L’attacco del 21 ottobre 1915, terza battaglia dell’Isonzo 18 ottobre/4 novembre
All’alba
del 21 ottobre ci venne distribuito un rancio abbondante e moltissimo
marsala, provvidenza che ben pochi mangiarono; eravamo già tutti
pronti con le mantelline a tracolla ed il tascapane, seduti per terra
in attesa di ordini. Qualche soldato borbottava e imprecava, molti
piangevano sì da far stringere il cuore […] Verso le 7 tutte le
artiglierie, tutti i cannoncini lanciabombe, i cannoni che erano in
prima linea aprirono un fuoco infernale; i comandanti di plotone
rimettemmo gli orologi con l’ora del comandante di battaglione; il
fuoco era intenso terribile, non si capiva più nulla, sembrava una
tempesta, un terremoto, un ciclone, il nemico rispondeva con eguale
intensità; saltavano per aria corpi umani, trincee, alberi, tutto
rovinava, tutto veniva sconquassato dalla violenza delle granate e
delle bombe, i reticolati venivano divelti e buttati per aria...era
un inferno!
I
rinforzi nostri si accalcavano nelle prime linee, mentre noi aprimmo
un fuoco indiavolato di fucileria. Alle 9,30 precise come d’incanto
cessò il bombardamento; avemmo l’ordine di appressarci ai
camminamenti d’uscita. Improvvisamente spararono quattro colpi di
cannone contemporanei; cessò la fucileria e la prima ondata uscì di
corsa sfrenata fuori dai camminamenti verso la linea nemica gridando:
“Savoia, Savoia!”. La fucileria nemica era intensa, le
mitragliatrici vomitavano pallottole a non finire; i poveri soldati
cadevano a grappoli gli uni sugli altri; come uscivano dai
camminamenti, così cadevano fulminati, e pochi tornvano indietro
gridando pel dolore delle ferite.
Già
il secondo ed il quarto plotone della mia compagnia erano sotto i
reticolati nemici; avemmo l’ordine di uscire anche noi; il caporale
maggiore Valerio venne pistolettato da un ufficiale perché non
voleva uscire. Noi saltammo, corremmo, ci buttammo per terra,
spiccammo un salto felino, poi per terra ancora...Dio, che orrore; i
due plotoni che ci precedono appena giunti sul terreno minato saltano
tutti per aria; rivedo ammassi di carne umana e soldati che ricadono
pesantemente al suolo; nessuno si muove più; tutti morti, tutti,
tutti, tutti, neppure uno se n’è salvato; pochissimi feriti!
Bisognava
avanzare, assolutamente; si scatta in piedi, di corsa, giungiamo
sotto i reticolati, qualcuno salta sulle trincee nemiche, un mio
soldato afferra per la bocca una mitragliatrice nemica rovente, si
brucia le mani, non la lascia, viene ferito al braccio, la tira
ancora, corrono due altri soldati e giù una bomba che li ammazza
tutti e tre! Prendiamo anche noi le bombe a mano che fragorosamente
squassano tutto, ammazzano, distruggono; saltiamo sulla trincea, i
primi nemici alzano le mani, si arrendono; ma ecco di corsa dalla
seconda linea nemica vengono contro di noi migliaia e migliaia di
austriaci; siamo pochi noi; resistiamo; ci baionettano come animali;
molti dei nostri si arrendono, siamo perduti!
I
pochi superstiti retrocediamo, ma è impossibile rientrare nella
nostra prima linea; ci buttiamo a terra, ci trinceriamo e facciamo
finta di essere morti! I primi tre assalti incalzanti sono andati
falliti! Alle 24 ci fu comunicato che dovevamo tentare una nuova
sortita di improvviso; ci disponemmo subito nei posti assegnati, in
silenzio, per non farcene accorgere dal nemico. Alla una precisa
saltammo tutti insieme; ma, ahimè, il nemico vegliava e ci accolse
con una raffica infernale di fucileria, di mitragliatrici e di bombe
a mano, tentando persino un contrattacco! I nostri soldati
vacillarono, indietreggiarono, chiamarono l’aiuto; l’aiuto venne:
il 1° battaglione che nella oscurità, scambiandoci per il nemico,
ci accolse a colpi di baionetta.
Urla,
grida, detonazioni, era un vero manicomio! Caddi per terra svenuto,
colpito alla testa da una mazzata di calcio di fucile! Non ricordo
quello che ne seguì nell’attacco; il certo è che cominciava la
scialba aurora e mi svegliai tra una catasta di cadaveri; le ossa
erano tutte indolenzite, non ancora mi potevo rialzare; così cercai
di trascinarmi verso la nostra linea che distava appena una trentina
di metri! Tutta la linea intermedia tra le due linee di fuoco, la
nostra e la nemica, era letteralmente coperta di morti e di feriti
che gemevano ed imploravano aiuto! Quanti miei soldati riconobbi!
Michele
Lotti, In trincea sul San Michele, cit., pagg. 121,122,123,126
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