavano alla
città: strade, ponti, passerelle, sottopassaggi e linea ferroviaria.
Il
Comando austro-ungarico è completamente preso di sorpresa: il fuoco
dell'artiglieria italiana lungo tutta la linea del fronte dell'Isonzo
non permette di capire dove esattamente verrà sferrato l'attacco
principale. Iniziano anche le difficoltà di comunicazione tra i
reparti perchè molte sedi di comando sono state colpite dalle
granate italiane. Il fuoco dell'artiglieria italiana fu estremamente
preciso e tutta la testa di ponte di Gorizia si trova in mezzo ad un
mare di fuoco e fiamme.
Ore
8 del mattino: il fuoco dell'artiglieria italiana aumenta
ulteriormente di intensità ed è diretto contro le postazioni
austro-ungariche che vengono devastate sistematicamente; vista
dall'alto, la conca di Gorizia assomiglia molto al cratere di un
vulcano. Il Monte Sabotino è quasi completamente avvolto dal fumo
così come le alture intorno ad Oslavia.
Primo
pomeriggio: partono le pattuglie di esploratori italiane per
verificare l'apertura dei varchi nelle difese austro-ungariche. I
varchi agibili ci sono sul Monte Sabotino proprio in prossimità
della cima. Ad Oslavia e q. 188 i varchi sono agibili ma i reticolati
sono tutti aggrovigliati e potrebbero costituire un problema nel
momento dell'assalto della fanteria. I varchi sul Podgora, Grafenberg
e Peuma non sono stati aperti e le posizioni austro-ungariche, pur
sconvolte dal fuoco dell'artiglieria, risultano essere ancora intatte
e capaci di interdire l'avanzata della fanteria italiana.
Monte
San Michele
Il
Monte San Michele era stato inserito tra gli obiettivi principali
facenti capo alla testa di ponte di Gorizia secondo gli intendimenti
del Duca d'Aosta che qui voleva vendetta per aver perduto gran parte
della sua III Armata durante gli scontri del 29 giugno (attacco
austro-ungarico con i gas asfissianti).
Le truppe austro-ungariche
occupavano ancora il versante che si affaccia sulla piana di Gorizia
ma, dopo l'intenso fuoco di artiglieria, le loro posizioni già
precarie, risultarono essere completamente sconvolte. l'XI c.A.
(Cigliana) manda avanti la sua fanteria: cima 1 e 2 vengono occupate
dalla brigata Catanzaro mentre cima 3 e 4 vengono occupate dalla
brigata Brescia e Ferrara. Le brigate Pisa e Regina vengono mandate
all'attacco nel settore di San Martino del Carso [pendici del monte
in direzione di Trieste].
Nella notte gli austro-ungarici tentano
un contrattacco per rioccupare le posizioni ma il tutto si risolve in
un nulla di fatto. Il Monte San Michele è ora completamente in mano
alle truppe italiane. Cade quindi uno dei pilastri per la difesa di
Gorizia.
Carso
Meridionale
Anche
qui, il 6 agosto registra l'assalto della fanteria contro le quote
monfalconesi (121 e 85). Dopo le solite alterne vicende con tratti di
trincea che passavano di mano in mano ad intervalli intermittenti, la
fanteria italiana riesce a conquistare una parte della q. 85. Tra i
personaggi illustri che qui caddero ricordiamo Enrico
Toti ed il generale Chinotto.
Monte Sabotino
Mentre
ancora il fuoco era tambureggiante, Badoglio prepara le sue truppe
per muovere all'assalto del Monte Sabotino, pilastro della difesa di
Gorizia ed obiettivo che, come già detto, andava neutralizzato
quanto prima per favorire il prosieguo dell'avanzata delle truppe
italiane. Badoglio aveva organizzato la fanteria su due colonne che
dovevano marciare lungo il monte per sbaragliare la resistenza
austro-ungarica rimasta ed occupare il monte.
Ore 15: vengono
organizzate le truppe per l'assalto e distribuiti gli ordini.
Ore
16: termina il fuoco dell'artiglieria pesante e delle bombarde ed
inizia quello dell'artiglieria leggera che deve accompagnare
l'avanzata della fanteria. Le truppe italiane della prima colonna
d'attacco escono dalle trincee e dai ricoveri e marciano verso la
cresta del monte. In soli quaranta minuti il Monte Sabotino è
espugnato. La colonna principale, comandata dal maggiore Pecorini,
riesce ad intrappolare i difensori Dalmati nelle caverne. I difensori
rifiutano la resa. Le caverne vengono innondate di benzina
successivamente data alle fiamme. I Dalmati asseragliati nelle
caverne muoiono intossicati dal fumo e bruciati vivi. La colonna
prosegue lungo il monte verso il San Valentino, all'estremità
orientale del monte per poi scendere in località Villa Vasi.
