24 ottobre 1918 l'ultima offensiva
L'inizio
della "grande
offensiva" fu
deciso per l'alba del 24 ottobre con l'attacco della IV Armata nella
regione del Grappa, attacco che doveva essere effettuato con il
concorso dell'ala sinistra della XII Armata (I Corpo del gen. ETNA) e
con l'appoggio dell'artiglieria della VI Armata, la quale, a scopo
diversivo, doveva a sua volta eseguire colpi di mano su tutto il
proprio fronte, mentre la X avrebbe occupato le Grave di
Papadopoli.
La IV Armata era composta del IX Corpo (ton. gen. DE
BONO: divisioni 17a, 12a e 18a) schierate a sinistra, del VI Corpo
(ton. gen. LOMBARDI: divisioni 22a e 59a) al centro e del XXX Corpo
(ton. gen. MONTANARI: divisioni 47a, 80a, 50a e 153a) a destra.
A
tutte queste truppe il generale GIARDINO lanciò, la vigilia, il
proclama seguente:
"È l'ora della riscossa. È l'ora
nostra. I fratelli schiavi aspettano i soldatini del Grappa
liberatori! Chi di voi non si sente bruciare di furia e d'amore? Il
nemico traballa. È il momento di dargli il tracollo che può essere
l'ultimo se glielo date secco. Ognuno di voi valga per dieci e per
cento. Il vostro Generale sa che varrete per dieci e per cento.
L'Italia vi guarda ed aspetta da ciascuno di voi la liberazione e la
vittoria. Soldati miei, avanti!"
"Fra
il Brenta e il Piave - scrive
nella sua, relazione il Comando Supremo -
il nostro fuoco d'artiglieria iniziò alle ore 3 del 24 ottobre. Alle
7,15 le fanterie mossero all'attacco. Una fitta nebbia, trasformatasi
poi in pioggia dirotta, venne presto a limitare l'efficacia delle
opposte artiglieria, ma non impedì la lotta vicina delle fanterie o
delle mitragliatrici che assunse subito carattere di grande
accanimento.
L'Asolone,
occupato di slancio, dovette essere abbandonato sotto una tempesta di
fuoco di mitragliatrici incavernate e sotto la pressione di violenti
contrattacchi. La brigata Pesaro (239° e 240°) conquistò il
Pertica e il XXIII Reparto d'Assalto ed altri elementi s'impadronì
di quota 1484 di M. Prassolan; ma flagellati e decimati dal fuoco
avversario, furono anch'essi costretti a ripiegare a ridosso delle
posizioni raggiunte, dove resistettero fortemente, annidati nelle
buche dei proiettili. La brigata " Lombardia "
(73° e 74°) attanagliò con le sue colonne d'attacco le vette dei
Solaroli e occupò quelli di quota 1671. La brigata " Aosta "
(5° e 6°) strappò al nemico in aspra lotta il Valderoa, catturando
i resti del presidio. Vano fu l'attacco allo Spinoncia, che svelava
mitragliatrici in ogni roccia e opponeva ai nostri l'ostacolo di
pareti quasi a picco. Più ad oriente il 2° battaglione del 96°
fanteria (brigata " Udine ")
con ardite puntate s'impadroniva del Col di Vajal e iniziava la
scalata di Punta dello Zoc. L'ala sinistra della XII Armata,
appoggiando l'azione della IV, scese dal Monte Tomba e dal Monfenera
nella conca di Alano e riuscì a stabilirsi sulla sponda nord del
torrente Ornic.
