Gli Arditi all'attacco del monte Panarotta

L'avanzata delle truppe italiane in Valsugana nel giugno-luglio 1915 giunse, si può dire ai piede del monte Panarotta, i cui pendii, allora irti di reticolati austriaci, fiancheggiano la Valsugana da Marter a Levico e oltre. Le artiglierie austriache piazzate sulla cima di questo monte (m.2002) ed una batteria germanica del Leibsregiment, composta di due cannoni a lunga gittata, dominavano tutto il fondovalle fino a Borgo Valsugana, la Val di Sella, tutta la conca dei laghi di Levico e Caldonazzo e anche, come nell'agosto 1915, le posizioni fortificate di Vezzena. 
La potente prima linea di resistenza austriaca, trincerata e disseminata di postazioni di mitragliatrici (Stutzpunkt), scendeva dai costoni meridionali del Panarotta fino a Selva di Levico e proseguendo sul fondovalle saliva su Cima Vezzena (m.1908) fino alla punta dello Spitz, che col suo osservatorio concorreva alla difesa della piana di Vezzena ed anche dell'alta Valsugana. A qualche chilometro del tratto della linea di Cima Vezzena scendeva verso il fondovalle, in direzione di Levico, un'altra trincea situata a difesa dell'importante strada di Monterovere: questa lunga trincea esiste tuttora sull'argine sinistro del Rio Bianco presso la frazione di Lochere.
L'eliminazione di questo cosiddetto “formidabile bastione del Panarotta” come veniva spesso definito allora, appariva il presupposto strategico da realizzare per sbloccare l'avanzata italiana almeno fino a Caldonazzo, importantissimo centro nevralgico per il fronte nemico degli altipiani di Lavarone e Levico.
Gli austriaci, probabilmente informati sugli scopi della crescente aggressività italiana in Valsugana, si erano preparati alla difesa aggiungendo ai reparti di Standschutzen tirolesi del Panarotta, rinforzi di altre truppe assai migliori formati da Landesschutzen (=bersaglieri) del 1° reggimento, trasferiti dal fronte russo, ed acquartierati nei vari paesi del perginese e del pinetano in attesa di partecipare alla grande Strafexpedition. Nel paese di Bedollo di Pinè si trovava anche il battaglione del 2° reggimento Landesschutzen al comando del ten. Dolfuss, futuro cancelliere della repubblica austriaca, ucciso su ordine di Hitler poiché si opponeva all'annessione dell'Austria alla Germania nazista: venne ucciso nel luglio 1933.
Il trincerone del Voto era dunque ben difeso da truppe austriache di noto valore, che avevano l'ordine di resistere ad ogni costo. Si deve tuttavia tener conto che le loro posizioni, essendo dominanti, erano favorevoli alla difesa ed al contrario assai sfavorevoli per gli assalitori e che inoltre i cannoni austriaci del Panarotta non distavano molto dal Voto e da S.Osvaldo.
Le artiglierie italiane piazzate in val di Sella iniziarono un violento bombardamento tambureggiante delle posizioni austriache e delle batterie del Panarotta. All'alba del 4 aprile, con l'appoggio di tre compagnie dell'84° reggimento di fanteria e di una di mitraglieri, iniziarono l'assalto al Voto, ma vennero respinti da un violento fuoco di mitragliatrici che inflisse loro gravi perdite; tuttavia essi riuscirono ad occupare una importante posizione dopo aver infranto la tenace resistenza degli austriaci, costringendoli a ritirarsi verso S.Osvaldo dopo aver subito anch'essi gravi perdite. All'alba del giorno seguente, 5 aprile, venne ripreso l'assalto dalla sinistra dove il terreno era assai boscoso. Poco prima dell'assalto, i grossi calibri delle artiglierie di val Sella rinnovarono il bombardamento di distruzione del giorno prima, ed appena iniziata l'avanzata dei nostri le artiglierie allungarono il tiro dietro le postazioni nemiche per impedire l'afflusso di rinforzi. Occupato il trincerone del Voto l'indomani si apprestava la conquista di S.Osvaldo.
Appunti di ricerca – Museo Storico italiano della Guerra – Rovereto Rete Trentino Grande Guerra -

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