In quale luogo avvenne davvero la disfatta delle Forche Caudine?
Nell'anno 321 a.C., durante il secondo conflitto sannitico, i Romani vissero uno dei momenti più umilianti della loro storia. Circondati dai Sanniti, guidati dal fiero Ponzio, furono costretti a piegarsi e passare sotto un giogo di lance: il simbolo eterno della resa e della disfatta.
Ma dove avvenne questo dramma? La storiografia, attraverso secoli di dibattiti, non ha mai trovato una risposta definitiva, lasciando che varie ipotesi si contendano l’onore di essere il teatro delle Forche Caudine.
LA TEORIA DELLA VALLE DI ARIENZO
La teoria più accreditata fra gli storici colloca le Forche Caudine in una vallata racchiusa tra le località di Arienzo, Forchia ed Arpaia, lungo il tracciato dell'antica Via Appia. La stretta di Arpaia, con il monte Tairano a guardia di uno degli accessi, sembra calzare con le descrizioni di Livio. Questa valle era strategicamente cruciale, essendo un passaggio obbligato fra Calatia e Caudium, l'accampamento sannita.
Già nel XV secolo, Flavio Biondo suggerì questa ipotesi, seguita poi da studiosi come Francesco Daniele e Johannes Kromayer. Resti di acquedotti romani e testimonianze di antiche paludi rafforzano la credibilità di questa versione, benché non siano mancati i detrattori. Alcuni contestano la scarsità di acqua e la modesta ampiezza della valle, ritenendo difficile immaginare l'accerchiamento di due legioni romane, il cui numero viene stimato tra i 12.000 e i 36.000 soldati.
Anche le dispute locali non si sono fatte attendere. Forchia e Arpaia, convinte di essere il vero luogo dell’evento, si sono a lungo scontrate su chi avesse diritto a rappresentare il giogo nell’araldica municipale. Alla fine, Forchia ha prevalso, adottando la scena come simbolo del suo stemma.
LA TEORIA DELLA VALLE CAUDINA
Un’altra teoria suggerisce che il luogo della sconfitta sia la più vasta Valle Caudina, dominata dal monte Taburno e attraversata dal fiume Isclero. La maggiore ampiezza della valle avrebbe permesso alle legioni romane di marciare agevolmente, anche se questo contrasterebbe con il racconto di Livio, secondo il quale i Romani non ebbero spazio sufficiente per combattere.
Luca Olstenio, Nicolò Lettieri e lo storico tedesco Theodor Mommsen sostennero questa ipotesi. Bisogna però considerare che l’esistenza di numerose vie d’uscita nella valle suscita dubbi: Livio parlava di un accerchiamento totale, e le gole che chiudono questa pianura non sono abbastanza anguste per impedire una ritirata.
L'IPOTESI DELLA GOLA DELL'ISCLERO
La gola scavata dal fiume Isclero, vicino a Sant'Agata de' Goti, fu proposta come luogo dell’agguato dal geografo Filippo Cluverio. Tuttavia, già nel XVII secolo, studiosi come Olstenio e Mommsen ne confutarono la teoria. I ritrovamenti archeologici a Saticula, vicino alla gola, dimostrarono che i Romani avrebbero evitato un passaggio così pericolosamente vicino a una fortezza sannitica.
Le difficoltà logistiche sono evidenti: lo spazio limitato non avrebbe consentito di allestire un accampamento per migliaia di soldati, e il percorso non sembrava compatibile con l’itinerario descritto dalle fonti romane.
LA TEORIA DELLA PIANA DI PRATA
Nell’Ottocento, prese piede un'altra ipotesi: la Piana di Prata, un altopiano tra le cime del Taburno Camposauro. Nel 1949, Michele Di Cerbo, un maggiore dell’esercito italiano, concluse che le gole che conducono alla Piana corrispondessero a quelle delle Forche. Le sue osservazioni vennero approfondite da Massimo Cavalluzzo e Flavio Russo, che evidenziarono la presenza di resti di fortificazioni sannitiche e armi antiche.
Le strettoie della Piana, secondo loro, si sarebbero prestate perfettamente a bloccare il passaggio delle legioni romane.
Nonostante la validità di questa ricostruzione, molti critici dubitano che i Romani avrebbero scelto di scalare un percorso così impervio come quello di Frasso Telesino. Nonostante questo, il comune di Cautano, orgoglioso di questa teoria, si è proclamato "luogo delle Forche Caudine" attraverso la segnaletica locale.
Oltre duemila anni dopo l’evento, la vera ubicazione delle Forche Caudine rimane avvolta nel mistero. Le fonti letterarie e le evidenze archeologiche forniscono indizi frammentari, dando vita a teorie che si scontrano con passione accademica e rivalità municipali.
Ogni luogo racconta la propria verità, cercando di custodire l’eco di una sconfitta che segnò per sempre l’orgoglio di Roma.
Commenti
Posta un commento