Pasubio 1915-1918
Il
massiccio montuoso che ha come nucleo centrale il Pasubio (cima Palon
mt.2236), è circoscritto da tre valli - Vallarsa, Terragnolo, Posina
- e si innalza dalla pianura veneta appena oltre Schio per degradare
tra le prime case di Rovereto.
Del
massiccio fanno parte anche il monte Corno – dove fu catturato
Cesare Battisti – il Col Santo, i Forni Alti, il Cogolo, il Novegno
ed i famosi Denti, uno italiano e l’altro austriaco.
Il
24 maggio 1915 gli alpini del battaglione Vicenza salirono
rapidamente ad occupare il Pasubio, seguiti dai fanti della Brigata
Roma; nei giorni seguenti, ricevuti rinforzi, l’occupazione
italiana proseguì sino ad incontrare la linea di resistenza
austriaca, distesa tra il Col Santo, il monte Spil ed il monte Testo.
Poiché il massiccio del Pasubio era la punta del cosiddetto
“saliente trentino”, quel territorio del Regno d’Austria che si
insinuava come un cuneo nella pianura veneta italiana, il nostro
esercito mantenne un prudente atteggiamento offensivo per tutto il
1915 preoccupato di evitare che un eventuale sfondamento austriaco
mettesse in crisi tutta la linea del fronte lungo il fiume Isonzo. La
guerra la fecero le pattuglie notturne, i cecchini, l’artiglieria
che batteva le posizioni avversarie.
A novembre 1915 la
linea del fronte era tra le prime case di Rovereto e tutto il Pasubio
si trovava in mano italiana, tanto da essere considerato quasi una
retrovia e scarsamente presidiato. Venne l’inverno e fu necessario
scavare caverne per gli uomini ed il materiale, le teleferiche
portarono su dalla valle i rifornimenti, mentre al ritorno nei
carrelli trovavano posto i morti, i feriti, gli ammalati. In aprile
del 1916, con le nevi ancora alte sui monti, due armate austriache
distese tra Rovereto e la Val Sugana si prepararono per tentare lo
sfondamento. Comandante della 1° armata italiana era nel 1915 il
generale Roberto Brusati, che fu silurato da Cadorna ai primi di
maggio del 1916 per non aver ottemperato agli ordini del Comando
Supremo di mantenersi in Altipiano d’Asiago sulla difensiva.
A
sostituirlo venne chiamato il generale Guglielmo Pecori Giraldi.
All’alba del 15 maggio 1916 l’artiglieria austriaca aprì un
fuoco devastatore sulla fronte italiana da Rovereto al passo di
Vezzena, dove la strada lascia l’Altipiano d’Asiago e scende
ripida in tornanti verso la Val Sugana.
L’ordine per le
fanterie della 59° divisione imperiale e regia era semplice:
occupare tutto il massiccio del Pasubio, scendere al passo Pian delle
Fugazze e puntare su Schio. Il 18 maggio cadde in mano nemica il Col
Santo, abbandonato da due battaglioni di milizia territoriale
minacciati di aggiramento; il 19 la situazione in Pasubio divenne
critica, e solo l’intervento dei fanti della Brigata Volturno e
degli alpini del monte Suello ristabilì in parte una linea
difensiva. I combattimenti continuarono accaniti fino al giorno 24,
poi la spinta austriaca perse vigore fino ad arrestarsi.
Il 2
luglio riprese l’attacco nemico; la linea italiana ondeggiò e
cedette in alcuni punti, venne approntata una ultima difesa con i
cuochi, scritturali, piantoni. L’arrivo dei rinforzi permise di
arrestare l’offensiva, tuttavia le truppe italiane si trovarono sul
ciglio estremo del Pasubio. La controffensiva fu lanciata già nelle
prime settimane di luglio; i combattimenti sul monte Corno da parte
del battaglione alpino Vicenza costarono la cattura il giorno 10 del
tenente Cesare Battisti e del sottotenente Fabio Filzi, impiccati
dopo sommario processo il 12 luglio a Trento.