"
Nelle sanguinose azioni furono catturati 1300 prigionieri e numerose
mitragliatrici. Nel tempo stesso pattuglie d'Assalto della 1a Armata
in Val d'Astico e sul ciglione sud di Val d'Assa, speciali colonne
d'attacco della VI Armata sull'Altopiano d'Asiago irrompevano nei
posti avanzati del Redentoro (Val d'Astico) e di Cima Tre Pezzi -Val
d'Assa), nei trinceramenti di Canove, del Sisemol, di Stenfle e del
Cornove allo scopo di allarmare l'avversario e di impegnarlo in quei
settori impedendogli di spostar forze verso la regione del Grappa, e,
dopo mischie violente, ne riportavano prigionieri. Il Sisemol,
spazzato da una colonna francese che catturò l'intero presidio, fu
mantenuto per l'intera giornata allo scopo di accentuare l'azione
dimostrativa. La resistenza accanita incontrata nella regione del
Grappa non fece mutare i propositi del Comando Supremo, che ordinò
di insistervi per fiaccare la resistenza del nemico ed assorbirne le
riserve; intanto l'attacco in forze del medio Piave, stabilito per la
notte sul 25, doveva ancora per le avverse condizioni atmosferiche
nuovamente sopravvenute, essere differito di qualche giorno. Le acque
del fiume, gonfio nei giorni precedenti, erano venute lentamente
decrescendo, tanto che nelle prime ore del 24, truppe delle XII
Armata, britanniche ed italiane, erano riuscite, secondo gli ordini,
ad occupare, nella regione delle Grave di Papadopoli, le isole di
Cosenza, Lido, Grave e Caserta. Ma poco dopo, nello stesso giorno,
scatenatasi repentinamente una violentissima pioggia nella zona
montana e nella pianura, si manifestava un nuovo aumento, tanto che
nella zona stabilita per la gettata dei ponti tra Pederobba e
Sant'Andrea di Barbarana, anche nei punti di minor profondità, ai
guadi, il livello dell'acqua era salito fino ad 1.55 e la velocità
della corrente superava in più punti i tre metri al secondo; per
altro le osservazioni precedenti facevano prevedere che questa fase
di aumento sarebbe stata di breve durata.
"
Fu perciò deciso di rimandare il passaggio del fiume alla sera del
26, e nell'attesa si continuò col massimo vigore, l'azione
preparatoria".
"Il
25 da una parte la X Armata consolidava il possesso della Grave,
dall'altra la IV, rinnovata l'azione dell'artiglieria, continuava la
sua offensiva concentrando gli sforzi sui punti che il nemico
difendeva con maggiore accanimento: Col della Berretta, Pertica,
Asolone, Solarolo, Valderoa.
Il IX Reparto d'Assalto, scattando
irresistibilmente dall'Asolone, travolse le linee nemiche,
conquistando con la 3a compagnia la quota 1486 e con altre due
giungendo di slancio sul Col della Berretta. Circa 800 nemici, di cui
tre battaglioni bosniaci, furono catturati; il 44° reparto d'assalto
ungherese distrutto. Parte degli avversari fu inseguita fino a Col
Bonato, parte incalzata in fondo di Val delle Sabine. Il nemico,
riavutosi dalla sorpresa, contrattaccò con forze schiaccianti da
ogni parte gli arditi, i quali, dopo una mischia feroce, riuscirono a
rompere il cerchio che li stringeva e a rientrare nelle linee. Il
XVIII reparto d'assalto ed elementi della brigata Pesaro (239°,
240°, dopo sei ore di accanita lotta, che costò loro gravi perdite
ma assai più gravi al nemico, si affermarono sul Pertica, catturando
i superstiti difensori e una quarantina di mitragliatrici" .
"La
brigata " Bologna "
(39°, 40°) - citiamo
sempre la relazione -
espugnò monte Forcelletta e si portò sotto la vetta del Col del Cuc
prendendo prigionieri e materiali. Fanti della brigata " Lombardia "
(73° e 74°) e alpini dei battaglioni " Val
Cordevole "
e " Levanna "
rinnovarono assalti su assalti contro le vette nude e tormentate del
Solarolo, senza riuscire a conquistarne il possesso. Oltre 1400
prigionieri furono catturati nella dura giornata. Lotta disperata su
tutto il fronte, ma non vana: oltre ad aver perduto posizioni di
capitale importanza (M. Pertica e M. Forcelletta), il nemico,
profondamente scosso dalla potenza e dalla violenza degli attacchi,
sentendo acuirsi il pericolo dello sfondamento verso la conca di
Feltre, impegnava nella difesa della regione del Grappa non solo le
sue riserve immediate, ma anche quelle che teneva nelle retrovie del
Feltrino e del Bellunese. Veniva così a privarsi delle forze che a
noi premeva appunto fossero neutralizzate, per impedirne lo
spostamento verso il fronte della nostra VIII Armata.
"Nella
giornata del 26, la battaglia sul Grappa proseguì serrata, accanita,
con fluttuazioni continue; 1200 prigionieri furono catturati. Due
delle divisioni di riserva e le artiglierie di una terza incalzavano
il fronte del nemico, il quale aveva così in linea, fra Brenta e
Piave, 9 divisioni contro le 7 italiane che assalivano e che
proseguivano instancabili la loro durissima azione di logoramento".
