Il fronte italiano
Due
aspetti condizionarono non poco l’esito delle operazioni italiane:
l’ampiezza del fronte e, soprattutto, le sfavorevoli posizioni di
partenza.
Lungo
oltre 600 chilometri, il fronte in buona misura si dipanava fra
colline e montagne, delle quali gli Austroungarici controllavano cime
e vette, raggiungendo quindi il mare Adriatico dopo aver attraversato
il desolante altopiano carsico, spazzato dalla bora e bagnato dal
fiume Isonzo.
Il
motivo di tale situazione va ricercato indietro nel tempo,
addirittura alla fine della Terza Guerra d’Indipendenza del 1866.
Com’è noto, la guerra si era conclusa senza un reale successo
delle armi italiane. Nonostante la cessione del Veneto, ciò aveva
consentito all’Austria di mantenere le posizioni migliori a ridosso
del confine, dal Trentino all’Adriatico. Tali posizioni,
costantemente dominanti, specie nel settore trentino erano state
potentemente fortificate con la costruzione di una cintura di forti.
Per
tali ragioni l’Esercito italiano, ovviamente costretto
all’offensiva, si ritroverà quasi sempre sfavorito negli assalti,
assai spesso condotti in salita ed allo scoperto.
I
piani operativi, redatti dal generale Cadorna e dal suo Stato
Maggiore, quale direttrice d’attacco principale indicavano la
pianura litoranea a sud-est dell’estremità inferiore del corso
dell’Isonzo. Apparentemente, l’unica via praticabile per
conseguire la rapida conquista di una serie d’importanti obiettivi
territoriali, da Gorizia a Trieste, giù fino al litorale dalmata. Il
saliente trentino, che pure s’incuneava minacciosamente verso la
pianura lombarda, costituendo una costante minaccia alle spalle dello
schieramento italiano, fu pericolosamente stimato di secondaria
importanza.
Il
generale Cadorna riteneva che, in prima battuta, in quel difficile
teatro operativo sarebbe stato sufficiente mantenere un atteggiamento
difensivo. Successivamente, si sarebbe anche potuto pensare di
condurre una sorta di “salto della rana”: una serie di rapide
conquiste e colpi di mano da un monte all’altro, tali da infliggere
un colpo decisivo alle spalle dello schieramento austroungarico.
Conseguente
alle idee del generale Cadorna, lo schieramento italiano fu pertanto
il seguente:
1a
Armata: settore Trentino-Adige, dallo Stelvio alla Croda Grande;
4a
Armata: settore Cadore, dalla Croda Grande al Monte Peralba;
Zona
Carnia (Comando autonomo successivamente XII Corpo d’Armata alle
dipendenze del Comando Supremo): da Monte Peralba a Monte Maggiore;
2a
Armata: da Monte Maggiore a Prepotto;
3a
Armata: sul Carso, da Prepotto al mare
Conferenze
sulla Prima Guerra Mondiale, Università Popolare di Mestre
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