Le donne dell'antichita': Clodia Pulcra e il prezzo di essere libera

Tra le grandi figure femminili dell’antica Roma, ce n’è una un po’ particolare, di cui conosciamo poche notizie e quasi tutte da parte di uomini che avevano più di un motivo per odiarla: Clodia Pulcra.Clodia nasce nel 94 a.c. come Claudia Pulcra, il nome Clodia lo sceglie proprio lei: si tratta infatti di una storpiatura popolare di Claudia e la donna lo adotta per assecondare le smanie populiste del fratello Clodio, con cui ha un forte legame. Troppo forte, secondo alcune voci.
Clodia passa alla storia come la “Lesbia” del poeta Catullo. Non ci sono prove certe che la donna “amata e odiata” dal poeta sia lei – alcuni ipotizzano fosse una delle sorelle – ma la cosa pare molto attendibile. La nostra protagonista di oggi, appare evidente, ha il destino segnato da una iattura che all’epoca perseguita le donne: gli uomini.
Il primo a esercitare la sua nefasta influenza è proprio il fratello, Clodio.
Giovane di grande bellezza, seconda solo alla sua sfrenata ambizione, Clodio ha una tale brama di potere da portare avanti la sua carriera politica con grande disinvoltura. Secondo alcuni non esita a servirsi delle grazie della sorella – anche lei, pare, bellissima – pur di arrivare dove vuole.
Clodio si inimica Cicerone, potente oratore e politico, all’inizio buon amico di Clodia stessa. La donna, va detto, vive la parabola della matrona romana con uno spirito piuttosto libero e disinibito. Siamo al tramonto della Repubblica e – se la matrona idealizzata è ancora quella proba che non si muove da casa e apre la bocca il meno possibile – sono ancora lontani i tempi del moralismo di Augusto.
Clodia si trova così nella situazione di essere ricchissima (grazie al matrimonio con Metello Celere), bella e intelligente. E allora, ecco emergere la figura femminile tanto odiata all’epoca, e spesso ancora oggi: quella di una donna che sceglie a chi concedersi, che accoglie nel proprio salotto i potenti del tempo e che, in poche parole, si autodetermina.
Catullo, toy-boy di Clodia per una breve stagione, non si rassegna al fatto che la donna non lo voglia come unico amante e le dedica poesie di grande ispirazione, ma sconfinanti – con gli occhi di oggi – nell’ossessione. C’è tutto il repertorio dell’amore tossico, dall’odio e amore a un atteggiamento passivo-aggressivo verso una donna che, lungi dall’avergli promesso più di quanto volesse dargli, il poeta ritiene di suo possesso. Un carme che colpisce per la sua violenza vendicativa è il 74, che qui non posso riportare altrimenti l’algoritmo si imbizzarrisce (giustamente), il cui succo è il più classico: non mi vuole più quindi è una donnaccia. 
Vi lascio invece un classico:
"𝑂𝑑𝑖𝑜 𝑒 𝑎𝑚𝑜. 𝐹𝑜𝑟𝑠𝑒 𝑐ℎ𝑖𝑒𝑑𝑒𝑟𝑎𝑖 𝑐𝑜𝑚𝑒 𝑠𝑖𝑎 𝑝𝑜𝑠𝑠𝑖𝑏𝑖𝑙𝑒; / 𝑛𝑜𝑛 𝑠𝑜, 𝑚𝑎 𝑒̀ 𝑝𝑟𝑜𝑝𝑟𝑖𝑜 𝑐𝑜𝑠𝑖̀ 𝑒 𝑚𝑖 𝑡𝑜𝑟𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜"
Ancora peggio fa Cicerone, ex amico che se ne serve per vendicarsi di Clodio, l’uomo che lo fa cacciare da Roma, lo manda in esilio e gli distrugge immagine e possedimenti in città. Cicerone si rimette la toga sulle spalle per difendere Marco Celio Rufo dalla grave accusa di violenza politica. Rufo è un ex allievo e amico di Cicerone, con cui i rapporti si sono rovinati.
E allora perché l’oratore accetta di difenderlo? Semplice, il castello accusatorio contro Rufo si regge sulla testimonianza di Clodia – che lo annovera tra i suoi amanti – offrendo a Cicerone l’occasione di rifarsi sul fratello sacrificando la reputazione della donna. Nella celebre “Pro Caelio”, ricorrendo a uno stratagemma che oggi sarebbe archiviato come “Fallacia dell’argomento fantoccio”, Cicerone punta tutto sullo screditare la figura di Clodia, che viene fatta passare né più né meno che come una donna immorale, pronta a pr*stituirsi con diversi uomini, talmente sregolata da avere rapporti con il suo stesso fratello.
Ovviamente sono accuse che Cicerone non prova e che in ogni caso attengono alla sfera personale di Clodia. Soprattutto, però, non è la donna a essere sotto processo ma come spesso accade finisce per esserlo più di Rufo, l’accusato. Morale della favola, Rufo è assolto benché probabilmente colpevole, Clodia è condannata a sparire dalla vita pubblica di Roma. Una favola che le donne ben conoscono da sempre.
Di Clodia non sappiamo più nulla, nemmeno quando muore e come.
Tanta acredine maschile, però, ci fa immaginare la realtà dietro la figura della donna di dubbia moralità dipinta da secoli di cultura patriarcale: Clodia, con ogni probabilità, era semplicemente una donna libera. E questo era un peccato che allora a una donna non poteva essere perdonato.
Viene da chiedersi quanto le cose siano  

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