(Il “Giornale” d’una maestra della provincia di Udine) ESTRATTO: dal “CORRIERE DELLE MAESTRE”, anno XXII (1919), n. 9 - 10 – 11 – 12 – 13 – 14. [I]
“La
maestra Caterina Nodari, era, nell’ottobre 1917, da un mese appena
a San Giovanni di Polcenigo, dov’era stata destinata dal Consiglio
scolastico provinciale di Udine, quando la invasione nemica la colse.
Costretta a vivere fra gli stenti e gli orrori, senza stipendio,
senza guadagni, essa dava sfogo all’animo esacerbato scrivendo di
quando in quando le sue impressioni su un quaderno. Quelle note,
quegli appunti, quegli sfoghi, che potevano costituire per lei, se il
nemico se ne fosse impadronito, tanto da farla gemere in carcere o
morire fra i supplizi, essa li ha potuti gelosamente conservare; e,
appena poté, dopo la liberazione, venire oltre Piave e rimettersi un
po’ in salute, li ha favoriti al nostro Corriere. Cominciamo a
pubblicare l’interessante diario in questo numero. Esso sarà letto
da tutti con quella intensa commozione, che noi abbiamo provato
leggendolo. E servirà senza dubbio a dare una più precisa e
completa idea della condizione miserrima, atroce, spaventosa in cui
si trovavano per un anno i rimasti in potere del nemico. Nel
ringraziare la maestra Caterina Nodari d’averci favorito questo
prezioso documento, ci rallegriamo ancora una volta con lei per
l’alta prova di patriottismo data durante la dura cattività. Ecco
il suo “giornale”.
27
Ottobre 1917
Cominciano
a circolare voci dolorose, che passano di bocca in bocca, e cioè che
i tedeschi avanzano a grandi passi. Non posso prestare fede a notizie
così spaventose.
28
Ottobre 1917
Il
disastro è dunque vero? Passano, di ritorno, gli operai che lavorano
nelle trincee e fanno discorsi che straziano l’anima. Gran Dio,
salvate l’Italia...
29
Ottobre 1917
Ah!... truppe italiane che ritornano dal fronte!... La
maggior parte disarmate! Hanno buttato via tutto quanto poteva
ritardare o rendere meno agevole la fuga! Oh! Dolorosissima realtà.
E nefando spettacolo di taluni, che passano ridendo, indifferenti a
tanta sciagura!
30
e 31 ottobre 1917
L’esodo
dei profughi dai paesi invasi!.. contadini scompagnati o a coppie o a
famiglie intere; mariti e mogli coi bambini al collo, con ragazzi per
mano. Vecchi che passano curvi sotto il peso della loro povera roba,
o spingendo misere carrette dietro cui stano i figli, carichi
anch’essi. Ma è dunque così grande a nostra sciagura? E tutti si
dirigono verso il Piave, sperando di arrivare in tempo a passare al
di là. Che devo fare?
2
novembre 1917
Sono
stata a Sacile per consigliarmi col Vice ispettore e per parlargli
dello stipendio di ottobre, che speravo percepire. Ma tutte le
autorità erano già partite. Anche le famiglie di mia conoscenza si
preparavano ad andarsene. Di ritorno, ho conferito con la collega che
abita nella mia stessa casa; ma essa non è decisa a partire. Si
crede da tutti noi che il nostro paese non verrà invaso.
4
novembre 1917
Continua
sempre il passaggio angoscioso delle nostre truppe, degli autocarri,
dei profughi. Che dolore, buon Dio!
5
novembre 1917 Torno a Sacile per più esatte informazioni sul da
farsi. Sacile presenta uno spettacolo desolante. Le botteghe chiuse,
le fabbriche deserte, il piazzale della stazione ferroviaria invaso
da profughi, che vengono caricati su vagoni merci. Le vie, le piazze
ingombre di soldati, di cavalli, di autocarri. Le case abbandonate.
Dappertutto voci confuse, lamenti, pianti. Quello che più mi
impressiona è il trasporto dei malati dell’ospedale... Torno a
casa in fretta e furia, ben decisa di partire anch’io. Questa sera
ho infatti portato i miei bagagli in casa del parroco, che acconsentì
a serbarmeli. Porterò con me il puro necessario. Speravo che la mia
collega e la padrona di casa si decidessero a venire via; ma sono
sempre incerte se fuggire o restare. Partirò sola.
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