La
seconda ondata della colonna principale, agli ordini del tenente
colonnello Cisterni, occupa San Valentino e scende fino a San Mauro,
raggiunge il cimitero e da la si porta verso la passerella sull'
Isonzo.
La seconda colonna (gen. Gagliani) esce dalle trincee e
dai ricoveri verso le 15.30. Arriva ai "Massi rocciosi" e
la si raggruppa per coordinare l'attacco con la prima colonna. Alle
16 parte in direzione dei varchi aperti nei pressi del "Fortino"
ed un'ora dopo arriva sotto il San Valentino. Scende quindi verso
l'abitato di San Mauro per poi scartare le trincee austro-ungariche
della Val Peumica e tentarne un aggiramento ma, a San Mauro-Villa
Vasi, viene inchiodata dalle mitragliatrici austro-ungariche. Si
raccorda poi con la colonna principale, detta anche "colonna
Badoglio".
In riva all'Isonzo, dopo l'occupazione del
Monte Sabotino
Le colonne italiane sono praticamente arrivate
sulla riva dell'Isonzo e di fronte a loro vedono la passerella di San
Mauro. Altre truppe della seconda colonna che aveva conquistato il
Monte Sabotino sono invece bloccate presso il ponte di Salcano, in
località "Casa Abete". Gli austro-ungarici iniziano a
reagire all'attacco italiano. L'artiglieria austro-ungarica
posizionata tra i monti San Gabriele e Santo e sulla sella di Dol
inizia a farsi sentire così come le mitragliatrici che inchiodano le
truppe italiane. L'avanzata viene sospesa in tarda serata ma in ogni
caso, il baluardo della difesa di Gorizia era ormai caduto.
Alture
di Oslavia
Le
pattuglie uscite per controllare lo stato dei varchi nelle difese
austro-ungariche avevano fatto un rapporto negativo. I varchi non
c'erano ma ormai l'attacco era iniziato e non c'era più tempo per
tirarsi indietro.
Ore 16: parte la colonna della brigata Lambro
comandata dal colonnello Grazioli. L'obiettivo da prendere la q. 188
ed il "Dosso del Bosniaco". Il tratto da percorrere in
salita e la fanteria italiana corre allo scoperto. Vani i tentativi
di assedio contro la q.188, tutti stroncati dalle mitragliatrici
austro-ungariche ben posizionate. Viene deciso allora di passare
all'attacco del "Dosso del Bosniaco" dove le truppe
italiane riescono ad ottenere qualche piccolo vantaggio ed a
sistemarsi al costone del Dosso essendo impossibilitati ad occuparvi
la sommità.
Continuano
intanto gli attacchi alla q. 188 ma le truppe austro-ungariche sembra
non abbiano intenzione di lasciar spazio a quelle italiane. Dopo vari
assalti all'arma bianca, la fanteria italiana è costretta ad
appostarsi sotto la quota. Gli austro-ungarici riescono anche a
bloccare la seconda colonna che scendeva dal Monte Sabotino per
aggirare le trincee della Val Peumica
Podgora-Grafenbeg-Lucinico
Gli
austro-ungarici resistono ai ripetuti assalti delle brigate Cuneo,
Casale e Pavia. Gli italiani riescono ad occupare il "Fortino"
del Monte Calvario ma non le Tre Croci.
Qualche
vantaggio per le truppe italiane si registra a Lucinico, dove i fanti
della Pavia riescono ad occupare la prima e la seconda linea
difensiva austro-ungarica ma rimangono bloccati nel tentativo di
superare il terzo ordine di trincee.
Il
Grafenberg viene attaccato dai fanti della Cuneo ed a prezzo di
spaventose perdite l'occupazione riesce. Da qui le avanguardie
italiane della Cuneo scendono fino al villaggio di Grafenberg e
passano il ponte della cartiera. Le truppe austro-ungariche oppongono
resistenza e quindi le avanguardie sono costrette a ripassare il
ponte e ripiegare nel villaggio di Grafeberg.
Situazione
alla sera del 6 agosto 1916
Gli
italiani sono riusciti in un'impresa mai registrata nelle precedenti
battaglie dell'Isonzo.
Le
posizioni occupate erano:
Monte
Sabotino;
Grafenberg;
Monte
Calvario;
Monte
San Michele.
Rimanevano
ancora da espugnare:
Il
terzo ordine di trincee di Lucinico;
Quota
240 del Podgora;
Oslavia
q. 188 e "Dosso del Bosniaco".
