Torre Piccola di Falzarego (m 2400) e il tenente degli alpini Gino Carugati

Neppure indicate sulle carte da un nome o da una quota, nel cuore del massiccio del Col dei Bos e Cima Falzarego, si ergono due bellissime torri, sentinelle accorte sulla strada della Val Costeana. Prima della Grande Guerra tutta la fascia montuosa che si stende fra Forcella Travenànzes (m 2507) e la cupola del Col dei Bos - comprendente anche le torri - si identificava genericamente proprio come Col dei Bos. Le torri, in realtà, sono due guglie potenti, tozzi monoliti, chiamate con tal nome forse perché staccate dalla retrostante muraglia. Sono separate fra di loro da un angusto canale roccioso che origina da un’esile forcella, anch’esse senza nome né quota. Ai piedi delle torri rimane il ricordo dell’Ospizio Vécio che sorgeva a pochi passi dalla “Grande Strada delle Dolomiti”. Infatti nel corso del 1800 era stato costruito un edificio comunale che serviva a dare ricovero ai viandanti. Il passaggio divenne più frequentato quando Cortina, nel 1868, fu sede del più piccolo Capitanato Distrettuale dell’Impero
Austro/Ungarico per i tre comuni di Ampezzo, Colle Santa Lucia e Livinallongo. Pochi anni dopo, sul lato opposto della strada, sorse l’Hotel Falzarego, meta di escursionisti ed alpinisti che in quei tempi - con lo sviluppo delle reti stradali e ferroviarie - arrivavano numerosi. Ma, scoppiata la guerra, il 6 giugno 1915, entrambe le strutture vennero distrutte dagli Austriaci stessi per impedire che gli Italiani se ne servissero come basi di appoggio. Rimase melanconicamente in piedi la scritta “Hotel Falzarego Hospiz - Telegrapen Amt”. Porte, finestre, materassi e tutto ciò che avrebbe potuto essere utile per costruire ed arredare baracche, venne requisito dai soldati italiani che stavano costruendo il villaggio militare di Cima Falzarego, un villaggio del tutto autosufficiente, raggiunto da comode mulattiere, fornito di tutti i servizi necessari per una prima linea, con particolare attenzione al servizio sanitario. La zona è infatti nota come “Ospedaletti”. Oggi rimangono muri sbrecciati, scalcinate e pretenziose scale, strutture forse un po’ troppo ambiziose e ricercate per i tempi che correvano! Il villaggio appare come un “pueblo”, abbarbicato, appeso, scavato nella roccia, ma del tutto al riparo dalle artiglierie austriache. Su tutto spicca la scritta “V°Gruppo Alpino”. Tra caserme, magazzini e lazzaretti, una piccola chiesa di legno, non una chiesa qualsiasi, ma un luogo in cui, fra l’incanto dei Monti, i soldati andavano a deporre le loro speranze prima di andare in battaglia e a parlare di speranza quando ritornavano. Il Natale del 1915 e quello del 1916 furono festeggiati e celebrati qui, sotto un unico cielo ed un unico tetto per Alpini veneti e piemontesi: razze diverse, credi diversi (cattolici e valdesi), ma un’unica grande fede ed un’unica grande speranza: PACE! “PACE” era scritto anche sulla porta d’ingresso del piccolo cimitero allestito poco più sotto di dove sorgeva il vecchio ospizio.
Ma torniamo alle Torri. Forse pochi sanno che la loro storia alpinistica - soprattutto quella della Torre Piccola - iniziò proprio con il Primo Conflitto Mondiale. Infatti, in quel periodo, esse si vennero a trovare sulla linea del fronte italiano nel tratto che da Passo Falzarego tagliava le pendici del Piccolo Lagazuoi e - attraverso Forcella Travenànzes - giungeva al Castelletto. Era settembre 1916 quando fu conquistata la Torre Piccola, torre che - ad ovest - presenta una regolare parete alta un centinaio di metri mentre, sul lato opposto, domina la zona del villaggio. Autore dell’impresa fu il Ten. Gino Carugati, ufficiale esploratore presso il Comando del Settore Val Costeana, lombardo d’origine, fortissimo alpinista, giovanissimo accademico del Club Alpino Italiano che aveva già legato il suo nome a quello di “Némesis”, la gialla parete incombente sulla Val Travenànzes che vegliava rapace l’accesso al Masarè di Fontananegra. L’ufficiale italiano salì lassù alla ricerca del luogo adatto per sistemare un osservatorio dell’artiglieria. Oggi, la via di salita (generalmente utilizzata per i rientri dalle ascensioni più impegnative), è itinerario semplice: non più di tre lunghezze di corda, sicure, divertenti, segnate da bolli rossi che facilitano la ricerca dell’itinerario. Non così facile fu per il Ten. Carugati i cui passi furono ostacolati dal martellamento di una mitragliatrice austriaca annidata sul Piccolo Lagazuoi. Ma riuscì egualmente a salire sull’angusta vetta. Poco lo spazio sotto i piedi, ma infinito il vagare all’intorno dello sguardo che naufraga nel mare morbido del ghiacciaio candido della Marmolada.
Università popolare di Mestre, conferenze La Grande Guerra in montagna


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