Riconoscere i propri errori e assumersi la responsabilità di ricominciare

Chiedere scusa al Gohonzon, alla propria natura illuminata, ha il valore sostanziale di riconoscere i propri errori, ma anche di assumersi la responsabilità di ricominciare, sforzandosi non solo di non ripeterli, ma di orientare i propri pensieri, le proprie parole e le proprie azioni in una direzione differente. Sange è la lotta interiore da cui nasce il cambiamento delle proprie convinzioni e la trasformazione radicale della vita, chiamata rivoluzione umana. Il karma immutabile più difficile da sradicare è quello che deriva dall’offesa alla Legge, cioè dal disprezzo della propria Buddità e di quella degli altri. Per cancellare questa offesa occorre comportarsi in modo opposto: credere che la nostra vera natura sia quella forte e saggia di un Budda e agire attraverso la preghiera e lo shakubuku affinché essa si manifesti. La sofferenza che deriva dal karma immutabile può essere lancinante, e non possiamo certo far finta che non esista. Quando recitiamo Daimoku al Gohonzon non possiamo nasconderla o minimizzarla, ma nel contempo non dobbiamo lasciare che essa si identifichi con il nostro io.
La nostra mente, influenzata dal karma, ci porta a credere che la nostra identità si consumi tutta lì, in quel dolore latente o manifesto, che non ci dà scampo. Noi soffriamo perchè le nostre prime sette coscienze sono influenzate dal karma, ma noi non siamo la sofferenza: il nostro vero mondo è quello del Budda, la nona coscienza chiamata amala ovvero “incorrotta”, libera dal karma. «Un metodo per trasformare l’energia karmica negativa in positiva – scrive Daisaku Ikeda – è accumulare una buona causa dopo l’altra. Ma non è un sistema pratico. Come continuando a mettere una pietra sull’altra a un certo punto rischiamo di farle crollare, così un nostro gesto potrebbe annullare tutte le buone cause. Soprattutto in un’epoca in cui la società è profondamente pervasa di energia negativa. «Il Sutra del Loto insegna che, attivando la nona coscienza, coscienzaamala (pura, immacolata) che giace nelle profondità ultime del nostro essere ed è incontaminata dal karma, possiamo trasformare istantaneamente l’energia karmica positiva e negativa in energia “sommamente positiva”» (Saggezza, 3, 227). Se pratichiamo questa consapevolezza costantemente, illuminando giorno dopo giorno la sofferenza con la preghiera, se la abbracciamo sapendo che è parte di noi ma non ci possiede, allora potremo attivare il formidabile potere di autoguarigione che risiede nella vita e sperimentare il fatto che “le sofferenze di nascita e morte diventano Nirvana”. [Per una trattazione ampia su Buddismo e medicina si veda, ad esempio, D. Ikeda, I misteri di nascita e morte, ed. Esperia, pagg. 70-92]. Dice Daisaku Ikeda: «Le preghiere sono invisibili, ma se preghiamo costantemente al momento opportuno potremo vedere un chiaro risultato. Si tratta del principio della “vera entità di tutti i fenomeni”: fede significa avere fiducia in questo regno invisibile» (Gli eterni insegnamenti di Nichiren Daishonin, pag. 59). 
Tratto da : il Nuovo Rinascimento n° 300 Mar-2004

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