I
risultati ottenuti erano soddisfacenti ma ancora non decisivi. Dopo
lo smarrimento dovuto alla sorpresa di un attacco in grande stile che
non era per nulla atteso ed il ripristino di molte delle linee di
comunicazione interrotte dal furioso bombardamento preparatorio
italiano, il comando austro-ungarico decise di passare al
contrattacco. Le truppe italiane, più in specifico la seconda
colonna che aveva espugnato il Monte Sabotino, erano bloccata a "Casa
Abete" e quindi non potevano avanzare. La quota 240 del Podgora
era ancora in mano alle truppe del Boroevic e da li potevano
continuarea a resistere agli assalti italiani. Ad Oslavia la
situazione era critica ma non disperata. La q. 188 ed il "Dosso
del Bosniaco" erano ancora in mano alle truppe della duplice
monarchia.
Contrattacchi austro-ungarici; notte tra il 6 e il 7
agosto
Dopo
il tramonto le truppe austro-ungariche sferrano un contrattacco sulle
quote di Oslavia infliggendo gravissime perdite a quelle italiane che
sono costrette ad abbandonare il terreno conquistato.
A
notte fonda l'artiglieria austro-ungarica apre il fuoco sulle
posizioni italiane del Calvario e del Grafenberg. Al fuoco di
preparazione segue l'attacco delle truppe austro-ungariche che sul
Calvario vengono respinte e con le truppe italiane che riescono a
spingersi fino al sottostante villaggio di Podgora. Sul Grafenberg i
fanti della Cuneo tentano una disperata resistenza ma sono
sopraffatti dall'impeto delle fanterie avversarie, decise a
riconquistare le importanti posizioni cedute in giornata. Le truppe
della Cuneo sono costrette a sloggiare e lasciare il campo a quelle
austro-ungariche.
Lunedì 7 agosto
Alle
prime luci del giorno le truppe austro-ungariche tentano un attacco
diretto al Monte Sabotino per riprendere le posizioni lasciate in
mano agli Italiani. La direttrice dell'attacco si snoda dal fondo
valle del torrente Peumica per salire a San Mauro e al San Valentino.
In questa località, proprio presso la cima orientale del monte,
l'attacco si infrange contro la resistenza delle truppe della
"colonna Badoglio che terranno duro fino al pomeriggio dello
stesso giorno.
Quasi
contemporaneamente le truppe austro-ungariche passano all'attacco
anche sul Monte San Michele ma senza riportare alcun vantaggio. La
mattinata scorreva e la situazione mutava a favore delle truppe di
Cadorna; la contesa q, 188 di Oslavia viene conquistata dalla brigata
Lambro mentre la brigata Pescara (Cartella), dopo aver attaccato le
trincee in Val Peumica, ancora in mano alle truppe austro-ungariche,
riesce almeno a far in modo che le truppe italiane ancora bloccate
sul Monte Sabotino possano scendere dal monte per portarsi verso
l'Isonzo e continuare l'avanzata.
Sul Grafenberg la situazione era
stabile; gli austro-ungarici avevano quasi sterminato gli effettivi
della Cuneo che era in affanno e continuavano a mantenere le
posizioni. Sul Podgora viene arrestata l'avanzata della Casale ma
passa invece la Pavia che raggiunge il villaggio omonimo (Podgora).
In questa zona l'aspettativa di vita forse raggiunge i 10 minuti. Gli
austro-ungarici sono attestati su posizioni dominanti ed innaffiano
le truppe italiane con tutto quello che hanno a disposizione.
Ore
11: dal Monte Sabotino iniziano a sparare le batterie italiane. I
bersagli sono le alture di Oslavia fino a Peuma.
Tardo
pomeriggio: le truppe italiane riescono a raccordare le posizioni
comprese tra la Val Peumica e le quote di Oslavia, in particolare le
q. 138 e 130 spezzando quindi tutti i collegamenti austro-ungarici.
Viene
ordinato un aggiramento della q. 240 del Podgora in modo da tagliar
fuori i difensori austro-ungarici e portarsi verso l'Isonzo per
passarlo. I battaglioni austro-ungarici, comandati dal colonnello Noe
si accorgono degli intendimenti italiani e passano subito ad un
disperato contrattacco che viene respinto.
