Mi sento sollevato da terra

Luigi Merlini
racconta paura, morti, ritirata a Monte Oscedrik, Slovenia il 25 ottobre 1917.
È la notte tra il 25 e 26 ottobre 1917, la seconda notte dopo l’offensiva di Caporetto.
Camminavamo in silenzio, valicando la selletta 876 del'Oscedrik. Un aereoplano nemico volava basso sopra di noi. La luna ci illuminava perfettamente: la selletta di quota 876 è perfettamente brulla. Di corsa traversammo il tratto scoperto, tutto sconvolto dalle granate della giornata.
Ad un tratto una fenomenale esplosione, una luce abbagliante! Mi sentii sollevare da terra col respiro mozzato, senza raccapezzarmi, senza sapere se fossi vivo o morto. Vedevo solo una gran pioggia di fuoco intorno a me, sentivo un grande urlìo, un gran coro di lamenti.
Finalmente  mi trovai sbattuto violentemente a terra, colla schiena in alto, tutto stordito e dolorante.
Non so quanto possa essere durato questo volo (diciamo così) fra la pioggia di fuoco, ma certo deve essere stato brevissimo: il tempo di un'esplosione! A me parve un'eternità. Non saprò mai descriverlo efficacemente, non saprò mai raccontarlo quell'istante, ma non saprò mai neanche dimenticarlo!
Mi alzai tutti indolenzito, meravigliato di poter ancora correre, non sapendo ancora bene in che modo mi fossi, se quello, piuttosto che un forte spavento, non fosse stato il trapasso dalla vita alla morte.
Ebbi subito l'intuizione che fosse stata una bomba dell'aereoplano e per questo mi misi a correre per un sentiero portandomi nel bosco, fuori dello scoperto. Ricordo che ritrovai là alcuni soldati della compagnia, anch'essi più morti che vivi, la più parte feriti. Medicai un caporalmaggiore ferito alla spalla e me ne tornai poi sul luogo dell'esplosione per radunare i soldati e ritrovare i colleghi.
Era un Macello! Al chiarore della luna vedevo quel prato seminato di cadaveri e di feriti. I pochi superstiti, tuttora inebetiti dall'esplosione, si radunavano intorno a me e al tenente Bosisio e all'aspirante Ortelli, che ci eravamo ritrovati.
Sapemmo poi che non si trattava di una semplice bomba di aereoplano, ma di un deposito di munizioni di una batteria che, non potendo ritirarsi, dopo aver sparato più colpi possibili, saltava prima di rimanere in mano al nemico. Si disse perfino, non so con quale fondamento, che il capitano che la comandava era voluto rima nere sul posto e saltare coi suoi pezzi.

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