Le donne di Roma

Le donne e il potere, nella Roma antica, non era un connubio praticabile per moltissime ragioni, vi sono però dei casi dove alcune personalità di rango elevato, che svolsero un importante ruolo, non solo all’interno della propria famiglia, ma anche indirettamente nella vita politica della città. Alcuni esempi? Cornelia, madre dei fratelli Gracchi, Clodia, sorella del tribuno della plebe, Clodio, e avversario di Cicerone, oppure ancora Fulvia, sposa di Marco Antonio.
Come dicevamo sopra le donne e il potere non potevano andare di pari passo, è infatti noto il fatto che per le donne la carriera politica era del tutto preclusa, non potevano quindi ricoprire incarichi pubblici, non erano autorizzate a partecipare alle assemblee, ne tantomeno avevano facoltà di votare per l’elezione dei magistrati. Così come per la vita politica, le donne avrebbero trovato le porte chiuse anche per un’ipotetica carriera forense, e sono rarissimi i casi in cui una donna ha avuto la possibilità di difendersi da sola davanti ad un processo, basti pensare a quanto affermava lo storico Valerio Massimo per avere un’idea abbastanza precisa del quadro generale: “Che hanno a che vedere le donne con la politica? Nulla se si vuol conservare la tradizione antica”.
Le donne e il potere rimasero per così dire danneggiate, a causa di queste antiche tradizioni, anche nei primi decenni dell’impero. Sotto l’imperatore Tiberio, per esempio, il senatore Severo Cecina, propose in assemblea che alle donne fosse impedito di seguire i propri mariti, inviati nelle province come magistrati: “….perchè la donna, non solo è debole e impari nelle fatiche, ma se presa dalla sfrenatezza, diventa intrigante e assetata di potere”.
Tuttavia la rigida proposta di Severo fu respinta dal Senato, che sostenne a  grandi linee, che se la donna avesse perso il senso della misura, la colpa era da ricercare probabilmente nei modi discutibili del marito. Possiamo quindi affermare che l’influenza esercitata dalle donne nell’ambito della sfera pubblica, fu sempre e in qualche modo filtrata dall’uomo che aveva accanto, dovendosi accontentare del successo o della realizzazione di quest’ultimo. Plinio il Giovane, ad esempio scrive: “…mia moglie non è innamorata della mia giovinezza o delle mie qualità fisiche, ma della mia gloria”.
Insomma, a grandi linee, le donne e il potere potevano accomunarsi in una visione delle cose che le vedeva più come spettatrici interessate delle vite altrui, contribuendo al massimo al buon esito di alcuni eventi.
La storia ci ha comunque tramandato alcune figure femminili molto positive, come Livia Drusilla, moglie di Ottaviano Augusto,  Plotina, moglie di Traiano, oppure Faustina, consorte di Antonio Pio, ma molto più spesso, le figura della donna giunge fino a noi per il suo agire nell’ombra, il che la rende la partecipante ideale per ordire intrighi e congiure. La partecipazione di una donna ad un complotto, diventa per certi versi uno schema narrativo comune, così da accomunarle a streghe avvezze al veneficio, oppure come protagoniste nelle satire di Giovenale e Marziale. Altre donne che furono indirettamente attive nelle trame di palazzo, hanno quasi tutte connotati molto negativi, ad esempio nell’orazione a difesa di Cluenzio, Cicerone cita più volte una certa Sassia, autrice di congiure famigliari e atroci delitti. Nulla a che vedere con Clodia, moglie del suo avversario politico Quinto Metello Celere, che il grande oratore, non perde tempo a definire come una donna lussuriosa e capace di intrighi di ogni tipo, infischiandosene della reputazione sua e della  famiglia alla quale appartiene.
Anche Sallustio, descrivendo uno dei partecipanti alla congiura messa in atto da Catilina, ci fa un ritratto della nobile Sempronia, dipingendola come donna colta e molto intelligente, ma allo stesso tempo, lasciva, corrotta e priva di dignità. Anche in età imperiale ci furono donne coinvolte negli intrighi di palazzo, due su tutte, Agrippina Maggiore, moglie di Germanico, che per prima subì la disgrazia portata dalla morte del marito, finendo screditata sotto il principato di Tiberio, che  a sua volta non perse tempo ad esiliarla sull’isola di Ventotene. Ulteriormente infangata da altre voci che circolavano su di lei, preferì lasciarsi morire di inedia. A sua figlia Agrippina Minore, le cose non andarono certo meglio. Sorella di Caligola e madre di Nerone, tutta la storiografia traccia di lei un profilo estremamente negativo, Tacito ad esempio scrive che “Per lei la dignità, la verecondia, il rispetto al proprio corpo, qualunque cosa, avevano un prezzo più vile che il possesso di un regno”.
Già secondo i suoi contemporanei, fu l’esecutrice materiale dell’avvelenamento dell’imperatore Claudio, suo marito in seconde nozze, per favorire l’ascesa al trono del figlio Nerone, da lui, fra l’altro, fatta assassinare diversi anni dopo. Altre protagoniste in negativo del periodo, e che vennero dipinte come modelle di corruzione e dissolutezza, troviamo la celebre Messalina, prima moglie di Claudio e simbolo di una lussuria sfrenata, e Poppea Sabina, al centro di numerosi scandali, prima di diventare moglie di Nerone. Poppea sembra che istigò Nerone con grande insistenza nell’eliminazione della madre Agrippina, non che della sua precedente moglie, Ottavia, salvo poi venire assassinata dallo stesso sovrano in un raptus di follia. Sempre Tacito di Poppea ci racconta: “Questa donna ebbe tutte le doti tranne quella di un animo onesto…non si curò mai di avere una buona fama, nonchè di fare alcuna distinzione fra mariti e amanti”.

Commenti

Post popolari in questo blog

S.Osvaldo – 6 aprile 1916 la fine della compagnia della morte

Tutto inizia la sera nella notte del 14 maggio 1916: sta per scatenarsi la Strafexpetion austriaca…

Castagnevizza (Kostanjevica na Krasu), Slovenia il giugno 1917, in mezzo ai cadaveri