Accendere una luce per gli altri

Per sperimentare il mondo di Buddità e attivare la dinamicità della vita che la caratterizza, è necessario sfidarsi affinché l'esistenza di ciascuno si possa spalancare su prospettive e risorse personali nuove. Nichiren spiega che quando si accende una luce per illuminare la strada di un amico, si illumina anche la nostra: ciò vuol dire che quando si sostiene la vita di un'altra persona si sostiene anche la nostra. Non è forse vero che quando ci sforziamo nell'andare a trovare qualcuno per recitare Daimoku insieme a lui, recitiamo anche noi? Non è forse vero che se si vuole incoraggiare qualcuno cercando le parole giuste, il Gosho, la guida di sensei adeguata, approfondiamo anche noi? Se il maestro ha sperimentato per primo che tutto ciò funziona, come si può metterlo in pratica quando crederci sembra impossibile? Josei Toda spiegava che per i comuni mortali è difficile provare compassione ed empatia, ma questa può essere sostituita dal coraggio di credere che se si agisce coerentemente con la Legge mistica e con le parole del maestro, creando valore sia nella nostra vita che in quella degli altri, allora non esiste sofferenza, ostacolo o karma che ci possa impedire di provare gioia in questo preciso istante, in queste stesse circostanze. Nichiren nel Gosho ci dice di non cercare il Gohonzon al di fuori di noi, affermando che non saranno i cambiamenti esterni a determinare l'emergere della Buddità nella nostra vita, poiché questi possono mutare in ogni momento e con essi il nostro stato vitale. Ma se la Buddità emerge dall'interno della vita, attraverso la recitazione del Daimoku, la propria rivoluzione umana e un cuore che si sfida per realizzare la felicità propria e degli altri, allora non esisterà problema, ostacolo o sofferenza che possa far crollare il nostro personale castello di felicità. La Buddità è una condizione naturale per gli esseri viventi, non è necessario cercarla lontano: «Diventare un Budda non è niente di straordinario. Se reciti Nam-myoho-renge-kyo con tutto il cuore sarai naturalmente dotato delle trentadue caratteristiche maggiori e degli ottanta segni minori del Budda» (RSND, 1, 914). Cosa può condurre a questa consapevolezza quando si è sommersi dai dubbi e ci si domanda quale sia il senso di ciò che si vive? Nichiren ha risposto a tali quesiti spiegando che siamo Bodhisattva della Terra e che la nostra missione è dimostrare il potere della Legge mistica. Detto così potrebbe sembrare una cosa complicata e inconciliabile con i mille problemi della vita quotidiana, eppure sono proprio questi che rendono possibile la realizzazione di tale missione. Quando si abbraccia il Gohonzon si decide di condividere il desiderio del maestro di far avanzare il movimento di kosen-rufu trasformando con la pratica buddista ogni ostacolo e sofferenza in occasioni di crescita personale. In un articolo pubblicato nel numero 464 del Nuovo Rinascimento la responsabile europea delle donne e giovani donne Suzanne Pritchard spiega che quando si affronta una difficoltà attraverso il Gohonzon questa consapevolezza comunque non è immediata: si sente il desiderio di sostenere gli altri e condividere la propria lotta quando, alla fine, riemerge la gioia. Allora, raccontando il proprio percorso si capisce che si sta sostenendo chi ci sta vicino proprio come noi siamo stati incoraggiati dall'esperienza e dalle parole di qualcun altro. Il problema dà l'opportunità di sperimentare il Gohonzon e dimostrare che la pratica ha effetto, esattamente come i Bodhisattva della Terra hanno promesso a Shakyamuni sul Picco dell'Aquila durante la Cerimonia nell'aria: il karma diventa missione e le circostanze che si vivono diventano l'opportunità per trasformare la vita e diventare felici. Ma la felicità è l'effetto della trasformazione o ne è la causa? Nelle esperienze che spesso si condividono c'è un elemento comune legato alla realizzazione: quando qualcosa smette di far soffrire, quel qualcosa cambia. Facile da capire, difficile da mettere in pratica, poiché l'oscurità intralcia il percorso travestendosi da illusione, facendo credere che finché non si sarà risolta quella situazione non si potrà godere appieno della propria vita. Per trasformare talvolta è necessario tempo, perché le cose maturino, perché le ferite guariscano, perché si creino le circostanze adeguate, ma «l'inverno si trasforma sempre in primavera» (RSND, 1, 476). Dedicandosi a kosen-rufu la vita progredisce sicuramente: ciò che conta è avanzare ogni giorno seppure di un singolo millimetro. Così la relazione che fa soffrire, il problema sul lavoro, i soldi che non bastano mai, la lotta con la malattia diventano carburante per la pratica, portandoci davanti allo specchio della vita, stimolando lo studio per capire meglio cosa sta succedendo, facendo maturare la consapevolezza che già il fatto di non essersi arresi alle avversità incoraggia gli altri, poiché la vittoria del Budda è proprio questa.
NR 535

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