La conquista di Gorizia: la città cade in mano italiana

4 - 5 agosto 1916. Preludio alla VI battaglia dell'Isonzo.
Carso meridionale
Sul carso di Monfalcone le batterie dell'artiglieria italiana aprono il fuoco per sei ore consecutive. A metà pomeriggio parte l'assalto delle fanterie contro la "quota pelata" del Monte Cosich [sopra Selz] e le quote 121 e 85 [Monfalcone - direzione di Trieste]. Viene occupata q. 121 ma l'avanzata si arresta contro i reticolati delle trincee austro-ungariche che non erano stati minimamente toccati dal bombardamento delle artiglierie. I difensori contrattaccano e le truppe italiane sono costrette a lasciare la quota con pesanti perdite. Viene occupata q. 85 (poco sotto la 121) ma anche qui, dopo una breve occupazione delle trincee austro-ungariche, la fanteria italiana è costretta ad abbandonare la posizione nonostante ripetuti tentativi e ritornare alle posizioni di partenza. Anche l'attacco contro la "quota pelata" del Monte Cosich risulta essere un fallimento. Le truppe austro-ungariche avevano lasciato le loro trincee ormai incapaci di contenere l'assalto italiano ma queste erano state riempite di bombe a gas che scoppiarono proprio quando le truppe italiane iniziavano l'occupazione delle posizioni. L'artiglieria austro-ungarica si accanisce contro la "quota pelata" e pertanto, le truppe italiane dovettero immediatamente abbandonarla.
L'attacco diversivo nel settore del Carso di Monfalcone si concluse quindi con una sconfitta per gli italiani che lasciarono sul campo 2000 uomini tra morti, feriti e dispersi. Vengono quindi modificati i piani che prevedevano un ulteriore avanzata nel settore del Carso meridionale Monfalcone). Si annullano tutte le azioni previste per il giorno 5 agosto ed entrano in scena solo le artiglierie con tiri che avevano lo scopo di simulare un successivo attacco e quindi stornare truppe austro-ungariche da altri settori della testa di ponte di Gorizia.
Testa di ponte di Gorizia
Come previsto negli elaborati piani d'attacco alla testa di ponte di Gorizia, le artiglierie italiane iniziano il tiro di inquadramento contemporaneamente agli attacchi sferrati nel Carso meridionale. Il fuoco di artiglieria era piuttosto rado per ingannare il Comando austro-ungarico sulla disposizione delle batterie di artiglieria e celare quanto più a lungo possibile il grande numero di cannoni che erano stati fatti affluire sulla linea di fronte. Il giorno 5 agosto i tiri cominciano ad acquistare intensità crescente: i bersagli principali sono le posizioni austro-ungariche sul Monte Sabotino che, secondo quanto stabilito dai piani di attacco, era l'obiettivo che andava neutralizzato per primo.
Domenica 6 agosto 1916: inizia la VI battaglia dell'Isonzo
Ore 7 del mattino: inizia la prima fase dell'attacco con un intenso fuoco di artiglieria italiana diretto contro la testa di ponte di Gorizia e su, fino alla zona di Tolmino e sul Carso. Vengono presi di mira tutte le postazioni austro-ungariche nel raggio della testa di ponte di Gorizia oltre a tutte le vie di comunicazione che portavano alla città: strade, ponti, passerelle, sottopassaggi e linea ferroviaria.
Il Comando austro-ungarico è completamente preso di sorpresa: il fuoco dell'artiglieria italiana lungo tutta la linea del fronte dell'Isonzo non permette di capire dove esattamente verrà sferrato l'attacco principale. Iniziano anche le difficoltà di comunicazione tra i reparti perchè molte sedi di comando sono state colpite dalle granate italiane. Il fuoco dell'artiglieria italiana fu estremamente preciso e tutta la testa di ponte di Gorizia si trova in mezzo ad un mare di fuoco e fiamme.
Ore 8 del mattino: il fuoco dell'artiglieria italiana aumenta ulteriormente di intensità ed è diretto contro le postazioni austro-ungariche che vengono devastate sistematicamente; vista dall'alto, la conca di Gorizia assomiglia molto al cratere di un vulcano. Il Monte Sabotino è quasi completamente avvolto dal fumo così come le alture intorno ad Oslavia.
