Dal diario di Giovanni Alessandro Polidoro, sottotenente, 87° reggimento Brigata Friuli
...Dall’imbocco
della caverna un soldato grida: “Vengono gli austriaci! Vengono gli
austriaci!”… L’orologio segna le 14 – Ma dove sono andati?
Che cosa è successo?...Levo dalla tasca della giubba di Bigliotti
(comandante morto) il Corriere della Sera e avvolgo la
gamba...Passano due militari e portano l’emblema della Croce Rossa.
Sono austriaci. E’ finita! Sono prigioniero!
L’orologio
segna le 15 e minuti - ...uno cava dalla borsetta una boccetta mi
apre la bocca e mi fa trangugiare del cognac...”Wo sind die
italiane?”...Caput! Grusgott! – E vanno.
Verso
mezodì del primo novembre venni caricato, assieme agli altri, su
un’ambulanza che prese la strada del Predil. /.../Finalmente a
giorno avanzato, la mia barella col suo carico piagato entrò
nell’ospedale di Knittelfeld, in Stiria. Nella medicazione che mi
fecero un’ora dopo in sala opertoria, pur nel dolore, ebbi la
gradita sorpresa che il capitano medico-chirurgo austriaco,
indaffarato intorno alla mia testa, era di Gradisca d’Isonzo.
Dunque friulano. Mi parve che lui fosse contento quando gli dissi che
ero di Sevegliano, un paesino vicino a Palma. Nei giorni successivi
egli mi chiese informazioni e mi assicurò che, qualora avesse
ottenuto una breve licenza per recarsi a Gradisca, sarebbe andato a
vedere come stavano i miei cari. Il morale ebbe uno scatto verso
l’alto. /.../
A
fianco del sig. maggiore c’erano i letti di due tenenti austriaci:
Valenco e Kappel. Di fronte a noi gemevano altri due tenenti
austriaci: il dottor Parovel, dalmato e Gollob. La disgrazia che ci
aveva colpiti contribuì a sorgere l’amicizia. Non ci consideravamo
più nemici.
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