Primavera 1917

La primavera del 1917, vuol dire per la storia alpina, Ortigara. Il 12 maggio è incominciata la decima battaglia dell’Isonzo, nel cui contesto era previsto l’investimento del monte Ortigara, obiettivo già posto l’anno precedente, quando un tenetativo di assalto era stato respinto. Per rinnovare l’offensiva contro il possente baluardo nel maggio del ‘17 erano convenuti diciotto battaglioni alpini, uniti nella 52duesima divisione, una massa senza precedenti di truppe da montagna.
La linea austriaca si snodava dalla Valsugana a nord sino alla val d’Assa a Sud. Il 10 giugno l’artiglieria italiana ha battuto le posizioni avversarie per dieci ore, al fine di favorire la penetrazione degli assalitori, ma con scarsi risultati. Poi, alle 15,00, l’attacco dei 18 battaglioni alpini, uno dopo l’altro, mentre il nemico, al riparo di difese intatte, vomitava un volume di fuoco infernale. I reparti di Penne Nere si buttavano avanti a compgnie affiancat, correndo sulla neve e nella nebbia, frustati da violenti piovaschi, tra gli scoppi delle granate d’artiglieria austriaca che tirava alla cieca ma con la sicurezza di chi sa di sparare nel mucchio e così il fuoco dei mortai e delle mitragliatrici. Alla fine della giornata gruppi di alpini si erano attestati nel canalone dell’Angelizza, poi ribattezzato Vallone della Morte. Erano state conquistate le quote 2003 e 2101, successi parziali, imparagonabili alle perdite: 23.736 uomini. L’ attacco, sospeso il giorno 12, è ripreso il 18 e questa volta il fuoco di preparazione dell’artiglieria italiana, durato 25 ore, si è rivelato più efficace. Gli otto battaglioni alpini, che hanno lasciato le trincee per muovere all’assalto all’alba del giorno successivo, hanno raggiunto e conquistato la vetta dell’Ortigara, anche se con gli effettivi decimati dal fuoco avversario.
La conquista dell’Ortigara non era però un’impresa conclusa, ma l’inizio dell’inferno. Gli austriaci volevano riprendere la posizione a tutti i costi e gli alpini, caparbiamente aggrappati al terreno, sono stati costretti a subire il micidiale tormento di una tempesta di ferro e di fuoco che non lasciava respiro. Un bombardamento continuo, devastante, mortale. Non c’era riparo che valesse a proteggere gli uomini dalla tempesta di esplosioni distruttive. Il monte Ortigara prima della guerra era più alto di 8 metri. L’implacabile prolungato bombardamento gli ha limato, piallato, frantumato, tosato la cima.
Nella notte tra il 24 e il 25 giugno gli austriaci hanno fatto uso anche di munizionamento a gas prima di scatenere un assalto di fanteria. Gli alpini insediati in vetta sono stati travolti, ma non hanno abbandonato la cima, si sono attestati in una posizione sottostante, dove sono stati poi schiacciati da un attacco in forze preponderanti, scatenato nella notte tra il 28 e il 29. L’attacco infruttuoso del Regio Esercito all’Ortigara è costato la perdita di 23.738 uomini e 12.735 di questi erano alpini, oltre l metà dei 20.000 che avevano preso parte all’azione.
Rudyard Kipling, La Guerra nelle montagne, edizioni Mursia pp.86-87-88

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