Primo pomeriggio: partono le pattuglie di esploratori italiane per verificare l'apertura dei varchi nelle difese austro-ungariche. I varchi agibili ci sono sul Monte Sabotino proprio in prossimità della cima. Ad Oslavia e q. 188 i varchi sono agibili ma i reticolati sono tutti aggrovigliati e potrebbero costituire un problema nel momento dell'assalto della fanteria. I varchi sul Podgora, Grafenberg e Peuma non sono stati aperti e le posizioni austro-ungariche, pur sconvolte dal fuoco dell'artiglieria, risultano essere ancora intatte e capaci di interdire l'avanzata della fanteria italiana.
Monte San Michele
Il Monte San Michele era stato inserito tra gli obiettivi principali facenti capo alla testa di ponte di Gorizia secondo gli intendimenti del Duca d'Aosta che qui voleva vendetta per aver perduto gran parte della sua III Armata durante gli scontri del 29 giugno (attacco austro-ungarico con i gas asfissianti).
Le truppe austro-ungariche occupavano ancora il versante che si affaccia sulla piana di Gorizia ma, dopo l'intenso fuoco di artiglieria, le loro posizioni già precarie, risultarono essere completamente sconvolte. l'XI c.A. (Cigliana) manda avanti la sua fanteria: cima 1 e 2 vengono occupate dalla brigata Catanzaro mentre cima 3 e 4 vengono occupate dalla brigata Brescia e Ferrara. Le brigate Pisa e Regina vengono mandate all'attacco nel settore di San Martino del Carso [pendici del monte in direzione di Trieste].
Nella notte gli austro-ungarici tentano un contrattacco per rioccupare le posizioni ma il tutto si risolve in un nulla di fatto. Il Monte San Michele è ora completamente in mano alle truppe italiane. Cade quindi uno dei pilastri per la difesa di Gorizia.
Carso Meridionale
Anche qui, il 6 agosto registra l'assalto della fanteria contro le quote monfalconesi (121 e 85). Dopo le solite alterne vicende con tratti di trincea che passavano di mano in mano ad intervalli intermittenti, la fanteria italiana riesce a conquistare una parte della q. 85. Tra i personaggi illustri che qui caddero ricordiamo Enrico Toti ed il generale Chinotto.
Monte Sabotino
Mentre ancora il fuoco era tambureggiante, Badoglio prepara le sue truppe per muovere all'assalto del Monte Sabotino, pilastro della difesa di Gorizia ed obiettivo che, come già detto, andava neutralizzato quanto prima per favorire il prosieguo dell'avanzata delle truppe italiane. Badoglio aveva organizzato la fanteria su due colonne che dovevano marciare lungo il monte per sbaragliare la resistenza austro-ungarica rimasta ed occupare il monte.
Ore 15: vengono organizzate le truppe per l'assalto e distribuiti gli ordini.
Ore 16: termina il fuoco dell'artiglieria pesante e delle bombarde ed inizia quello dell'artiglieria leggera che deve accompagnare l'avanzata della fanteria. Le truppe italiane della prima colonna d'attacco escono dalle trincee e dai ricoveri e marciano verso la cresta del monte. In soli quaranta minuti il Monte Sabotino è espugnato. La colonna principale, comandata dal maggiore Pecorini, riesce ad intrappolare i difensori Dalmati nelle caverne. I difensori rifiutano la resa. Le caverne vengono innondate di benzina successivamente data alle fiamme. I Dalmati asseragliati nelle caverne muoiono intossicati dal fumo e bruciati vivi. La colonna prosegue lungo il monte verso il San Valentino, all'estremità orientale del monte per poi scendere in località Villa Vasi.
La seconda ondata della colonna principale, agli ordini del tenente colonnello Cisterni, occupa San Valentino e scende fino a San Mauro, raggiunge il cimitero e da la si porta verso la passerella sull' Isonzo.
La seconda colonna (gen. Gagliani) esce dalle trincee e dai ricoveri verso le 15.30. Arriva ai "Massi rocciosi" e la si raggruppa per coordinare l'attacco con la prima colonna. Alle 16 parte in direzione dei varchi aperti nei pressi del "Fortino" ed un'ora dopo arriva sotto il San Valentino. Scende quindi verso l'abitato di San Mauro per poi scartare le trincee austro-ungariche della Val Peumica e tentarne un aggiramento ma, a San Mauro-Villa Vasi, viene inchiodata dalle mitragliatrici austro-ungariche. Si raccorda poi con la colonna principale, detta anche "colonna Badoglio".
