CAPORETTO II giorno - 25 ottobre 1917 Per parte italiana Il crollo della difesa
Nel pomeriggio avanzato del 24 ottobre, quattro sono i
pilastri che reggono la linea Stretta di Saga - Polovnik:
- l'intero fronte della 43" divisione
- il fronte del IV CdA, dal Matajur al Kolovrat
- monte Xum
- monte Globocak;
I due pilastri settentrionali crollano nella notte per autodistruzione.
Durante la notte tra il 24 e il 25 la bora spazza il cielo; il
sole sorge e illumina le vette dal Rombon al monte Nero,
dal Matajur al Kolovrat risplendenti per la neve fresca.
Azioni nel settore Conca di Plezzo
La 50a divisione, a difesa della stretta di Saga, ripiega durante la notte, parte per valle Uccea parte verso il monte
Stol; effettua il movimento prima che i battaglioni sul
Polovnik giungano in fondovalle; il suo comando non si
preoccupa di difendere il ponte di Ternova, unico passaggio dell'Isonzo possibile per la 43a divisione, data la distruzione del ponte di Caporetto e l'occupazione nemica;
il mattino il ponte viene distrutto, non si sa da chi.
All'alba, priva di artiglieria, la 50a si schiera sul monte
Guarda, in fondo a valle Uccea, a diverse quote e sull'alto
del monte Stol.
Il III/280o rimane sul Polovnik, non se ne conosce il motivo, verrà catturato.
Le truppe del Rombon ricevono ordine di ritirarsi verso Sella Prevala, iniziano il movimento alle 6 del mattino,
subito inseguite da una brigata della divisione Edelweiss;
una seconda brigata attacca e conquista monte Guarda
superando tenace resistenza e avanza in valle Uccea, supera Ia resistenza di un battaglione e la sera giunge alla
confluenza delle valli Uccea e Rio Bianco.
La 22a divisione Schùtzen, alle B del mattino, costruita
una passerella a Podcelom, inizia la salita al monte Stol;
alle 13 conquista quota 1.079, poi quota 1.019; per tutto
il pomeriggio si hanno combattimenti sull'intero costone
dello Stol.
All'imbrunire il comando del IV CdA ordina di ripiegare su Bergogna, le truppe scendono; segue poi con un
contrordine e le truppe devono risalire; il nemico ha nel
frattempo occupato le posizioni abbandonate; tuttavia,
ancora alle 21 si combatte e solo alle 3 del mattino del 26
ottobre le ultime truppe rìpiegano a Bergogna.
La ritirata dallo Stol è protetta dai resti della brigata Genova; nella ritirata è coinvolto il 271o brigata potenza,
che affluisce in rinforzo.
La 43a divisione si ritira da Drezenca, il suo comando
ignora che Caporetto è occupata dal nemico, i reparti che
si avviano in quella direzione vengono catturati; il grosso si avvia al ponte di Ternova. Qui vi arriva per prima
la brigata Genova, ritiratasi senza averne ordine; il suo
comandante ha appreso che altre truppe sono in ritirata
per ordine ricevuto, decide autonomamente di ritirarsi e
lascia le posizioni che aveva difese con successo il giorno
precedente.
L'ordine di ripiegamento arriva ai reparti in tempi diversi,
procedono in perfetto ordine, ma non si riesce ad evitare
che qualche reparto si avvii per Caporetto.
Al ponte di Ternova il comandante delle brigata Genova, colonnello brigadiere Torre, invia al monte Stol tutti i reparti che lo attraversano. Qualcuno incendia il ponte.
Da quel momento numerose formazioni non possono
passare l'Isonzo e saranno catturate; tra queste il 20
bersaglieri, eccetto il comando e una compagnia, i battaglioni XVII e LIII, i reggimenti della brigata Etna; della
46a divisione non si salva nessuno.
La Val Natisone è sbarrata da due reggimenti della brigata Potenza; vengono attaccati da tre reggimenti della
12a divisione slesiana, ma oppongono una resistenza tenace,
Alle 13 il comando del IV CdA ordina il ripiegamento sulla
linea Sedula - monte Mia, la nuova posizione è raggiunta
da un reggimento alle 15.30, che però prosegue anziché
organizzare la difesa del monte Mia, il secondo reggimento arriva alle 19 e si ferma.
