Venezia FC: La Repubblica - Stadi, riti, gioco: il calcio che verrà

L’effetto coronavirus sullo sport: per almeno un anno si trasformerà, non solo per gli impianti vuoti. Meno duelli e proteste, più distanza tra giocatori, arbitri e negli spogliatoi. Ma il vero copione deve essere ancora scritto
Il calcio che verrà è un paese che dovremo abitare per parecchio tempo: la cosa non tocca solo la ripresa del campionato, ora più vicina, ma probabilmente tutta la prossima stagione. Ci attende un cambio complessivo di riti, gesti, abitudini. Diversa la liturgia, e gli officianti si adeguano. Per ora, sulla scorta interessante ma non assoluta della ripartenza in Germania, possiamo immaginare scenari.
Non avremo più il pubblico, e neppure i suoi "luoghi accessori": i bar, i ristoranti, i centri commerciali che fanno ormai parte dell'evoluzione concettuale dello stadio e dai quali non si prescinde nel progettare i nuovi. Ma chi aprirebbe, oggi, una trattoria o un caffé? Addio alle "fan zone" durante i grandi eventi, peraltro rinviati. Addio agli anziani e ai bambini, alle mascotte che accompagnano i calciatori in campo. Addio alle strette di mano, agli abbracci e ai baci, compresi quelli stampati sulla coppa appena vinta.
Il dogma del "fare squadra" sarà indebolito dalla logistica: gli atleti viaggeranno su più pullman e avranno più di uno spogliatoio, nelle gare in casa i giocatori arriveranno addirittura allo stadio con la propria automobile e non faranno la doccia insieme, momento fondante. Niente autografi, compresa la versione moderna che si chiama selfie. Niente interviste o comunque poche, distanziati e filtrati da microfoni come giraffe, e domande da inoltrare su Whatsapp. E meno teatrini, dopo, forse meno polemiche perché non ci sarà tempo, si dovrà fare in fretta e ridurre il calcio all'osso, analisi comprese: non sarà un male.
Non vedremo più scambi di maglie alla fine. Il compagno o l'avversario a terra si rialzeranno da soli, e si starà a un metro e mezzo dall'arbitro: non che il regolamento abbia mai permesso di stringerlo o alitargli addosso. Adesso, all'autocontrollo e all'educazione si sommerà la norma del distanziamento sociale (sia detto per inciso: il termine distanziamento è la cosa più lontana dall'idea stessa di sport).
Nessuno potrà più guardare la partita al pub, che è divertente e non lo si fa soltanto per risparmiare sull'abbonamento tv: gli inglesi, le gare del sabato potevano vederle o allo stadio o nei locali pubblici, non erano previsti pacchetti televisivi estesi ai privati. Cambieranno protocollo.
Anche l'essenza del gioco possiamo immaginarla diversa. Dalla Germania, per quel poco che può valere un solo turno, raccontano: più possesso palla, più passaggi, più gioco effettivo, più vittorie esterne, meno contrasti duri, meno duelli individuali. Probabile che qualcosa arrivi anche qui, e che qualcos'altro si stemperi nel tempo, forse un paio di turni di campionato basteranno a ritrovare certe consuetudini: rigore contro al 93', e poi vediamo se diminuiscono le proteste dei calciatori contro l'arbitro.
Niente calci, niente sputi, forse meno colpi di testa, anche l'amico Paolo Sollier oggi dovrebbe scrivere una nuova edizione del suo proverbiale libro. Ognuno berrà dalla propria bottiglietta, ma per gli sconfitti sarà comunque un amaro calice, sebbene personalizzato. Le coreografie del gol chiederanno più fantasia: già tremiamo dopo aver visto bruchi, trenini, ciucciotti e mitragliatori inventati prima del Covid, figurarsi adesso. Le cavie tedesche, dopo i gol si sono toccate con i gomiti e hanno improvvisato danze tribali sulla mattonella. Niente "cinque", niente pacche sulle spalle, addio al repertorio a volte stucchevole di un machismo non sempre sincero, ma per qualcuno obbligatorio , come quei baci rubati che non vedremo più. Ma i padri fondatori del nostro amato calcio hanno giocato per decenni senza sbaciucchiarsi nè agitarsi troppo dopo una prodezza, dunque si può.
Saranno possibili cinque sostituzioni, e i finali di partita li avremo ancora più movimentati. Forse il "fattore campo" peserà meno e ci saranno meno sceneggiate, meno gesti plateali: a che servono, dal momento che non c'è la platea? E quando la gente potrà finalmente tornare, forse serviranno stadi più grandi perché le capienze saranno dimezzate: del resto, nei teatri toglieranno le seggiole in previsione della riapertura a metà giugno.
Il pallone, inteso come oggetto, verrà disinfettato e sanificato ma è il calcio intero ad averne bisogno. Perché non era sempre così pulito, e molto spesso era "troppo": troppo vorace, troppo agitato, troppo arrogante. La tempesta mondiale agisce anche sugli eccessi, sport compreso. Dunque, non fa solo del male.
Maurizio Crosetti

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