La 28a Divisione e i combattimenti dell’agosto 1917 (Undicesima battaglia dell’Isonzo)

Il 15 luglio 1917 il gen. Cadorna (Comandante Supremo dell’esercito italiano) fissò per il mese successivo l’inizio della nuova offensiva, che avendo come teatro principale la zona del medio e basso corso del fiume Isonzo e la zona carsica, prese il nome di undicesima battaglia dell’Isonzo. Gli obiettivi principali individuati furono i seguenti: - attacco risolutivo: alla testa di ponte di Tolmino, lungo il fronte del medio e basso Isonzo e sull’altopiano della Bainsizza; - attacco sull’intero fronte carsico tendente alla conquista della linea monte Stol-Trstelj, linea Voiscica-Krapenka-SeloBrestovica, conquista del monte Hermada. La IIIa armata disponeva per l’attacco di 6 Corpi d’armata, di cui il XIII° Corpo d’Armata (gen. Sailer) nella zona di Monfalcone e del monte Hermada. Lungo il fronte isontino era schierata anche la IIa armata, che con la IIIa formava un colosso di ben 608 battaglioni, circa i due terzi dell’intero esercito italiano. Il XIII° Corpo d’Armata era composto dalle seguenti unità: - 33a Divisione di fanteria: brt. Mantova e Padova; - 28a Divisione di fanteria (magg. gen. Parola): IIa brt. (Brigata) Bersaglieri e brt. Murge; - 34a Divisione di fanteria: brt. Salerno e Catanzaro;
- 45a Divisione di fanteria, a disposizione dell’Armata nella zona di Villa Vicentina: brt. Toscana e Arezzo.
Alle dirette dipendenze del XIII° Corpo d’armata: XXVIIIa brt. di marcia, I° gruppo sqn. cav. Piamente Reale. Il 18 agosto iniziò l’azione dell’undicesima battaglia dell’isonzo. L’obiettivo monte Hermada fu assegnato al XIII° Corpo d’Armata. Secondo i piani la sua conquista prevedeva un’azione da svolgersi in due tempi: dapprima occupazione delle quote 247, 208, 199, 165 e dell’abitato di Duino; quindi avvolgimento da sud del bastione montuoso. Alle ore 5 e 33 minuti il XIII° Corpo d’Armata assaltò la posizione Flondar. Nel giro di pochi minuti l’intero altipiano carsico si trasformò nuovamente in un inferno. Ovunque gli avversari si incunearono nelle opposte posizioni. Dalla Punta Sdobba pesanti cannoni da marina italiani colpivano inesorabilmente il settore meridionale del fronte: l’Hermada e le vie di comunicazione
Il 19 gli italiani attaccarono l’Hermada che si ergeva davanti a loro; il XIII° Corpo d’Armata si portò sotto Medeazza e alle porte di San Giovanni. Gli austriaci si difesero accanitamente e fino a sera gli attacchi non cessarono. Reggimenti su reggimenti di fanti si lanciarono contro la posizione del Flondar, lottando con rabbiosa tenacia per pochi metri di terreno fra i due tunnel ferroviari di S. Giovanni. A quota 146/147, un punto oggi del confine italo-slavo, gli austriaci riuscirono in parte a resistere. Alcune caverne furono prese dagli italiani; il ten. Col. Franek al comando di un’unità austriaca tornò al contrattacco e liberò alcuni prigionieri austriaci rinchiusi nelle caverne, per poi cedere nuovamente il terreno conquistato. La Brigata Murge ricevette l’ordine di spostarsi gradualmente in avanti su quota 100 per occupare le trincee presidiate dalla IIa Brigata bersaglieri che si spostò su quota 130. Il 259° conquistò la quota 145, ma la posizione presa dal fuoco d’infilata dovette essere abbandonata. I fanti della Brigata Murge ripiegarono su quota 130 rafforzandola. La IIa Brigata bersaglieri iniziò l’azione, un nutrito tiro nemico e un incendio sui rovesci di quota 100 provocarono molte perdite, venne ferito anche il comandante del 7° Reggimento. Il XXXIII° batt. conquistò quota 130 e proseguì su quota 145; il X batt. si impadronì del Flondar e concorse all’attacco di quota 145; il VII° e XXXIX° batt. inviati di rincalzo per sostenere l’azione furono obbligati dal fuoco nemico a sostare su quota 130; mentre il X° e XLIV° furono costretti a ripiegare. Nel pomeriggio l’11° Reggimento rinforzato da un battaglione della Murge rinnovò l’attacco. All’alba del 20 agosto gli italiani rinnovarono gli attacchi. Nel terreno antistante l’Hermada il combattimento divampò feroce tra le linee difensive. All’urto italiano gli austriaci risposero con un arretramento che a tratti