Azioni nel settore del Kolovrat
Al sorgere del sole formazioni delle brigate Napoli e Firenze, iniziano un contrattacco sulle pendici meridionali
del Podklabuc e del Bucova Jeza; l'azione è condotta con
vigore fino alle 10, il nemico lo ricorda come "rabbiosi
contrattacchi, condotti con grande valore da truppe scelte, rinnovati malgrado il micidiale fuoco tedesco; nonostante lo sforzo, non è più possibile ricacciare il nemico
dalle posizioni che aveva occupato la sera prima con tanta facilità e con poco più di un battaglione.
Cappella Slieme non è stata occupata dal nemico, non si
capisce perché i comandanti delle brigate Taro e Spezia
alle 15 ordinano la ritirata e danno esempio personale;
pochi elementi rimangono su Costa Duole, costringendo il nemico a ritornare all'assalto e perdere del tempo per
Iui prezioso.
La resistenza di reparti sulla dorsale di Cappella Slieme
e il fuoco d'artiglieria da posizioni di La cima - Clabuzzano - monte Xum rallenta l'avanzata nemica tanto che
solo alle 9 raggiunge quota 942 Natpricciar, distante solo
750 metri dal punto di partenza (monte Jeza, catturato
it 24).
Il caposaldo di La Cima è perduto verso le 18, dopo combattimenti corpo a corpo; l'avanzata nemica verso Clabuzzano e Prapotnizza si sviluppa piir rapidamente per la
diminuita resistenza; sale il numero di soldati catturati
delle brigate Elba, Firenze e Napoli.
Nelle ultime ore del 24 e nelle prime del 25 due brigate
bersaglieri si schierano fra il Globocak e il costone Roghi;
il Globocak viene investito dal nemico e perduto alle 11
e il monte Cicer alle 12.
Secondo fonte italiana, (maresciallo Caviglia) il Globocak viene perduto alle 16. La
relazione di inchiesta riporta che Ìl monte è investito da
fuoco di artiglieria dalle 15, ma le fanterie sono respinte;
al presidio viene dato ordine di ritirata, effettuato la notte tra il 25 e il 26. Secondo questa versione il Globocak
viene raggiunto dal nemico dopo la ritirata del presidio.
Nel pomeriggio il nemico prende il monte Cicer e raggiunge Ronzina e San Paul.
La 5a divisione germanica scende in valle Judrio per
attaccare la dorsale monte Xum - monte Glava, viene
fortemente contrastata sul costone Srednie - Roghi e
raggiunge il fondovalle solo al cader della notte; inizia la
salita del pendio sottostante monte Xum e monte Glava, nelle ore notturne, sempre ostacolato e subisce forti
perdite.
In conclusione, alla testata della valle dello Judrio l'avanzata nemica non è rapida né travolgente, ma risulta abbastanza contrastata.
Subito dopo l'alba si verifica l'azione che risulterà fatale per il VII CdA; il battaglione del Wùfttemberg marcia
trasversalmente sul pendio settentrionale del Kolovrat,
invece dì attaccare il monte Piatto; l'avanguardia di tre
compagnie, al comando del primo tenente Rommel, effettua brevi scontri evitando di sparare per non essere avvistato; in tal modo cattura una batteria di medio calibro (il
suo personale si sta lavando) e riesce in altre numerose successive sorprese.
Una parte del reparto avanza su una strada di arroccamento mascherata e giunge invisibile su batterie, comandi e servizi adiacenti la strada; avvistata, viene fatta
segno da intenso fuoco; procede allora ad una azione
combinata con l'altra parte del battaglione, in movimento sul versante settentrionale, che porta alla resa di un
battaglione, 500 uomini e 12 ufficiali; questi si sono difesi
facendo uso delle pistole.
