Sempre all'attacco
Poco dopo la pubblicazione della circolare nr. 191, il 12 maggio 1915, Cadorna diffonde un nuovo fascicolo - complementare al suo Libretto - , e dedicato ai "Procedimenti dell'attacco frontale nella guerra di trincea in uso nell'esercito francese".
Ancora una volta, il generale espone convinzioni che si riveleranno errate. Sostiene infatti che sul nostro fronte, un conflitto statico e impantanato nelle trincee come quello in corso oltralpe, sarà poco probabile. Scrive che in Francia, "la guerra si è come immobilizzata su enormi fronti di centinaia di chilometri e le forze che si fronteggiano si sono interrate in robustissimi trinceramenti formidabilmente muniti, ivi sembra che una tenace difesa possa prevalere sull'offensiva...".
Ma questa sarebbe soltanto un'impressione perchè, a parer suo, "l'esperienza della guerra in corso dimostra che la conquista di posizioni nemiche anche fortemente rafforzate non offre difficoltà insormontabili". Non sapremo mai come si sia formato una tale opinione.
Si dirà che tutti i suoi colleghi di entrambi gli schieramenti hanno commesso, prima di lui, il medesimo sbaglio. Uno sbaglio che ammette anche il Capo di stato maggiore tedesco Erich von Falkenhayn quando, dopo qualche mese di combattimenti, agli inizi di dicembre del 1914 dichiara: "La difesa ha spezzato l'offesa. [...]
Noi tutti siamo stati ciechi. La guerra russo-giapponese avrebbe dovuto ammaestrarci sulle conseguenze tattiche delle nuove armi e sulle forme di combattimento che necessariamente dovevano scaturire da esse. Ma non abbiamo capito."
Su Cadorna pesa l'aggravante di avere continuato a coltivare il sogno di una guerra breve e di manovra pur avendo di fronte agli occhi i risultati di dieci mesi di massacri sul fronte francese. Quando i critici gli chi9ederanno conto delle sue affermazioni il generale si difenderà sostenendo di avere scritto quelle frasi non perchè davvero convinto della loro bontà ma temendo che dire il vero "tarpasse le ali allo slancio offensivo delle truppe", "in un momento nel quale urgeva spingere alacremente l'istruzione dell'esercito nella guerra offensiva in campo aperto, la quale è la base della guerra di trincea".
Insomma è stato costretto dalle circostanze ad "indorare la pillola" [...] - perchè - l'istruzione tattica dell'esercito molto lasciava a desiderare e lo spirito offensivo [era] molto scarso" e non andava ulteriormente depresso con considerazioni negative.
tratto dal libro Caporetto una tragedia italiana - di Stefano Gambaro -
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