"Migliorate
le condizioni atmosferiche e diminuita la violenza della corrente, la
sera del 26 furono cominciati i lavori per la gettata dei ponti
attraverso il Piave che dovevano essere undici: uno a Molinello
(Pederobba) sul fronte della XII Armata, 7 tra Fontana del Buoro
(Montello) e i Ponti della Priula (sulla fronte dell'VIII), 3 alle
Grave di Papadopoli, sulla fronte della X. Nel settore che doveva
essere sfondato e precisamente sulla fronte dell'VIII Armata, tra
Vidor e Nervesa, il compito della rottura era stato affidato al Corpo
d'Armata d'Assalto, organismo formidabile comandato dal generale
GRAZIOLI, ch'era composto della la Divisione d'Assalto del generale
ZOPPI e della 2a Divisione d'Assalto del generale DE MARCHI. Ma
quest'ultima divisione non poté passare il fiume non essendo stato
possibile gettare il ponte presso Nervesa. Questo non fu il solo
ponte che non si riuscì a gettare; altri cinque, tra i sette su cui
dovevano passare gli arditi non si poterono gettare per la violenza
della corrente e il tiro aggiustato dell'artiglieria nemica, cosicché
solo su sei si effettuò il passaggio delle truppe, quello di
Molinello, due tra Fontana del Buoro e Falzè e i tre delle Grave di
Popadopoli. I primi a passare su barconi, furono le Fiamme Nere del
XII Reparto d'Assalto; seguì poi tutta la 1a Divisione d'Assalto.
"All'alba
del 27 le truppe passate sulla sinistra del Piave, dopo avere prese
d'assalto le prime difese nemiche, formavano tre teste di ponte. La
prima, nei pressi di Valdobbiadene, era tenuta da 3 battaglioni del
107 fanteria francese, da 3 battaglioni alpini italiani e da un
reggimento della brigata " Campania ".
Questo apparteneva al XXVII Corpo dell'VIII Armata; gli altri 6
battaglioni francesi e italiani appartenevano alla XII Armata. Tutte
queste truppe, sempre combattendo, raggiunsero verso sera la linea
Osteria Nuova-S. Vito-Madonna di Caravaggio-Funer-Cà Settolo. La
seconda testa di ponte, nella piana di Sernaglia, era costituita da
truppe della VIII Armata: a sinistra la brigata " Cuneo "
(7° e 8°) e altri elementi del XXVII Corpo, al centro la maggior
parte della 57a divisione, a destra la 1a Divisione d'Assalto e il
LXXII Reparto d'Assalto del XII Corpo.
"Prima
a passare fu la 1a Divisione d'Assalto, che con impeto occupò la
Linea dei Molini, Moriago, Mosnigo, Fontigo e Sernaglia. Mentre gli
Arditi si battevano e avanzavano e lo stesso facevano alla sinistra
le altre truppe, la corrente impetuosa e le artiglierie avversarie
spezzavano e travolgevano i ponti, mettendo le truppe passate in
difficilissima condizione. Malgrado ciò l'azione offensiva fu
proseguita. Attaccando risolutamente in direzione nord ed est gli
arditi occuparono Falzè, Case Moro e Chiesuola, respingendo numerosi
contrattacchi ed ostacolati da centinaia di mitragliatrici nemiche.
Parecchie migliaia furono i prigionieri catturati. A metà della
giornata un tentativo d'attacco in forze che doveva, partendo da Case
Moro, tagliare in due lo schieramento del 3° Gruppo d'Assalto fu
sventato da una piccola schiera del XX Reparto d'Assalto, che catturò
la colonna avversaria.
"
Nel pomeriggio gli attacchi nemici si fecero violentissimi. Il LXXII
Reparto, attaccato presso C. Mira e Boaria del Magazzeno da forze tre
volte superiori, le respinse, le contrattaccò, le avvolse, le
catturò. Il 3° Gruppo d'Assalto, rimasto scoperto al fianco
sinistro e minacciato d'aggiramento; ripiegò leggermente solo per
ubbidire ai comandi superiori; le batterie della I Divisione
d'Assalto si comportarono eroicamente nei momenti più critici; molti
prigionieri nemici, riarmatisi con le armi disseminate sul campo di
battaglia, attaccarono alle spalle gli arditi, che, rivoltatisi, ne
fecero un macello. La notte, arditi e fanti della brigata " Pisa "
repinsero forti contrattacchi sulla linea presso la Sernaglia. La
terza testa di ponte fu formata dalle truppe della X Armata, che,
passato il fiume, dilagarono nella pianura di Cimadolmo.
