La spinta finale arrivò dai ragazzi del '99

Gli austriaci apparvero sulla riva del fiume fin dal mattino del 12 novembre 1917: e alla notte di quel giorno, montati su grossi barconi, Io passarono di slancio nell'ansa presso Zensòn, andando a costituirsi una testa di ponte dall'altra parte. Era la prima, ne sarebbero venute ancora Ma appunto perché era la prima poteva risultare la più pericolosa: incrinare lo spirito delle truppe, mostrare l'inutilità dei loro sforzi, farle dubitare del futuro. Invece i soldati reagirono combattendo aspramente. Quella testa di ponte fu contenuta, ristretta, bloccata; gli austriaci non poterono espandersi. Era comunque il primo allarme, il segno delle grandi battaglie che stavano per sopraggiungere.
SI RIUSCÌ SOLO A CONTENERLI
Nelle fosse lungo gli argini, tra le macerie delle case, nelle immediate retrovie dove si ammassavano rinforzi e materiali, i soldati si domandavano quando e dove sarebbe stato sferrato il prossimo urto. Non dovettero attendere a lungo la risposta. La notte, quattro battaglioni austriaci furono traghettati sulla sponda destra, a cavaliere della ferrovia Treviso-Oderzo. Anche questi furono contenuti, ma ributtarli in acqua risultò impossibile. Le truppe dell'imperatore combattevano con grande valore e con uno spirito di disciplina eccezionale. I mesi freddi mutarono le condizioni di vita dei soldati schierati lungo il Piave. La sosta dei combattimenti, ormai totale, li aveva distolti dalle battaglie. Gli austriaci avevano passato in vari tratti il fiume, ma non erano riusciti a dilagare. Bisognava contenerli e aspettare che la nuova stagione consentisse la ripresa delle operazioni. E, intanto, provvedere alla sistemazione e al rafforzamento di quelle linee difensive che in autunno erano state semplicemente tracciate alla meglio e che purtuttavia avevano resistito all'urto. A poco a poco si annunciava la primavera. Le piogge che cadevano sui monti avevano ingrossato il corso del fiume. La notte del 16 maggio ci fu un'azione coraggiosa di arditi e di bersaglieri. Insieme, irruppero su una delle teste di ponte del nemico e la travolsero. Era il segno premonitore delle grandi battaglie che sarebbero divampate tra poco. Il dramma del Piave sarebbe cominciato il 15 di giugno, in concomitanza con l'offensiva finale austriaca dal Grappa al Montello. Quel giorno, l'attacco fu sferrato alle tre del mattino, secondo la consuetudine che fa pensare al vantaggio della sorpresa.
TUTTI IN PIEDI, ALLE TRE DEL MATTINO
Ma il fuoco pauroso che divampò, allo scoccare delle tre del mattino del 15 giugno, dalla sinistra del Piave, contro le nostre linee, non sorprese nessuno. L'artiglieria italiana entrò immediatamente in azione, ribattendo colpo su colpo, mentre il servizio di vigilanza sulle sponde si preparava a respingere le chiatte che tentassero di avvicinarsi. [...] Inizialmente, il nemico non mancò di ottenere successi importanti. Come, contemporaneamente, sul Grappa si perdevano posizioni importanti, qui sul Piave il fiume fu traghettato a Fagaré, dove già esisteva una testa di ponte. Le truppe sbarcate non riuscirono a congiungersi con quelle di Musile, che sarebbe stato un grosso obiettivo. Ciò, nei primi momenti. Poi, il 17 giugno, anche quel congiungimento avvenne, sicché gli austriaci diventavano padroni di una larga fascia costiera, con un importante retroterra, e minacciavano Treviso. L'urto era violentissimo. Ormai il fiume era stato varcato in tre settori: di fronte a Salettuol, tra Candelù e Zenson, a San Dona. Già otto divisioni nemiche erano state traghettate sulla destra. L'intero schieramento italiano era minacciato, all'alba del 18 giugno, di aggiramento, nonostante il valore disperato dei nostri. Ed ecco, che mentre i primi chiarori dell'alba rompevano le tenebre di quel tremendo mattino, l'urlo delle vedette avvisò che il Piave - già in piena da giorni - cresceva ancora. II fiume portava verso il mare una quantità d'acqua che saliva sempre, rossa di colore, carica di piante sradicate e di carogne di animali morti, a una velocità che verso il mezzogiorno del 18 fu calcolata sui quattro metri e venti al secondo.
Rapinoso e rombante, il Piave si avventava verso la foce travolgendo ogni ostacolo, svellendo gli ormeggi dei barconi che si tentava di unire per far ponti di fortuna, inghiottendo nei gorghi le chiatte e i traghetti che osavano - carichi di austriaci - avventurarsi nella corrente per portarsi sulla riva italiana. [...] Fu allora che i nostri soldati ebbero il tempo di riorganizzare le file, di riprendere vigore, di trarre dall'evidenza della fortuna propizia quell'esaltazione die infonde nuovo slancio e nuove speranze. Nelle schiere italiane si gridava: «Il Piave combatte con noi!... Il Piave è dalla parte dell'Italia...»; e con indomito coraggio i soldati si slanciavano contro le difese austriache del basso fiume, ormai tagliate fuori dalle basi di partenza, lottando a bombe a mano e a colpi di pugnale per ricacciare gli invasori nell'acqua e farli portar via dalla corrente.
GLI AUSTRIACI SI RITIRANO La battaglia durò quattro giorni senza soste. Le mitragliatrici sparavano dagli argini dei fossi, dai terrapieni della ferrovia, allo scoperto, in un folle ardire collettivo che aveva cancellato la paura della morte. Sul Montello, nell'ultimo attacco contro il nemico, era stato stroncato Francesco Baracca e la notizia aveva rinfocolato l'odio e la sete di vendetta. [Gli austriaci] avevano lasciato sulla destra del fiume, oltre alla vittoria nella guerra, trentacinquemila morti, venticinquemila feriti e centomila prigionieri. Dopo tre mesi, il 26 settembre, i soldati italiani varcavano il Piave, nell'offensiva finale, dapprima a Salettuol, poi a Valdobbiadene. [...] Dall'altra parte, le popolazioni si sollevavano, impazzite d'entusiasmo, correvano nell'aria suoni di musiche, scoppi di voci venete che urlavano «Fio, fio mio...» a tutti i soldati che passavano, anche se erano del Piemonte, della Calabria, del Lazio. Erano i giorni della vittoria.
Silvie Bertoldi tratto da Oggi n. 30/1957


Commenti

Post popolari in questo blog

I cadaveri del Sei Busi - Monte Sei Busi, Ronchi dei Legionari (GO) il maggio 1916

Legati alle mitragliatrici, monte Santa Caterina Slovenia 15 giugno 1916

In media due morti al giorno Monte Pallone Asiago (VI) 1917