In riva all'Isonzo, dopo l'occupazione del Monte Sabotino
Le colonne italiane sono praticamente arrivate sulla riva dell'Isonzo e di fronte a loro vedono la passerella di San Mauro. Altre truppe della seconda colonna che aveva conquistato il Monte Sabotino sono invece bloccate presso il ponte di Salcano, in località "Casa Abete". Gli austro-ungarici iniziano a reagire all'attacco italiano. L'artiglieria austro-ungarica posizionata tra i monti San Gabriele e Santo e sulla sella di Dol inizia a farsi sentire così come le mitragliatrici che inchiodano le truppe italiane. L'avanzata viene sospesa in tarda serata ma in ogni caso, il baluardo della difesa di Gorizia era ormai caduto.
Alture di Oslavia
Le pattuglie uscite per controllare lo stato dei varchi nelle difese austro-ungariche avevano fatto un rapporto negativo. I varchi non c'erano ma ormai l'attacco era iniziato e non c'era più tempo per tirarsi indietro.
Ore 16: parte la colonna della brigata Lambro comandata dal colonnello Grazioli. L'obiettivo da prendere la q. 188 ed il "Dosso del Bosniaco". Il tratto da percorrere in salita e la fanteria italiana corre allo scoperto. Vani i tentativi di assedio contro la q.188, tutti stroncati dalle mitragliatrici austro-ungariche ben posizionate. Viene deciso allora di passare all'attacco del "Dosso del Bosniaco" dove le truppe italiane riescono ad ottenere qualche piccolo vantaggio ed a sistemarsi al costone del Dosso essendo impossibilitati ad occuparvi la sommità.
Continuano intanto gli attacchi alla q. 188 ma le truppe austro-ungariche sembra non abbiano intenzione di lasciar spazio a quelle italiane. Dopo vari assalti all'arma bianca, la fanteria italiana è costretta ad appostarsi sotto la quota. Gli austro-ungarici riescono anche a bloccare la seconda colonna che scendeva dal Monte Sabotino per aggirare le trincee della Val Peumica
Podgora-Grafenbeg-Lucinico
Gli austro-ungarici resistono ai ripetuti assalti delle brigate Cuneo, Casale e Pavia. Gli italiani riescono ad occupare il "Fortino" del Monte Calvario ma non le Tre Croci.
Qualche vantaggio per le truppe italiane si registra a Lucinico, dove i fanti della Pavia riescono ad occupare la prima e la seconda linea difensiva austro-ungarica ma rimangono bloccati nel tentativo di superare il terzo ordine di trincee.
Il Grafenberg viene attaccato dai fanti della Cuneo ed a prezzo di spaventose perdite l'occupazione riesce. Da qui le avanguardie italiane della Cuneo scendono fino al villaggio di Grafenberg e passano il ponte della cartiera. Le truppe austro-ungariche oppongono resistenza e quindi le avanguardie sono costrette a ripassare il ponte e ripiegare nel villaggio di Grafeberg.
Situazione alla sera del 6 agosto 1916
Gli italiani sono riusciti in un'impresa mai registrata nelle precedenti battaglie dell'Isonzo.
Le posizioni occupate erano:
Monte Sabotino;
Grafenberg;
Monte Calvario;
Monte San Michele.
Rimanevano ancora da espugnare:
Il terzo ordine di trincee di Lucinico;
Quota 240 del Podgora;
Oslavia q. 188 e "Dosso del Bosniaco".
I risultati ottenuti erano soddisfacenti ma ancora non decisivi. Dopo lo smarrimento dovuto alla sorpresa di un attacco in grande stile che non era per nulla atteso ed il ripristino di molte delle linee di comunicazione interrotte dal furioso bombardamento preparatorio italiano, il comando austro-ungarico decise di passare al contrattacco. Le truppe italiane, più in specifico la seconda colonna che aveva espugnato il Monte Sabotino, erano bloccata a "Casa Abete" e quindi non potevano avanzare. La quota 240 del Podgora era ancora in mano alle truppe del Boroevic e da li potevano continuarea a resistere agli assalti italiani. Ad Oslavia la situazione era critica ma non disperata. La q. 188 ed il "Dosso del Bosniaco" erano ancora in mano alle truppe della duplice monarchia.