Aspri
contrasti dovettero sostenere l'XI Corpo d'Armata italiano (ala
destra della X) e il XIV Corpo britannico (ala sinistra): il primo,
contrattaccato verso sera violentemente, ripiegò lievemente, il
secondo, occupato Borgo Malanotte, fu costretto ad abbandonarlo dalla
violenza dei contrattacchi avversari, ma poco dopo tornò a
rioccuparlo. Sul fronte della X furono, nella giornata del 27,
catturati 5600 prigionieri e 24 cannoni".
"
La notte del 28 si lavorò senza posa a riattivare i ponti interrotti
lottando contro tutte le difficoltà create dalla pioggia, che
aumentava il volume e la velocità delle acque, e dal nemico che
aveva intensificato il fuoco delle proprie artiglierie ed il tiro con
proietti a gas ed iprite. Anche in questa seconda notte l'VIII Corpo
d'Armata non riuscì a gettare alcun ponte sul suo fronte tra Falzè
e Nervesa. Veniva così a prodursi una vasta soluzione di continuità
oltre il fiume fra le truppe dell'VIII Armata e quelle della X. Per
colmarla e per agevolare il passaggio dell'VIII Corpo, al quale era
affidata l'azione risolutiva su Vittorio, il Comando dell'VIII Armata
aveva disposto che altro Corpo di Armata, il XVIII, della propria
riserva, passasse il Piave sui ponti della X Armata, per operare
nella giornata del 28 dal fianco sinistro di questa in direzione
sudnord, puntando su Conegliano e venendo così a liberare in gran
parte la fronte dell'VIII, in modo che questo potesse a sua volta
effettuare sicuramente il passaggio nella notte successiva.
"
La mattina del 28 il XVIII Corpo iniziava il passaggio a Solattuol
sui ponti della X Armata, pure interrottisi durante la notte e
riattati a fatica, e contemporaneamente nuove truppe della XII e
dell'VIII Armata (XVII e XXII Corpo) passavano il fiume fra Pederobba
e Falzè. L'azione riprendeva su tutta la fronte. Tutta la XII Armata
attaccava a cavallo del Piave verso nord; espugnava Alano sulla
destra del fiume e le alture di Valdobbiadene (M. Pianar e M. Perle)
sulla sinistra, e catturava alcune migliaia di prigionieri. Intanto
sul fronte dell'VIII Armata le truppe del XXVII e del XXII Corpo,
passate per prime oltre il fiume e rimaste ancora isolate per una
nuova rottura dei ponti, resistevano impavide a continui
contrattacchi: le instancabili artiglierie le proteggevano dalla riva
destra fulminando il nemico e gli aeroplani le rifornivano di viveri,
cartucce, coperte.
"Ma
la tenacia di tutti vinceva la crisi. Il XVIII Corpo, riuscito a far
passare oltre il fiume soltanto la brigata " Como "
( 23° e 24°) e un reggimento della brigata Bisagno (209° e 210°,
lanciava questa truppe all'attacco risalendo la sinistra del Piave, e
a sera, rovesciata ogni resistenza nemica, aveva oltrepassato la
ferrovia di Susegana in corrispondenza dei ponti della Priula,
aprendo così la via di sbocco all'VIII Corpo d'Armata. Più a sud il
XIV Corpo britannico e l'XI Corpo italiano della X Armata, allargando
la breccia già aperta nella Kaiserstellung, dilagavano a oriente
attraverso la pianura e raggiungevano la linea del Monticano. Lo
schieramento dell'avversario sulla riva sinistra del Piave era ormai
spezzato in due tronconi; quello meridionale era immobilizzato dalla
X Armata, e quello settentrionale, ancora aggrappato alle colline di
Conegliano, minacciato di avvolgimento dall'VIII Corpo d'Armata,
doveva cedere. L'VIII Armata ripigliava la sua libertà d'azione e la
manovra il suo persistente svolgimento.
