Dodicesima battaglia dell'Isonzo o battaglia di Caporetto

Dodicesima battaglia dell'Isonzo, (in tedesco Schlacht von Karfreit, o zwölfte Isonzoschlacht). Lo scontro, che iniziò alle ore 2:00 del 24 ottobre 1917, rappresenta la più grave disfatta nella storia dell'esercito italiano, tanto che, non solo nella lingua italiana, ancora oggi il termine Caporetto viene utilizzato come sinonimo di sconfitta.  Con la crisi della Russia dovuta alla rivoluzione, Austria-Ungheria e Germania poterono trasferire truppe dal fronte orientale a quelli occidentale e italiano. Forti di questi rinforzi, gli austo-ungarici, con l'apporto di reparti d'èlite tedeschi, sfondarono le linee tenute dalle truppe italiane che, impreparate ad una guerra difensiva e duramente provate dalle precedenti undici battaglie dell'Isonzo, non ressero l'urto e dovettero fino al fiume Piave. 
La sconfitta portò alla sostituzione del generale Luigi Cadorna, che aveva imputato l'esito infausto della battaglia alla viltà dei suoi soldati, con Armando Diaz. Le unità italiane si riorganizzarono abbastanza velocemente e fermarono le truppe austro-ungariche e tedesche nella successiva prima battaglia del Piave riuscendo a difendere ad oltranza la nuova linea difensiva. I luoghi più significativi dove venne combattuta la battaglia di Caporetto furono l'omonima conca, le valli del Natisone e il massiccio del monte Colovrat. Alle 2:00 in punto del 24 ottobre 1917 le artiglierie austro-germaniche iniziarono a colpire le posizioni italiane dal monte Rombon all'alta Bainsizza alternando lanci di gas a granate convenzionali, colpendo in particolare tra Plezzo e l'Isonzo con un gas sconosciuto che decimò i soldati dell'87º Reggimento lì dislocati.  Alle 6:00 il tiro cessò dopo aver causato danni modesti, e riprese mezz'ora dopo stavolta contrastato dai cannoni del IV Corpo d'armata, mentre quelli del XXVII, a causa dell'interruzione dei collegamenti dovuta allo spezzarsi dei cavi elettrici sotto il tiro delle granate (nessuna linea telefonica era stata interrata o protetta in alcun modo, e alcune posizioni non erano neanche collegate) risultò caotico, impreciso e frammentario.Nel frattempo i fanti di von Below, protetti dalla nebbia, si avvicinarono notevolmente alle posizioni italiane, e alle 8:00, senza neanche aspettare la fine dei bombardamenti, andarono all'assalto delle trincee italiane, salvo sul Passo della Moistrocca e sul monte Vrata dove, a causa della bufera di neve che vi imperversava, l'attacco venne rimandato di un'ora e mezza. Metà della 3ª Edelweiss si scontrò con gli alpini del gruppo Rombon che la respinsero, mentre l'altra metà, assieme alla 22ª Schützen, riuscì a superare gli ostacoli nel punto dove era stato lanciato il gas sconosciuto, ma vennero fermate dopo circa 5 km dall'estrema linea difensiva italiana posta a protezione di Saga, dove stazionava la 50ª Divisione del generale Giovanni Arrighi. Alle 18:00 questi, per non vedersi tagliata la via della ritirata, evacuò Saga ripiegando sulla linea monte Guarda - monte Prvi Hum - monte Stol, lasciando sguarnito anche il ponte di Tarnova da dove avrebbero potuto ritirarsi le truppe che verranno accerchiate sul monte Nero. Di tutto questo Arrighi informerà Cavaciocchi solo alle 22:00. Nella mattina intanto non ebbero successo la 55ª e la 50ª Divisione austro-ungarica, arrestate fra l'Isonzo e il monte Sleme. Non riuscirono invece a tenere le posizioni la 46ª Divisione italiana e la brigata Alessandria poste all'immediata sinistra della 50ª Divisione austro-ungarica, e ne approfittò un battaglione bosniaco che subito diresse per Gabria. L'avanzata decisiva che provocò il crollo delle difese italiane fu effettuata dalla 12ª divisione slesiana del generale Arnold Lequis che progredì in poche ore lungo la valle dell'Isonzo praticamente senza essere vista dalle posizione italiane in quota sulle montagne, sbaragliando durante la marcia lungo le due sponde del fiume una serie di reparti italiani colti completamente di sorpresa. Nel frattempo, più a sud, l'Alpenkorps diventò padrone alle 17:30 del monte Podclabuz/Na Gradu-Klabuk. I tre battaglioni del X Gruppo alpini, aiutati anche dal tiro efficace dell'artiglieria italiana, resistettero fino alle 16:00 agli undici battaglioni della 1ª Divisione austro-ungarica, ma alla fine dovettero arrendersi e cedere il monte Grad. Nell'alta Bainsizza, dove fu combattuta una guerra con i metodi "antiquati" (cioè non applicando le novità tattiche introdotte dai tedeschi) il Gruppo Kosak non ottenne alcun risultato, e la situazione andò quasi subito in stallo. Durante il primo giorno di battaglia gli italiani persero all'incirca, tra morti e feriti, 40.00 soldati e altrettanti si ritrovarono intrappolati sul monte Nero, mentre i loro avversari solo circa 7.000.

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