Valloncello dell’Albero Isolato, San Martino del Carso, Sagrado (GO) il 13 gennaio 1916

Alla mattina del 13 gennaio 1916, il nemico si accorse che noi avevamo preparato le trincee davanti alle loro. 
Verso le ore 8 antimeridiane, il nemico incomincia a bombardare la nostra linea con tiri ben giusti che in quel giorno subimmo perdite, e centinaia dì feriti e morti restavano sparpagliati sul terreno. 
Noi dovettimo mantenere la posizione fino al giorno 22, che alla notte ci levarono da quel punto e ci portarono sopra il Monte San Michele, ad una quota chiamata “l’albero isolato”. 
Il giorno 25, la nostra artiglieria incominciò a bombardare le linee nemiche con qualsiasi calibro.
A mezzogiorno venne in linea un reparto scudieri, carichi di scudi e tubi di gelatina per far saltare in aria i reticolati nemici; ma era di giorno e gli Austriaci vedevano tutti i movimenti che noi facevamo, e i poveri scudieri nostri, appena uscivano dalle nostre linee, rimanevano o feriti o morti. Nessuno dei nostri potè arrivare ai reticolati.
Verso le ore 2 pomeridiane, il Generale Rocca, comandante la “Brigata Ferrara”, cioè il 47° e il 48° Reggimento, diede l’ordine di andare all’assalto alla XV e alla XVI Compagnia del 47° Reggimento. I Comandanti di queste due Compagnie, appena furono pronti, andarono all’assalto. Come uscirono i nostri soldati, gli Austriaci si alzarono dritti sulle loro trincee e cominciarono ad aprire una accanitissima fucileria sui nostri soldati. Una buona quantità dei nostri arrivarono ai reticolati nemici e, trovandoli intatti, dovettero fermarsi e per questo ebbero la peggio. Immagina quanti morti e feriti restarono sul campo! Non si sentiva altro che grida, lamenti. Li vedevi che negli ultimi momenti della loro esistenza, della loro vita preziosa, rivolgevano l’ultimo a Dio ai loro cari genitori e spose.
Il Signor Generale Rocca, veduto che ogni nostro tentativo era spargimento di sangue, allora diede ordine di star fermi e mantenere intatta la nostra linea, e quelli che si trovavano fuori dalla nostra linea di far ritorno.
Già come incominciò ad imbrunire, rientrarono i nostri soldati che erano usciti fuori per andare all’assalto e per l’attività del nemico non potettero ritirarsi prima, ma, fino alla mattina appresso, ancora rientravano tutti quei che erano feriti gravemente, e tanti altri restarono morti, senza poterli riprendere causa dell’attività del nemico.
Proprio quel giorno fu ferito un mio paesano, che si chiamava Giuseppe Damiano: ferito alla testa da un colpo di pietra.
Dopo tanti disagi e sofferenze e spargimenti di sangue, finalmente ebbero compassione a mandarci un po’ in riposo, e per riorganizzare le Compagnie che avevano subito delle perdite.
Il giorno 5 febbraio 1916, avemmo il cambio dal 19° e dal 20° Reggimento Fanteria.
Dal diario di Antonio Santo Quintino Preite militare, 47° reggimento fanteria, brigata Ferrara, Caporale, poi sergente

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