(Il “Giornale” d’una maestra della provincia di Udine) ESTRATTO: dal “CORRIERE DELLE MAESTRE”, anno XXII (1919), n. 9 - 10 – 11 – 12 – 13 – 14. [VI]
Quasi
ogni giorno succedono disgrazie causate da proiettili abbandonati dai
nostri nella ritirata dopo Caporetto. Anche ieri una bambina di
cinque anni ne raccolse uno e lo mise sul fuoco. La poverina ne ebbe
stroncate tutte le dita di una mano. ...Conoscendo la lingua romena,
sono spesso chiamata come interprete. Essendovi qui la cucina per la
mensa degli ufficiali, molte donne, anche dei paesi vicini, hanno
l’ordine di portare uova, patate, galline, per averne in cambio
sale, zucchero, caffè, tabacco, generi che ora mancano, non
essendovi più nessuna bottega. Tutte furono saccheggiate o distrutte
dalle pattuglie dei predoni germanici, che si comportarono come
vampiri. ... La lotta degli aeroplani continua terribile,
specialmente presso il campo d’aviazione di Aviano, che fu già
nostro e che è poco lontano da qui. Ogni mattina questi soldati
fanno l’istruzione militare in piazza, poi vanno sulle colline
circostanti, ove hanno piantato le mitragliatrici, e fanno
esercitazioni di tiro. Così, fra i colpi di mitraglia, fra quelli
degli aeroplani, fra il chiasso insopportabile degli ufficiali, che
hanno la mensa sopra la mia camera, c’è da stare allegri! Il tempo
continua ad essere splendido. Dopo le nevicate non abbiamo più avuto
giorni cattivi. E’ una primavera. Non si vede più neve nemmeno
sulle vicine montagne.
6
Febbraio 1918
Osservo
alle volte come questi soldati fanno il saluto militare. Mi paiono
tante marionette, questi soldati, coi loro rigidi movimenti. Meno
male che gli ultimi venuti tengono un po’ di pulizia nel paese,
spazzando le strade quando sono liberi! La lotta degli aeroplani
continua mentre il cannone tace. Si dice che sia in preparazione una
grande offensiva sul Piave. Io non credo ai tanti si dice: credo a
quello che vedo, che ho provato e che provo. Qui tutto scarseggia per
noi, mentre i soldati nemici trovano quello che vogliono. . La
condizione nostra è penosissima; specialmente quella di chi non è
del paese. Da due sole famiglie ebbi, in principio, qualche piccolo
aiuto; ora più nulla; non una mamma di mie scolare che mi abbia
portato un bicchiere d’acqua. E della roba, in alcune famiglie,
pare ve ne sia ancora, perché la processione Sono sempre sofferente.
Avrei bisogno di cibo più abbondante e sostanzioso, ma devo
ringraziare Dio di quello che ho dalla famiglia che mi ospita, e
della camera di cui dispongo. Soldati nemici mi dicono che prima di
Caporetto nessuno pensava di poter riuscire ad invadere l’Italia.
Si vedevano perduti e costretti a cedere. “potevano – essi dicono
– fermarci coi sassi!”. Quando sento confermare ciò, soffro
immensamente e penso con intensa commozione all’entusiasmo con cui
tanti giovani hanno pugnato debellando il nemico, sacrificandosi,
mille volte vincendolo. Se altri ha tradito, onore a quelli che hanno
sempre adempiuto al loro sacro dovere: gloria immensa ad essi;
infamia eterna agli altri.