Situazione
alla sera del 7 agosto
Se
per gli Italiani la situazione poteva dirsi molto migliorata rispetto
ad inizio giornata, gli Austro-Ungarici versavano invece in
condizioni disperate. Erano praticamente stati respinti su tutta la
linea, le loro difese scardinate, le posizioni polverizzate
dall'intenso fuoco dell'artiglieria italiana. A Erwin Zeidler la
situazione appariva più che tragica e, vista l'impossibilità di
mantenere una linea difensiva solida, propose a Boroevic di ritirare
le truppe oltre l'Isonzo in modo da non perdere gli ormai pochi
effettivi sopravissuti alla mattanza. La nuova linea difensiva viene
stabilita sulla sponda orientale dell'Isonzo dal momento che le
truppe italiane non erano ancora passate sui ponti e quindi non li
avevano occupati. Zeidler ordina la distruzione di tutti i ponti che
attraversano l'Isonzo per arrestare l'avanzata delle truppe italiane
ed inchiodarle sulla riva occidentale del fiume o, quando meno,
colpirle duramente quando tenteranno l'attraversamento del fiume con
altri mezzi.
Il
Comando austro-ungarico rivaluta quindi la situazione e, dal momento
che le truppe italiane non sembravano intenzionate a continuare
l'avanzata, ha tutto il tempo per preparare una linea difensiva sulle
alture intorno a Gorizia, nel caso la città fosse occupata dagli
Italiani - e ancora non lo era, sebbene questi avrebbero potuto
approfittare dei vantaggi acquisiti e spingere a fondo l'avanzata.
Martedì
8 agosto
Ore
10: le truppe del generale Cartella muovono in direzione dell'Isonzo
e lo raggiungono verso le 14 presso il ponte di Peuma già fatto
saltare in aria dalle truppe austro-ungariche che si erano ritirate
sulla sponda orientale del fiume mentre continuano furiosi gli
scontri sul Grafenberg e sul Podgora dove le fanterie italiane hanno
difficoltà a passare. Dopo ore di combattimenti, alle 14 cade il
Podgora per mano delle truppe della Casale e quelle della Pavia
occupano l'abitato di Lucinico. L'unico punto di resistenza
austro-ungarico attivo rimaneva il Grafenberg che di li a poco fu
espugnato.
Le retroguardie austro-ungariche erano riuscite a
rallentare l'avanzata italiana tanto che le truppe di Cadorna, una
volta arrivate ai ponti, li trovarono distrutti. In ogni caso, la
testa di ponte di Gorizia poteva considerarsi caduta.
Sera
del 8 agosto
I
comandi italiani, travolti dal successo ottenuto sul campo, pensano
di organizzare dei gruppi celeri di cavalleria per inseguire gli
austro-ungarici in ritirata oltre Gorizia. Il Duca d'Aosta propone
un'avanzata rapida delle sue truppe attraverso il Vallone per
arrivare fino al fiume Vipacco ed accerchiare le truppe
austro-unariche. Inoltre, il Duca ordina al VI c.A. di portarsi verso
l'Isonzo e passarlo per proseguire alla conquista dei monti San
Gabriele e San Marco. Pure Cadorna stesso si era convinto che era il
momento di non indugiare e proseguire nello slancio e tagliare la
strada alle truppe austro-ungariche in ritirata per recar loro il
maggior danno. Lui, Cadorna e Capello credevano che le truppe
austro-ungariche fossero in rotta ed invece, i comandi
austro-ungarici, vista la situazione, decisero immediatamente di
occupare una nuova linea difensiva sulle alture intorno a Gorizia.
Vengono pertanto occupati i monti Santo, San Gabriele, San Marco e
Santa Caterina su espresso ordine del generale Wurm, sentito
Boroevic. Le postazioni dell'artiglieria, che erano sempre rimaste
dietro la linea di resistenza, non subirono alcun danno e quindi
potevano entrare in azione in qualsiasi momento.
Mercoledì
9 agosto
Fin
dalle prime ore del giorno, le truppe italiane del Genio sono
impegnate, protette dal fuoco delle artiglierie, a sistemare ponti e
passerelle per permettere alle truppe di passare l'Isonzo.
Ore 8:
le truppe celeri italiane entrano in Gorizia ed arrivano fino al
cimitero dove sono inchiodate dal fuoco austro-ungarico e non
riescono più ad avanzare.
Ore
9: viene formata la prima testa di ponte italiana oltre l'Isonzo, a
Salcano mentre avanguardie italiane si spingono in ricognizione fino
alla collina di Santa Caterina ed alle pendici del Monte San
Gabriele, riportando che le truppe austro-ungariche avevano formato
una nuova linea difensiva, molto ben trincerata e pronta per
resistere ulteriormente.
Ore 17: Era ormai certo che le truppe
austro-ungariche si sono attestate lungo la nuova linea difensiva
Monte Santo-Monte San Gabriele-Santa Caterina-San Marco e
Vertoibizza. Per il momento, l'avanzata italiana poteva dirsi
conclusa.
Università
degli studi Cà Foscari Venezia - Facoltà di Storia - docente prof.
Acciarino Damiano - partecipante in qualità di uditore
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