Teston di Monte Rudo e dintorni : Le prime cannonate
Si
alza con rosa ed ardite pareti in località “Landro”
(Höhlenstein), sulla rotabile Cortina/Dobbiaco, un tempo unica via
di collegamento fra la Val Pusteria e la Pianura Padano/Veneta. Le
Legioni Romane, i Lanzichenecchi, le Truppe Imperiali impegnate
contro la Repubblica di Venezia, la percorsero a più riprese.
Durante le Guerre Napoleoniche, tutta la zona acquistò enorme
importanza strategico/militare e così fu anche nel corso della Prima
Guerra Mondiale. La strada aveva un luogo di sosta e di ristoro
importantissimo: Landro, appunto, Stazione di Posta, l’unica fra
Cortina e Dobbiaco (Toblach) e dove veniva effettuato il cambio dei
cavalli. Vi risiedeva un “Maestro di Posta” che era funzionario
dello Stato. Il primo - e a dir il vero anche l’ultimo - fu
Giovanni Baur che divenne con il tempo apprezzato albergatore. Egli
infatti costruì, intorno alla stalla, una piccola graziosa locanda
che in seguito venne notevolmente ampliata. Ma l’operosità della
Famiglia Baur venne mortificata dagli esordi della guerra che
distrusse il ridente abitato e le sue ambizioni turistiche.
Ma
torniamo al nostro Monte che in realtà non solo monte è. È,
infatti, un vero e proprio massiccio fra cui spiccano diverse quote
che - da est ad ovest - sono: il Monte Rudo Grande (m 2826), il Monte
Rudo di Mezzo (m 2799), il Monte Rudo Ovest (m 2737) e il Teston di
Monte Rudo (m 2607). Già prima della guerra, gli Austriaci lo
avevano trasformato in una inespugnabile fortezza. La posizione del
“Rudo” era molto favorevole per un controllo quasi totale della
Val di Landro (Höhlensteintal) e degli spostamenti delle truppe
italiane in tutta la zona del “Piana” e delle Tre Cime di
Lavaredo. I rafforzamenti principali erano a “Quota 2175” sul
versante che guarda la Valle della Rienza (Rienztal). La zona era
servita da teleferiche che partivano dal Forte Alto di Landro e
completamente munita di linee elettriche e telefoniche. Il Monte Rudo
si inseriva perciò nel sistema difensivo del cosiddetto “Sbarramento
di Landro” eretto per difendersi dal Monte Piana, cuneo italiano
puntato verso Dobbiaco (Toblach). Infatti, il Monte Piana, in caso di
guerra, avrebbe potuto consentire ai soldati italiani
di passare dal Cadore alla Val Pusteria (Pustertal) con un attacco di
sfondamento diretto, senza dover temere eventuali sorprese dai lati.
Proprio per questa ragione gli Austriaci - già alla fine del 1800 -
avevano costruito, nei pressi dell’abitato di Landro, un’opera
fortificata che sbarrasse il sistema di Carbonin (Schluderbach). Allo
scoppio della guerra, tuttavia, le grandi costruzioni - come accadde
per i forti di Haideck e Mitterberg (facenti parte dello sbarramento
di Sesto) - si rivelarono obsolete e tecnicamente superate. Agli
inizi di luglio del 1915, i cannoni dei forti furono addirittura
spostati a Prato Piazza (Plätzwiese) mentre l’unico mortaio da
“305” faceva la spola fra le postazioni di “Sorgenti”
(Nasswand), Braies (Prags) e Val Campodidentro (Innerfeldtal) a
seconda delle esigenze belliche. Per rimediare a questa falla nel
sistema difensivo, gli Austriaci fortificarono e munirono i cannoni
del Monte Rudo mentre - sul versante opposto - allo sbocco della Val
Chiara (Helltal) venne costruita la “Helltalange” costituita da
un sistema di appostamenti e fortificazioni ben mimetizzate fra le
rocce.
Pare
addirittura che - proprio agli esordi del conflitto - per meglio
sfruttare la potenza di queste opere ed avere una migliore visibilità
sul Monte Piana, gli Austriaci stessi devastassero gravemente ed
irreparabilmente il grazioso abitato di Landro, facendo saltare con
cariche esplosive i lussuosi alberghi. Le versioni, riguardo a questo
episodio, sono in ogni caso controverse. Ciò che restò fu un cumulo
di macerie, rovine di anni in cui le Dolomiti erano già luogo e meta
di soggiorni esclusivi. Il Monte Rudo, oltre che per la minacciosità
innata e la grandiosità delle opere belliche divenne tristemente
famoso ancora prima dell’inizio ufficiale delle ostilità. Infatti,
mentre gli Alpini della 67ª Compagnia del Btg. “Pieve di Cadore”
al comando del Cap. Busolli erano intenti ai lavori di rafforzamento
delle posizioni sull’altopiano delle Tre Cime ed erano ancora del
tutto ignari della dichiarazione di guerra, alle 8,45 del 24 maggio
1915 rimbombarono sul pianoro due cannonate provenienti dalla
batteria austriaca postata sul torvo “Teston” (due cannoni da
Montagna calibro “90”, sezione di una intera batteria lassù
postata).
Solo
allora, tutti, si resero conto che era iniziata la guerra. Ed appena
l’artiglieria aprì il fuoco, i Landesschützen accorsero alle armi
cominciando a sparare sugli Italiani. Ma dopo la prima sorpresa entrò
in azione la 58ª Batteria da Montagna - attestata sui Piani di
Lavaredo - che rispose annullando l’azione nemica. Intanto i primi
colpi di un conflitto che avrebbe dovuto essere una “guerra lampo”
ed invece si trasformò in una immane tragedia, avevano già fatto le
prime vittime fra i nostri soldati. Infatti, un terzo colpo, sparato
a shrapnel, sempre dal Rudo, colpiva a morte due Alpini: il Serg.
Apigalli di Sospirolo e il soldato De Mario di Costalissoio. Durante
tutto il giorno del 24 maggio e la mattina del 25, pezzi di medio
calibro austriaci, postati nelle caverne ad arte scavate nelle
viscere di questo monte, continuarono a battere Forcella Lavaredo e
Forcella Col di Mezzo facendolo subito apparire come un minaccioso ed
invincibile strumento di morte.
Università
popolare di Mestre, conferenze La Grande Guerra in montagna
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