10
Febbraio 1918
Continuano
i giorni d’angoscia. Non si hanno che notizie vaghe e incerte. Sono
già 18 giorni che questo battaglione si trova qui. Tutto quello che
vedo, che sento, che provo è cagione di dolore grandissimo. La vista
del nemico, che fa da padrone, l’allegria degli ufficiali, il canto
dei loro inni, il possesso che ostentano ogni giorno di queste
posizioni; la vista di molti dei loro soldati vecchi, stanchi,
affamati, che frugano perfino nelle immondizie per trovare qualche
cosa da mangiare, che vanno di casa in casa ad offrire una scatola di
fiammiferi, per averne in cambio un po’ di polenta, mentre ai loro
ufficiali non manca nulla, nemmeno il dolce quotidiano, tutto questo
insieme di cose inasprisce, addolora e fa desiderare con maggiore
intensità il giorno della liberazione. La processione di donne che
portano agli ufficiali uova, latte, galline continua. Il comando
germanico, per aver trovato mancanti al numero prescritto dodici
uova, ha tassato il Comune per lire quaranta. Il Comando di Sacile,
per averne trovate mancanti venti, ha tassato quel Comune per lire
sessanta! L’orario di uscita, per i borghesi, è alle ore 6 di
mattina. Alle 19 non si può più uscire di casa. Continuano i furti
notturni nelle case isolate, per opera dei soldati austriaci. Essi
minacciano di morti quelli che fanno resistenza. Dicesi che in
Austria e in Germania, causa la fame, lo sciopero abbia preso vaste
proporzioni. Si crede che l'offensiva sul Piave sia per il 13. Hanno
già fatto sgombrare la popolazione da quei paesi e si attendono
profughi anche qui. Oggi altri prigionieri nostri, che si trovavano
qui dispersi, furono catturati dal Comando germanico e fatti partire.
Tutto tace; cannoni, lotta di aeroplani. Che cosa si starà
preparando? Si vive trepidanti per la nostra sorte, che non si può
modificare in nulla, circondati di mistero; tutto è fonte di
incertezze e di dubbio; non si possono prevedere le conseguenze di
nulla, né prossime né lontane. Vorrei ben poter vivere senza
affanno e turbamento, senza ansie febbrili, senza impazienze, senza
scoramento, ma mi è impossibile!
16
Febbraio 1918
Nessun
cambiamento in questo doloroso stato di cose. Gli ufficiali fecero
portare un pianoforte nella sala sopra la mia camera. La padrona di
casa mi pregò di parlare con l’incaricato della festa perché gli
ufficiali usino la cortesia di non ballare, essendo la casa di non
solida costruzione: soltanto a camminare trema. Cantassero e
suonassero a loro piacere, pur di non far festa da ballo.
L’incaricato mi rispose che non si poteva proibire agli ufficiali
di divertirsi e che se a noi non accomodava, uscissimo di casa! Ebbi
la pazienza e l’educazione di replicare che se gli ufficiali
volevano divertirsi potevano farlo senza ballare, eseguendo al
pianoforte della musica, che io avrei prestata; il che feci. A una
certa ora, il colonnello, a mezzo di un ufficiale, mi mandò a
pregare... che andassi io a suonare!!! Mi rifiutai recisamente alle
insistenti preghiere fattemi. Appena il colonnello lasciò la sala, i
rimasti, avvinazzati, si abbandonarono alla più sfrenata baldoria,
che terminò al mattino, obbligandoci così a rimanere alzate,
essendo impossibile riposare. ...Pare ci sia una tregua, in attesa
della risposta per la pace, come già fecero per la Russia. Se
l’Inghilterra vi si opporrà, daranno principio – dicono –a una
offensiva terribile. E’ questa la verità? Intanto i profughi, che
erano annunciati, non sono giunti. Guidati da spioni, quelli del
Comando germanico hanno dissotterrato una quantità di generi
alimentari, di biancheria, di argenteria e di antichità. Mandato
tutto in Germania! Questo battaglione non accenna a partire. Pare si
fermi qui fino alla decisione della guerra. Oggi sono qui venuti due
generali. Tutto il pianterreno di questa casa è occupato dalla
cucina e dal dormitorio dei cuochi e dirigenti la mensa. In una
camera del primo piano, che era della mia collega, dorme un
ufficiale. La mensa è sopra. Quasi tutta la casa è a loro
disposizione. E’ così in tutto il paese! Sono essi i padroni!
Nelle case di quelli che sono fuggiti han fatto quello che han
voluto!... Oggi è un vento impetuoso; fa freddo; ieri è nevicato un
pochino. La mia condizione è ogni giorno più penosa. Soffro e
soffro assai; soffro nella mia dignità, nel mio cuore soprattutto,
assai più che io non possa dire. La parola non basta ad esprimere il
mio dolore. Eppoi, anche se potessi esprimerlo tutto con la penna, mi
parrebbe ch’esso scemasse d’intensità e di valore, e me ne
sentirei ancora più umiliata.
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