L'altra faccia degli scopi

A volte perseguire un obiettivo diventa una corsa ansiosa e frenetica. Quando questo accade è bene fermarsi un attimo a riflettere e ricordarsi che la vera sfida non è solo per il raggiungimento degli obiettivi, ma per vincere sui propri punti difficili.
[...] Per lo "stress da obiettivo" si può dire, poi, che non è il fatto in sé di avere degli scopi a generare pesantezza, ma il pensiero di non saperli raggiungere. Dubitiamo di poter ottenere l'obiettivo, di aver posto lo scopo giusto per noi, di riuscire a fare le azioni necessarie al raggiungimento della meta che ci siamo prefissati e così via. E questi pensieri sono direttamente connessi al dubbio "originale", quello di non essere dotati della Buddità. Perché infatti non dovremmo raggiungere i nostri obiettivi? Perché in fondo siamo convinti di non possedere la Buddità, ossia la sorgente incontaminata della felicità assoluta. Anche nella mia esperienza è questo dubbio che qualche volta mi frena e mi fa fare un Daimoku "da mendicante", elemosinando benefici. È difficile credere di essere un Budda, perché, come spiega Ikeda commentando L'apertura degli occhi, «si tende a pensare ai Budda come esseri trascendenti e sovrumani, in qualche modo differenti e separati dai comuni mortali. Influenzati da questa visione, tradizionale e autoritaria, della fede e della religione buddista, gli individui sono incapaci di credere nel Sutra del Loto e nel suo insegnamento di Illuminazione universale. [...] Quando si trovano nel pieno di qualche situazione difficile e dolorosa, non riescono a immaginare che qualcuno che sta soffrendo come loro possa mai diventare un Budda» 
(BS, 111, 33). NR, 368

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