(Il “Giornale” d’una maestra della provincia di Udine) ESTRATTO: dal “CORRIERE DELLE MAESTRE”, anno XXII (1919), n. 9 - 10 – 11 – 12 – 13 – 14. [III]
Avevo
fatto appena riportare nella mia camera la roba depositata in ottobre
in casa del Parroco, ed ecco capitare da me otto germanici, i quali,
come fossero padroni, tagliano la fodera dei bauli e mi mettono tutto
a soqquadro e portano via quanto loro accomoda, infischiandosi delle
mie poteste. Questi germanici odiosissimi, sono proprio ladri di
professione, privi d’ogni coscienza. Ho pianto di dolore e di
rabbia.
29
novembre 1917
Ieri altro ladrocinio germanico e oggi un terzo. Ho
preso il mio coraggio a due mani e mi sono recata al Comando, a
protestare. Ne ho ottenuto un biglietto, in cui si dichiara che non
vi è più nulla da requisire nella mia camera. Ciò mi salverà da
altri furti a mano armata?
30
novembre 1917
Pare
che il biglietto del Comando serva a qualche cosa: sono tornati
ripetutamente per requisirmi roba, hanno letto la carta e se ne sono
andati a mani vuote.
11
dicembre 1917
Ho saputo che in una casa di contadini c’è un nostro
soldato fuggito dai prigionieri che i germanici hanno catturato sul
Grappa. E’ andato a narrare la sua fuga al Cappellano. Questi lo ha
vestito da chierico. Speriamo che così possa essere salvato. Dio lo
protegga, povero figliolo! e lo salvi. 25 dicembre 1917 Natale! Che
triste Natale! Penso a voi, miei parenti lontani, di cui non ho
notizie. Che sarà avvenuto di mia sorella? Che cosa delle mie care
zie di Udine? Che ne sarà della loro casa? Che accade nel resto
della nostra Nazione? Qui nulla si ode oltre il rombo dei cannoni più
o meno vicino, e nulla si sa oltre quello che io sorprendo sulla
bocca dei nemici, a cui però non bisogna credere.
10
gennaio 1918
Per ordine del Comando germanico si sono riaperte le
scuole con i pochi insegnanti rimasti. Ma che scuola si può fare? Le
aule sono completamente nude d’ogni suppellettile: quanto questi
barbari hanno potuto l’hanno portato via. Siamo costrette a
trattenere le alunne in piedi senza far nulla. E fino ad ora nessuno
ci ha pagato un quattrino del nostro stipendio. Qui ha nevicato
parecchie volte; ma la mia camera non è tanto fredda e posso quindi
passare in essa la maggior parte di queste angosciose giornate La mia
camera! Una sola volta fin ora fu occupata da ufficiali; ma ho saputo
trovare uno stratagemma tale, che ora nessuno ci viene. Così posso
dormire nel mio letto. Ed è gran fortuna, perché ogni volta che
questi prepotenti sono di passaggio, bisogna lasciare, camere,
cucine, tutto a loro disposizione e noi aggiustarci come si può.
Disgrazia grande è, per la gran maggioranza della popolazione, il
non conoscere la loro lingua. Quasi nessun germanico sa parlare
italiano; pochi balbettano il francese. 15 gennaio 1918 Essendo il
locale scolastico occupato dagli invasori, si fa scuola in sacrestia.
Insegnano il figlio del Direttore e il soldato finto chierico, il
quale è un giovane assai colto e per bene.
17
gennaio 1918
Il
rombo del cannone pare voglia far crollare le case. Passano di
continuo aeroplani nemici e truppe tedesche. Si è spettatori ogni
giorno di scene che contristano e che accendono l’animo di un odio
implacabile contro i barbari invasori. Mancano di giorno in giorno i
generi di prima necessità: tutto fu requisito, saccheggiato,
distrutto. Mucche, buoi, pecore, cavalli, asini, maiali, pollame,
cereali, legumi, vino, attrezzi rurali, cari, carrette, carrozze,
utensili di cucina, mobili, rame, biancheria, oro, danari, tutto è
stato preda del nemico. Come ciò non bastasse, il prepotente comando
germanico, che risiede a Polcenigo, ogni giorno manda i suoi predoni
a portar via quanto possono ancora trovare nei nascondigli delle case
già depredate, e tutto viene spedito in Germania. E guai a chi osa
fare resistenza. Hanno messo la tessera per la farina da polenta, ché
di pane non se ne parla. Sono più di due mesi che non ne
assaggio!Vivo dell’elemosina di persone, che non hanno nessun
dovere di dividere con me il pane quotidiano. Quando verrà il giorno
della liberazione? Quando, in mezzo a queste nubi, attraverso questa
caligine, riapparirà l’astro consolatore? Accorata, mi rivolgo a
Colui che tiene in mano il cuore degli uomini e che può, quando
voglia, intenerire i più duri. E prego con fede, con affetto, con
fervore.
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