Contrattacchi austro-ungarici; notte tra il 6 e il 7 agosto
Dopo il tramonto le truppe austro-ungariche sferrano un contrattacco sulle quote di Oslavia infliggendo gravissime perdite a quelle italiane che sono costrette ad abbandonare il terreno conquistato.
A notte fonda l'artiglieria austro-ungarica apre il fuoco sulle posizioni italiane del Calvario e del Grafenberg. Al fuoco di preparazione segue l'attacco delle truppe austro-ungariche che sul Calvario vengono respinte e con le truppe italiane che riescono a spingersi fino al sottostante villaggio di Podgora. Sul Grafenberg i fanti della Cuneo tentano una disperata resistenza ma sono sopraffatti dall'impeto delle fanterie avversarie, decise a riconquistare le importanti posizioni cedute in giornata. Le truppe della Cuneo sono costrette a sloggiare e lasciare il campo a quelle austro-ungariche.
Lunedì 7 agosto
Alle prime luci del giorno le truppe austro-ungariche tentano un attacco diretto al Monte Sabotino per riprendere le posizioni lasciate in mano agli Italiani. La direttrice dell'attacco si snoda dal fondo valle del torrente Peumica per salire a San Mauro e al San Valentino. In questa località, proprio presso la cima orientale del monte, l'attacco si infrange contro la resistenza delle truppe della "colonna Badoglio che terranno duro fino al pomeriggio dello stesso giorno.
Quasi contemporaneamente le truppe austro-ungariche passano all'attacco anche sul Monte San Michele ma senza riportare alcun vantaggio. La mattinata scorreva e la situazione mutava a favore delle truppe di Cadorna; la contesa q, 188 di Oslavia viene conquistata dalla brigata Lambro mentre la brigata Pescara (Cartella), dopo aver attaccato le trincee in Val Peumica, ancora in mano alle truppe austro-ungariche, riesce almeno a far in modo che le truppe italiane ancora bloccate sul Monte Sabotino possano scendere dal monte per portarsi verso l'Isonzo e continuare l'avanzata.
Sul Grafenberg la situazione era stabile; gli austro-ungarici avevano quasi sterminato gli effettivi della Cuneo che era in affanno e continuavano a mantenere le posizioni. Sul Podgora viene arrestata l'avanzata della Casale ma passa invece la Pavia che raggiunge il villaggio omonimo (Podgora). In questa zona l'aspettativa di vita forse raggiunge i 10 minuti. Gli austro-ungarici sono attestati su posizioni dominanti ed innaffiano le truppe italiane con tutto quello che hanno a disposizione.
Ore 11: dal Monte Sabotino iniziano a sparare le batterie italiane. I bersagli sono le alture di Oslavia fino a Peuma.
Tardo pomeriggio: le truppe italiane riescono a raccordare le posizioni comprese tra la Val Peumica e le quote di Oslavia, in particolare le q. 138 e 130 spezzando quindi tutti i collegamenti austro-ungarici.
Viene ordinato un aggiramento della q. 240 del Podgora in modo da tagliar fuori i difensori austro-ungarici e portarsi verso l'Isonzo per passarlo. I battaglioni austro-ungarici, comandati dal colonnello Noe si accorgono degli intendimenti italiani e passano subito ad un disperato contrattacco che viene respinto.
Situazione alla sera del 7 agosto
Se per gli Italiani la situazione poteva dirsi molto migliorata rispetto ad inizio giornata, gli Austro-Ungarici versavano invece in condizioni disperate. Erano praticamente stati respinti su tutta la linea, le loro difese scardinate, le posizioni polverizzate dall'intenso fuoco dell'artiglieria italiana. A Erwin Zeidler la situazione appariva più che tragica e, vista l'impossibilità di mantenere una linea difensiva solida, propose a Boroevic di ritirare le truppe oltre l'Isonzo in modo da non perdere gli ormai pochi effettivi sopravissuti alla mattanza. La nuova linea difensiva viene stabilita sulla sponda orientale dell'Isonzo dal momento che le truppe italiane non erano ancora passate sui ponti e quindi non li avevano occupati. Zeidler ordina la distruzione di tutti i ponti che attraversano l'Isonzo per arrestare l'avanzata delle truppe italiane ed inchiodarle sulla riva occidentale del fiume o, quando meno, colpirle duramente quando tenteranno l'attraversamento del fiume con altri mezzi.
