C’era una volta la Piave

...un fiume al femminile, una splendida via di comunicazione che collegava le montagne al mare, le Dolomiti a Venezia. Ponti di legno e di barche, zattere e traghettatori permettevano il passaggio da una sponda all’altra e l’incontro tra persone di diversi paesi. Improvvisamente qualcosa trasformò questa via d’acqua in uno sbarramento invalicabile.
Arrivò una guerra. Una Grande Guerra bloccò sulle sue rive eserciti avversari; quello austro-ungarico sulla riva sinistra e quello italiano sulla destra. Da oltre due anni questi eserciti si stavano combattendo senza che uno riuscisse effettivamente a prevalere sull’altro. Poche conquiste, durissime battaglie con un numero enorme di morti e feriti. Poi la svolta.
Con lo sfondamento di Caporetto, in sole due settimane, l’esercito austro-ungarico, sostenuto da quello germanico, invase quasi due regioni italiane. L’azione fù così repentina da travolgere soldati e civili dall’Isonzo in avanti, di fiume in fiume. Una marea di persone indietreggiò in cerca di rifugio fino ad oltrepassare la Piave, la barriera d’acqua oltre la quale nessun nemico doveva andare. Per un anno esatto quello fu il nuovo riparo, il nuovo confine italiano da difendere fino alla morte. E fù così che la Piave, materna e generosa, divenne il Piave, duro e fiero come il soldato che combatteva lungo il suo corso.
Di Camilla Peruch, ricercatrice storica e didattica della Grande Guerra

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