L'influenza del karma

Subire o scegliere?
Dal punto di vista del voto, possiamo vedere il karma sotto una nuova luce: le nostre difficoltà non ci appaiono più come l'effetto di azioni negative commesse in passato quanto piuttosto come sofferenze con cui abbiamo desiderato rinascere per adempiere alla nostra missione. Questo principio, spiegato nel decimo capitolo del Sutra del Loto ("Il maestro della Legge") è conosciuto come "assumere volontariamente il karma appropriato". «Aspetta un momento - obietterà qualcuno -, stai forse dicendo che sono stato io a desiderare tutti questi guai?». 
È un'esperienza comune a molti membri aver lottato per trasformare circostanze molto dure, per poi scoprire che grazie alla loro vittoria sono stati capaci di incoraggiare tanti altri in situazioni analoghe trasmettendo loro convinzione nella fede. Ognuno di noi è stato incoraggiato da testimonianze che mostrano l'infinito potere del Gohonzon e della natura umana. 
In definitiva, potremmo definire la Buddità come quello stato vitale nel quale il senso di missione, o voto, è talmente radicato nella vita che qualunque difficoltà viene percepita non tanto come una sofferenza o come l'inevitabile manifestazione del karma, quanto come un'occasione per creare valore basandosi sulla Legge. 
Per coloro che vivono questa missione non esiste più il karma, ma solo opportunità per creare continuamente valore in qualunque circostanza. Come sempre, comunque, non c'è un "punto di non ritorno". È del tutto normale vivere con un profondo senso di missione e sperimentare lo stato di Budda di assoluta libertà e poi, dopo poco, rendersi conto di essersene allontanati e percepire di nuovo la vita come sofferenza derivante dal karma. 
A questo punto sorge spontanea la domanda: «Ma il principio di assumere volontariamente il karma appropriato esprime una realtà della vita o è una sorta di pensiero positivo per aiutarsi a superare un momento difficile?». 
Per rispondere proviamo a ripercorrere la successione degli eventi. Prima fase: abbiamo un problema che ci spinge a pregare con forza. Tirando fuori la Buddità siamo in grado di agire in maniera illuminata per superare quella difficoltà. Seconda fase: forti di questa esperienza acquisiamo un senso di missione per condurre alla felicità tutti coloro che stanno vivendo la stessa difficoltà. Terza fase: cominciamo a vedere quella difficoltà iniziale come parte della missione del bodhisattva che noi stessi abbiamo scelto per cambiare la società e far progredire kosen-rufu. Questa consapevolezza altro non è, in realtà, che vivere il principio di assumere volontariamente il karma appropriato. Questa risposta può risultare singolare per noi occidentali, abituati a vedere la realtà come o bianca o nera. In realtà la risposta, alla luce del Buddismo, ci fa comprendere che è il nostro stato vitale ad aprirci una nuova prospettiva e un diverso approccio alla vita.
Scrive Nichiren Daishonin: «La legge del Budda riguarda principalmente la vittoria o la sconfitta» (RSND, 1, 741).
 Come ha spiegato il presidente Ikeda, vincere significa diventare un Budda mentre perdere vuol dire rimanere un comune mortale. 
La vittoria si realizza in ogni istante, si trova nella determinazione di ogni singolo momento: «Indipendentemente da quello che accade sulla superficie della mia vita, io realizzerò la mia missione di Bodhisattva della Terra».
 Allora, saremo in grado sicuramente di vivere il karma come missione e arricchire la vita, nostra e degli altri. 
«È colpa mia, è il mio karma o è la mia missione?». 
La risposta la scegliamo noi.
Tratto da: Art of Living (Suzanne Pritchard)

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