raggiunse i 2 km. Le truppe delle Brigate Padova e Murge (28a Divisione) in zona Flondar riconquistarono le quote 146 e 145 nord; gli austriaci replicarono immediatamente con un contrattacco. Infine gli italiani sfondarono la linea a.u. e la oltrepassarono, ma alle loro spalle l’altura a quota 146 non era ancora “sgombra” da nidi di resistenza austriaca. Così descrive questi attacchi la Relazione Ufficiale austriaca: “gli italiani attaccarono con il coraggio della disperazione… ed invero essi non lasciarono intentata alcun mezzo per ottenere il loro scopo…”. Per la IIa Brigata bersaglieri la lotta si svolse con alterne vicende su quota 145 e nel pomeriggio venne occupata la selletta del Flondar Alle 8 di mattino del 20 agosto il generale Cadorna interviene per ammonire il comando della IIIa Armata, dando istruzioni di proseguire l’azione solamente qualora si profilino concreti successi. L’azione contro l’Hermada continuò per tutto il giorno e la mattina del giorno successivo. Il terreno conquistato quel giorno dagli italiani si rivelò di modeste proporzioni; fatta eccezione per il settore meridionale l’attacco italiano si era bloccato. Le tre divisioni impiegate per il raggiungimento di questo obiettivo riuscirono ad ottenere risultati positivi nella zona del Flondar, con l’occupazione del villaggio di Medeazza, ma furono quasi subito annullati da violenti contrattacchi nemici; la linea italiana si attestò, quindi, ad un centinaio di metri dall’abitato di San Giovanni di Duino. Gli attacchi del 20 agosto rinnovati su tutto il fronte, non ottennero risultati di rilievo, se non per la Brigata Lazio con l’occupazione di quota 241 a nord-est di Selo e per le Brigate Padova e Murge. Il 21 agosto le truppe italiane furono di nuovo all’attacco. Presso il XIII° Corpo, dopo un iniziale successo, la Brigata Mantova fu imbrigliata nel vallone di Brestovica dal fuoco dell’artiglieria austro-ungarica proveniente dal monte Hermata, mentre il resto della 33a Divisione non riuscì a procedere lungo la propria direttice di attacco.
Fu gettata anche la 45a Divisione nell’inferno della battaglia per tentare di avvolgere il monte Hermada, ma anche questa volta tutto fu vano. La Brigata Murge riprese la sua avanzata occupando la quota 175, mentre i reparti della 33a div. si affermarono su quota 146 bis, ma un violento contrattacco costrinse i fanti a ripiegare. Il nemico occupò la quota 146 dilagando nella selletta del Flondar e minacciando anche quota 130 con l’intento di rioccupare la vecchia linea, tagliando la ritirata alle truppe italiane. Il pronto intervento della brt. ristabilì la situazione, i fanti di slancio occuparono anche quota 175, ma incuneatisi troppo nelle linee avversarie dovettero ripiegare su quota 145. In serata i reparti del 260°, approfittando dell’incertezza e della stanchezza nemica si lanciarono nuovamente su quota 175 occupandola di sorpresa. Il generale Cadorna, recatosi alle ore 16 al comando della IIIa Armata sul monte S. Michele, ordinò di sospendere la battaglia, ma nonostante le precise istruzioni la necessità di operare il consolidamento delle posizioni raggiunte fece proseguire i combattimenti. Nella galleria ferroviaria di quota 40 i fanti italiani catturarono circa 200 prigionieri. Alle ore 22.00 il Comando Supremo considerò conclusa la prima fase dell’offensiva. Il giorno seguente (22 agosto) gli attacchi italiani verso l’Hermada non cessarono, ma la difficoltà di mantenere il fronte raggiunto si manifestò in modo preoccupante. Si effettuarono ancora attacchi locali per consolidare le posizioni raggiunte soprattutto sull’altura di Flondar davanti all’Hermada dove i reiterati tentativi di stabilirsi definitivamente fallirono uno dopo l’altro. La sera del 23 agosto il fuoco dell’artiglieria cessò d’improvviso. La Brigata Murge perse in queste azioni 44 ufficiali e 1.612 uomini. Nella notte fra il 23 ed il 24 agosto venne sostituita trasferendosi a Robbia. Il 24 la IIa Brigata bersaglieri si trasferì fra San Paolo e Pieris. Perdite, 37 ufficiali e 2.500 uomini.
Ricerche Storiche “Pico Cavalieri” di Ferrara.

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