Catturata un'altra batteria, Rommel fa occupare monte
Nachnoi, sono le 9.15; l'allarme si è diffuso e provoca
fuoco di mitragliatrici da ogni parte e da una batteria su
monte Xum, Rommel sì defila sul versante settentrionale; si verificano movimenti di truppe della brigata Arno,
ma non un contrattacco, che avrebbe ricacciato il reparto
Rommel, viene perduta una favorevolissima occasione.
Formazioni tedesche ricongiunte, alle 11,15, in contemporanea alla loro artiglieria, iniziano l'attacco al monte
Kuk, con aggiramento della cresta da sud; la manovra è
vincente, i difensori vengono eliminati fra le 14 e le 15.
Circa alla stessa ora si arrendono i difensori di monte
Piatto, attaccato dall'alpenkorps"
Il reparto Rommel, che marcia sul Kolovrat, giunge alla
discesa su Luico; di lì si vedono combattimenti in corso fino a Golobi, traffico intenso in Val Savogna; Rommel
trascura di appoggiare le altre formazioni impegnate in
combattimento e scende a valle, raggiunge la strada
a monte di Polava, la sbarra con mitragliatrici, cattura
carrette e autocarri. intima la resa a una colonna di bersaglieri proveniente da Luico, ne nasce uno scontro per
cui cattura un comando di reggimento e un battaglione;
sono le 15. Si tratta di bersaglieri che il mattino hanno
contrattaccato e rioccupato Gobbi, recuperando tre batterie; i tedeschi reagiscono e alle 17 rioccupano a loro
volta Gobbi e alle 18 Luico.
I bersaglieri si trovano circondati, ma riescono in buona
parte a svincolarsi ed arretrare.
Azione dei comandi
IV corpo d'Armata
Il comandante, generale Cavaciocchi, dalla sede di Bergogna cerca di coordinare la difesa dello Stol e della stretta di
Robic, poì ordina la ritirata (risulta di propria iniziativa) e fa
occupare la linea Montemaggiore - monte Mia dalle stesse
unità in ripiegamento.
La sera il generale Cavaciocchi è sostituito dal generale
Gandolfo; egli è considerato, al momento, il solo responsabile della disfatta.
VI corpo d'Armata
Il comandante, generale Bongiovanni, al mattino impartisce disposizioni per organizzare uno sbarramento a Cepletischis e una linea difensiva monte Napour - monte S.
Martino collegata col l4atajur; nel pomeriggio si reca in Val
Savogna e incontra il comandante della 620 divisione, ferito; si assicura della sua sostituzione e detta un "dettagliato
ordine" per l'organizzazione delle nuove difese; ciò implica il ripiegamento della brigata Potenza sulla lìnea S. Martino Matajur, ma l'ordine è frainteso e la brigata rimane sul Matajur.
Il generale Bongiovanni afferma che la sua opera fu "chiara
e documentata"; l'opera non risulterà efficace come avrebbe potuto essere, forse si sarebbe avuto un miglior risultato se si fosse recato di persona al comando di divisione.
XXVII corpo d'armata
Il comando dalla sera del 24 è a Liga e appare assolutamente disorientato, ritiene che il Globocak sia già occupato
dal nemico; il comandante, generale Badoglio, alle 2.50
comunica al comando d'armata di aver ordinato a la divisione bersaglieri del generale Boriani, di "vedere se è possibile tentarne la riconquista"; più tardi viene a conoscenza
della realtà e ne informa il comando d'armata, dicendo:
"appena avrò notizie sulla situazione nemica deciderò sul
da farsi".
Il generale Badoglio ordina tra l'altro al comandante delle
artiglierie di San Paul, che le aveva abbandonate, di rimetterle in efficienza; il nemico perviene a San Paul nel tardo
pomeriggio, le artiglierie erano state abbandonate la sera
del 24.
Alle 15 informa il comando d'armata che si incontrano
ovunque sbandati di tutte le armi, specialmente di artiglieria, ma non dispone che di pochi carabinieri per provvedere.
Si nota che tra la notte del 24 e le 25 del 25 risultano usati
10 numeri di protocollo per fonogrammi; per un comando
di CdA in piena battaglia sono pochi, è evidente che i suoi
interventi sono limitati.