"Nelle
prime ore del 29, infatti, l'VIII Corpo, gettati i ponti della
Priula, si lanciò a sua volta all'attacco; superata la linea nemica
di Marcatelli, s'impadronì di Susegana, e mentre il XVIII Corpo
occupava Conegliano, spingeva in avanti con fulminea mossa una
colonna celere (lancieri di Firenze e bersaglieri ciclisti) ad
occupare Vittorio, che fu raggiunto verso sera. Nel frattempo le
truppe della XII Armata, alpini della 52a divisione, fanti della 23a
divisione francese e del 1° Corpo italiano, conquistarono M. Cesen,
posizione importantissima per il dominio che essa ha sulla stretta di
Quero e verso la conca di Feltre; occupavano Segusino e raggiungevano
Quero. Particolarmente notevole fu l'avanzata della 52a divisione per
la conquista di M. Cesen, compiuta vincendo aspre difficoltà del
terreno, rese anche più gravi dalla tenace resistenza nemica.
Successivamente colonne dell'VIII Armata irrompevano nel solco S.
Pietro di Barbozza-Serravalle, e oltrepassavano Follina. La X Armata
varcava il Monticano su ampia fronte. Oltre 8000 prigionieri e un
centinaio di cannoni erano catturati dalle Armate XII, VIII e X.
"Nel
frattempo sul fronte della IV Armata, il nemico, sempre impegnandosi
nella lotta, il giorno 27 era passato alla controffensiva: otto
attacchi sferrava contro il Pertica, tutti respinti; per sei ore il
combattimento infuriò intorno alla vetta e i cadaveri si
ammucchiarono sulle sassose pendici. Sul " Valderoa ",
" Aosta "
(5° e 6°), benché soverchiata da forze preponderanti, s'abbrancò
alla cima e non piegò. Un'implacabile azione d'artiglieria si svolse
da parte nostra il 28; il 29 si riaccese la lotta delle artiglierie
sull'Asolone e in Val Cesilla; le colonne italiane tendevano
dall'Asolone al Col della Berretta per favorire l'ampliamento
dell'occupazione del Pertica e l'espugnazione del Prassolan e del
Solarolo e per slanciarsi alla conquista della conca di Feltre, lungo
i contrafforti del Roncone e del Tomatico. Il nemico oppose una
resistenza accanita, contrattaccò instancabile, recò nella lotta le
sue ultime riserve, portando ad 11 le divisioni di linea. Cosi la IV
Armata, pur non potendo raggiungere sul terreno l'obiettivo finale
assegnatole di interrompere materialmente le comunicazioni fra le
truppe nemiche della zona alpina e quelle del piano, riusciva con la
sua tenacia nel compito di cooperazione immediata logorando le
riserve che l'avversario teneva nella conca di Feltre e impedendo
loro di poter essere lanciate nella pianura ad arginare la breccia
aperta dall'VIII, dalla X e dalla XII Armata.
"La
disfatta nemica, già delineatasi fin dal giorno 28, decisa il 29,
precipitava il 30. Sotto l'inesorabile pressione combinata dalle
altre armate di manovra, il fronte frettolosamente rinsaldato dal
nemico su posizioni retrostanti veniva di nuovo sfondato in più
punti. L'VIII Armata, svolgendo brillantemente il compito
assegnatole, convergeva a sinistra con rapida avanzata, si slanciava
sulla dorsale delle Prealpi ad oriente del M. Cesen, contro la
stretta di Fadalto e sul Consiglio, e puntava alla convalle
Bellunese. La I Divisione di cavalleria veniva lanciata in avanti tra
l'VIII e la X, obiettivo la Livenza a nord di Sacile, e più oltre il
Tagliamento.
"Così
delineatasi la situazione, il Comando Supremo ritenne giunto il
momento di far entrare in azione anche le truppe schierate sul basso
Piave. La III Armata che, agli ordini di S. A. R. il Duca d'Aosta
aveva fortemente impegnato il nemico di fronte ed attendeva la sua
ora, ebbe l'ordine di attaccare. Con l'appoggio di una divisione
fatta passare attraverso i ponti della X Armata e spinta verso sud,
lungo il Piave, forzò in aspra lotta gli sbocchi di Ponte di Piave,
di Salgaredo, di Romanziol, di S. Donà ed avanzò decisamente nella
piana, sebbene fortemente ostacolata dall'avversario che si accaniva
in tenacissima resistenza di retroguardie per coprire il ripiegamento
delle proprie artiglierie. Oltre 3000 prigionieri furono catturati in
quella giornata. A sera, dopo vivaci combattimenti, le truppe della
XII Armata si erano aperta la stretta di Quero ed avevano allargato
la loro occupazione del massiccio del Cesen; l'VIII Armata, raggiunta
la cresta della dorsale prealpina da M. Cesen a M. Pezza, combatteva
al passo di San Boldo. Più ad oriente aveva forzato la stretta di
Serravalle, a nord di Vittorio, oltrepassato Breda Fregosa, Sarmede e
Caneva. La X e la III Armata avanzavano verso la Livenza.