Da settembre ad
ottobre del 1916 varie offensive furono lanciate dall’esercito
italiano per conquistare il Dente austriaco, chiave di volta dello
schieramento difensivo avversario. Il 9 ottobre il successo parve
arridere alle armi italiane, bersaglieri ed alpini penetrarono in
profondità sul Dente nemico; nel pomeriggio il contrattacco riportò
la situazione come prima.
Ancora
il 18 ottobre i fanti della Brigata Liguria e gli alpini del
battaglione Aosta riconquistarono le trincee sommitali del Dente
austriaco, poi dalle caverne e gallerie nelle viscere della montagna,
emersero i difensori e fu lotta di uomo contro uomo: la sera il Dente
ritornò in mano austriaca. Vista l’impossibilità di conquistare e
mantenere posizioni avversarie, entrambi gli schieramenti iniziarono
a scavare gallerie e caverne, il 1917 sarà caratterizzato dalla
guerra delle mine e da imponenti lavori nelle retrovie. Venne
costruita la strada delle Piccole Dolomiti da Recoaro a Pian delle
Fugazze con rami verso lo Xomo e gli Scarubi, lunga 42 km. Un
acquedotto da Malga Buse portava l’acqua sul Pasubio, e fu
approntata la famosa strada delle 52 gallerie tra febbraio e luglio
del 1917.
La guerra non fu dimenticata e tra aprile del
1917 e marzo del 1918 ben nove mine (4 italiane e 5 austriache)
squarciarono il massiccio del Pasubio, uccidendo e mutilando, senza
modificare il sistema difensivo dei contendenti.
La più potente
di tutta la guerra fu la mina austriaca del 13 marzo 1918, preparata
con 50.000 kg di alto esplosivo, che fece franare completamente la
testa del Dente italiano seppellendo sotto tonnellate di roccia le
nostre posizioni avanzate L’ultima offensiva austriaca del giugno
1917, lanciata dal Grappa all’Adriatico (Battaglia del Solstizio),
non ebbe che modesto riflesso sul Pasubio, data l’impossibilità di
muovere masse di soldati all’assalto contro le munitissime
posizioni italiane scavate nella roccia viva.
Tra il 10 e l’11
maggio del 1918 i reparti d’assalto ed i fanti della Brigata Murge
balzarono all’attacco dalle trincee italiane del monte Corno, le
stesse del luglio 1916; la sorpresa riuscì e tutto il monte Corno
passò sotto il controllo italiano. Ma non era finita.
L’1
novembre 1918, quando ormai la guerra era praticamente finita (il 26
ottobre l’imperatore Carlo I° aveva telegrafato a Guglielmo II°
imperatore di Germania, che l’Austria non era più in grado
continuare la guerra), fedeli al dovere ed alla parola data, i
Kaiserjaeger attaccarono sul Corno riuscendo quasi ad arrivare sulla
cima; a sera vennero ricacciati nelle loro trincee di partenza.
Il 3
novembre 1918 a Villa Giusti fu firmato l’armistizio che entrò in
vigore il giorno 4. La guerra era vinta. Il Pasubio non fu mai
conquistato. In uno dei tanti cimiteri di guerra una scritta
recitava: “Di qui non si passa”. Il generale Pecori Giraldi
riposa assieme ai morti del Pasubio nel Sacrario militare di Pian
delle Fugazze.
Bibliografia:
Sui campi di battaglia, il Trentino, il Pasubio, gli Altipiani,
Milano, Consociazione Turistica Italiana, 1940; Mariano de Peron, La
Battaglia di Passo Xomo, Thiene, Studio Immagine srl, 2006; Bepi
Magrin, Il Pasubio e i suoi Alpini, Vicenza, tip. Rumor, 2006
Corso
di storia Contemporanea – Università Popolare di Mestre,
doc. Fusaro Franco
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