Il nemico non esercita grande pressione, ma il comando
del CdA rimane inattivo tutto il giorno, non contrattacca
benché disponga della brigata Puglie e due di bersaglieri.
Alle 18 perviene ordine di ripiegamento dal comando
d'armata, Badoglio si limita ad eseguirlo, le truppe si disimpegnano "inosservate e senza alcun disturbo da parte
nemica".
In merito Alessandro Sforza scrive: "il crollo di Badoglio
è drammatico; sembra privo delle facoltà di intendere e
volere, trascinato ad accodarsi a quei poveri soldati che si
ritirano in cerca di qualcosa che non sanno cosa sia; fuggiasco lui stesso, impreca contro i fuggiaschi, cerca discolpe, accusa di fuga i sopravvissuti del suo CdA ".
Le note appaiono esagerate, ma certamente Badoglio non
esercita una azione di comando che lasci traccia, mentre le notizie da lui fornite al comando d'armata circa fughe
e sbandamenti, contribuiscono a far ritenere al comando
supremo che le truppe a contatto col nemico si siano comportate assai peggio di quanto sia in realtà.
Comando supremo
Alle 7 Cadorna a Udine, discute animatamente la situazione con il colonnello Gabba, impressionato dalle notizie
circa la disordinata fuga degli sbandati e di deficiente resistenza delle truppe.
Si preoccupa che il monte Korada vada perduto, cosa che
comprometterebbe la salvezza delle truppe sulla Bainsizza. Gabba spera nei contrattacchi del VII CdA, ma Cadorna
dice di non far conto su illusioni e ordina il ripiegamento
del XXIV CdA dalla Bainsizza sulla destra dell'Isonzo, ordina la difesa di l4ontemaggiore e della Val Resia.
Cadorna considera il IV CdA responsabile del disastro, di
cui "alcuni reparti hanno abbandonato posizioni importanti senza difenderle"; in realtà le infiltrazioni da Slieme e Mlrzli e in fondovalle verso Selisce e Smart non riguardavano "posizioni importanti"; la linea di resistenza da Saga a Pleca è andata perduta a causa degli ordini dei generali
Arrighi e Farisoglio. Cadorna non fa cenno della perdita di
posizioni ben piùr "importanti" quali il Podkalbuc, lo Jeza, il
krad Vrh, nel settore del XXVII CdA.
Così è definita la responsabilità del soio IV CdA e non anche del XXVIL
Alle 8.40, Cadorna dà disposizioni verbali al comandante
della III armata, duca dAosta, di sgomberare le artiglierie
pesanti e meno mobili dietro al Piave, predisporre anche
l'eventuale ripiegamento di tutta l'armata dietro al Tagliamento.
Alla medesima ora arriva anche il re e conferisce personalmente con Cadorna, all'esterno. Circa alle 10 Cadorna si
reca a Cividale per conferire con Capello; hanno due incontri, uno alle 11 e un secondo alle 13, a Udine.
Capello propone l'arretramento immediato della II armata
"sul Torre o sul Tagliamento", dice che la sua decisone è
maturata dalla sca.sa resistenza allo Stol. dall'invasione
nemica della conca di Creda e dell'avanzata verso Sedula,
dall'occupazione del Kolovrat, del passo Zagradan, dello
Jeza, dei Globocak e penetrazione nella valli dello Judrio,
del Rieca e del Natisone (si nota che il Globocak in quelle
ore è ancora occupato da truppe italiane).
Cadorna è probabilmente colpito dalle argomentazioni/
ma si limita a "predisporre" un eventuale arretramento; la
decisione è troppo grave per essere presa sulla base della
situazione quale "allora" risultava; sì resiste infatti ancora
sullo Stol, sul Matajur, a Luico, attraverso la valle Judrio,
sul Globocak.
Capello segue poi con una relazione al comando supremo,
dove afferma che il nemico ha sfondato il fronte del IV e
del XXVII CdA sulla sinistra Isonzo e passato il fiume Caporetto.
Università degli studi Cà Foscari Venezia - Prima guerra mondiale Caporetto - docente Coglitore Mario - partecipante come uditore
Commenti
Posta un commento