"Così
la battaglia si svolgeva con esatto ritmo crescente secondo il
disegno prestabilito. Il Comando austro-ungarico, tratto in inganno
dai nostri due sforzi alle ali, sul Grappa e alla Grave di
Papadopoli, si era lasciato assorbire verso il Grappa le riserve del
Feltrino e verso la X Armata, che aveva il difensivo compito di
fianco, la più gran parte delle riserve del piano; cosicché ogni
sforzo per contenere la nostra rapida irruzione da Vittorio Veneto
verso la convalle bellunese non poteva più giungere che tardivo, e
l'aggiramento per il rovescio del Grappa si presentava ormai
promettente dei maggiori risultati.
Conquistata
dalle nostre truppe la stretta di Quero, il nemico che difendeva il
settore del Grappa, nella notte dal 30 al 31, iniziò il ripiegamento
sul fronte Fonzaso-Feltre per coprire le linee dell'alto Piave con il
concorso delle difese organizzate più ad Oriente al passo di S.
Boldo e alla stretta di Fadalto. Conosciuto il movimento, il generale
GIARDINO ordinò l'avanzata, e le truppe della IV Armata, nonostante
l'ostinatissima e fortissima difesa delle grosse retroguardie
avversarie appoggiate da numerose mitragliatrici e bocche da fuoco,
con spinta vigorosa travolsero la resistenza avversaria e si
slanciarono innanzi, sulla conca di Feltre, per i contrafforti del
Tomatico e del Roncone e por la valle di Seren. La brigata " Ancona "
(69° e 70°) della VI Armata, concorso all'avanzata della IV
spiegandosi rapidamente in Val Brenta e conquistando il Cismon su cui
furono catturati un migliaio di uomini e 9 cannoni.
"La
sera del 31 la IV Armata, superate ostinate resistenze nemiche,
teneva con la sinistra M. Roncone e spingeva pattuglie nel solco
Arsiè-Arton; il 91° fanteria della " Basilicata "
catturava a Corlo una brigata austriaca; al centro la " Bologna "
(39° e 40°) e la " Lombardia "
(73° e 74°) per Val di Seren e i battaglioni alpini " Monte
Pelmo" ,
" Exilles "
e "Pieve
di Cadore "
per i monti entravano a Feltre catturando 2000 prigionieri; il 1°
Gruppo di squadroni del reggimento cavalleggeri di " Padova ",
che era al piano, passò di notte il Grappa e per vie difficili
sboccò in Val di Seren, donde la mattina del giorno dopo puntò su
Belluno, caricando e sbaragliando per via un reggimento bosniaco;
alla destra l'" Aosta "
(5° e 6°) e l'" Udine "
(95° e 96°), per Val Calcino e Val Cinespa, gettandosi attraverso
il contrafforte dello Spinoncia e di M. Zoc, bloccarono nelle gole di
Schiavenin le forze nemiche riuscite a fronteggiare il I Corpo
d'Armata, che costituiva l'ala sinistra della XII Armata. Questa, il
31 sera, avanzando sempre, raggiunse il Piave tra Lential e Mel.
L'VIII, superando dopo dieci ore di lotta accanita la resistenza
nemica a S. Boldo, scendeva al Piave, espugnava la stretta di
Fadalto, lanciava avanguardie verso Ponte delle Alpi ed occupava con
colonne leggere il Pian del Consiglio. Lo stesso giorno 31, le
divisioni 2a, 3a, e 4a di cavalleria, al comando di S. A. R. il Conte
di Torino, dopo aver superato accanite resistenze nemiche, si
irradiavano oltre il fronte della X armata. All'alba, pattuglio dei
lancieri " Vittorio
Emanuele "
(10°) e " Milano "
(7°) entravano in Oderzo, mentre anche sul fronte della VI Armata
(altopiano d'Asiago) i nostri sferravano l'offensiva espugnando
Melaghetto e la linea Cima Tre Pezzi-Fortino Stella-Canove.
Università
popolare di Mestre, Monte Grappa le battaglie
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