Il Comando austro-ungarico rivaluta quindi la situazione e, dal momento che le truppe italiane non sembravano intenzionate a continuare l'avanzata, ha tutto il tempo per preparare una linea difensiva sulle alture intorno a Gorizia, nel caso la città fosse occupata dagli Italiani - e ancora non lo era, sebbene questi avrebbero potuto approfittare dei vantaggi acquisiti e spingere a fondo l'avanzata.
Martedì 8 agosto
Ore 10: le truppe del generale Cartella muovono in direzione dell'Isonzo e lo raggiungono verso le 14 presso il ponte di Peuma già fatto saltare in aria dalle truppe austro-ungariche che si erano ritirate sulla sponda orientale del fiume mentre continuano furiosi gli scontri sul Grafenberg e sul Podgora dove le fanterie italiane hanno difficoltà a passare. Dopo ore di combattimenti, alle 14 cade il Podgora per mano delle truppe della Casale e quelle della Pavia occupano l'abitato di Lucinico. L'unico punto di resistenza austro-ungarico attivo rimaneva il Grafenberg che di li a poco fu espugnato.
Le retroguardie austro-ungariche erano riuscite a rallentare l'avanzata italiana tanto che le truppe di Cadorna, una volta arrivate ai ponti, li trovarono distrutti. In ogni caso, la testa di ponte di Gorizia poteva considerarsi caduta.
Sera del 8 agosto
I comandi italiani, travolti dal successo ottenuto sul campo, pensano di organizzare dei gruppi celeri di cavalleria per inseguire gli austro-ungarici in ritirata oltre Gorizia. Il Duca d'Aosta propone un'avanzata rapida delle sue truppe attraverso il Vallone per arrivare fino al fiume Vipacco ed accerchiare le truppe austro-unariche. Inoltre, il Duca ordina al VI c.A. di portarsi verso l'Isonzo e passarlo per proseguire alla conquista dei monti San Gabriele e San Marco. Pure Cadorna stesso si era convinto che era il momento di non indugiare e proseguire nello slancio e tagliare la strada alle truppe austro-ungariche in ritirata per recar loro il maggior danno. Lui, Cadorna e Capello credevano che le truppe austro-ungariche fossero in rotta ed invece, i comandi austro-ungarici, vista la situazione, decisero immediatamente di occupare una nuova linea difensiva sulle alture intorno a Gorizia. Vengono pertanto occupati i monti Santo, San Gabriele, San Marco e Santa Caterina su espresso ordine del generale Wurm, sentito Boroevic. Le postazioni dell'artiglieria, che erano sempre rimaste dietro la linea di resistenza, non subirono alcun danno e quindi potevano entrare in azione in qualsiasi momento.
Mercoledì 9 agosto
Fin dalle prime ore del giorno, le truppe italiane del Genio sono impegnate, protette dal fuoco delle artiglierie, a sistemare ponti e passerelle per permettere alle truppe di passare l'Isonzo.
Ore 8: le truppe celeri italiane entrano in Gorizia ed arrivano fino al cimitero dove sono inchiodate dal fuoco austro-ungarico e non riescono più ad avanzare.
Ore 9: viene formata la prima testa di ponte italiana oltre l'Isonzo, a Salcano mentre avanguardie italiane si spingono in ricognizione fino alla collina di Santa Caterina ed alle pendici del Monte San Gabriele, riportando che le truppe austro-ungariche avevano formato una nuova linea difensiva, molto ben trincerata e pronta per resistere ulteriormente.
Ore 17: Era ormai certo che le truppe austro-ungariche si sono attestate lungo la nuova linea difensiva Monte Santo-Monte San Gabriele-Santa Caterina-San Marco e Vertoibizza. Per il momento, l'avanzata italiana poteva dirsi conclusa.
Università degli studi Cà Foscari Venezia - Facoltà di Storia - docente prof. Acciarino Damiano - partecipante in qualità di uditore

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