Perche' Galerio, da peggior nemico dei cristiani, emanò il primo editto di tolleranza?

Nell’ultimo scorcio della sua vita, mentre l’Impero Romano tremava sotto i colpi delle sue stesse contraddizioni, un uomo segnato dalla potenza e dalla malattia prendeva una decisione che avrebbe risuonato nei secoli a venire. Era il 30 aprile dell’anno 311 dopo Cristo. A Serdica, oggi conosciuta come Sofia, la voce di un imperatore si levava non più come un ordine di persecuzione, ma come un appello alla tolleranza.
Galerio, uno degli ultimi tetrarchi del grande disegno di Diocleziano, colui che aveva avallato con zelo le persecuzioni contro i cristiani, si trovava ora logorato da una cancrena alla gamba, morente in un letto di dolore. Il suo corpo, corroso dalla malattia, sembrava riflettere il tormento di un’anima costretta a confrontarsi con le proprie azioni. Laddove un tempo aveva visto nella fede cristiana un ostacolo all’ordine e alla disciplina romana, ora vedeva l’inutilità della repressione. Né il sangue versato, né i supplizi, né le minacce erano riusciti a spegnere quella fede.
Fu così che Galerio, insieme a Licinio, promulgò un editto che stupì molti e segnò una svolta epocale: la tolleranza verso tutti i culti, inclusa quella comunità cristiana che tanto aveva cercato di annientare. «Tra tutte le altre disposizioni che stiamo compiendo sempre per il bene e l’utilità dello stato...» – iniziava il documento, con la consueta pomposità romana – «...abbiamo deciso di estendere la nostra più rapida indulgenza a queste persone, in modo che i cristiani possano ancora una volta stabilire i propri luoghi di incontro, purché non creino disordini.»
Era il riconoscimento, seppur velato, di una sconfitta: lo spirito non si piega al giogo. Ed era anche, in fondo, una richiesta d’aiuto: «...dovranno pregare il loro dio per la nostra salute e la sicurezza dello Stato...» scriveva Galerio, come se implorasse una salvezza ormai oltre il potere terreno.
Sei giorni dopo, la cancrena lo stroncò. Il suo corpo venne consumato dal morbo, e la sua morte fu presto interpretata dai cristiani come un castigo divino, una vendetta dell’Altissimo per gli anni di sofferenze inflitte ai suoi fedeli. Lattanzio, fervente cristiano e testimone di quel tempo, non mancò di sottolinearlo nei suoi scritti.
Ma Galerio, nel suo ultimo respiro politico, aveva lasciato un segno. Con la mano tremante di un imperatore che aveva visto troppo sangue, aveva aperto la strada alla futura libertà di culto, prefigurando l’editto di Milano che solo due anni dopo, nel 313, Costantino avrebbe sancito in modo definitivo.
In quell’aprile del 311, dunque, non fu solo un uomo a cedere alla morte: fu un’epoca di intolleranza che iniziava il suo lento declino.

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