Il mio vicino è rimasto senza piedi, Innsbruck dicembre 1917
Noi,
insieme ad altri prigionieri, fummo alloggiati nei locali del Circolo
“Panfilo Castaldi”ove trascorremmo la notte dormendo per terra,
stanchissimi. Nella mattinata seguente, si presentarono dei soldati
della Croce Rossa che domandarono se qualcuno chiedeva visita medica.
Accolsi l'invito e mi presentai. Mi accompagnarono alla
disinfestazione dove alcune infermiere, ragazze alte e robuste, ci
spogliarono nudi e, dopo una doccia calda ed una rasatura generale,
ci portarono alla visita medica, in attesa che i nostri indumenti,
legati e impacchettati, uscissero dai forni di disinfettazione.
Ricordo
che una ragazza mi prese il braccio con una leggerezza straordinaria
e mi portò nella sala medica dove un Dottore prima mi spalmò i
piedi e mani con una pomata contro il congelamento e poi me li
fasciò. Solo allora mi ridiedero i miei indumenti. Dopo che mi fui
rivestito, con l'aiuto di una ragazza, mi accompagnarono all'Ospedale
ove fui sistemato in un lettino vicino ad una finestra, isolato dagli
altri ricoverati austriaci.
Verso
mezzogiorno venne una Suora giovanissima, piccola, esile e bionda che
mi portò da mangiare. Visto che avevo le mani fasciate, mi imboccava
come un bambino, dicendomi: “Klaine italienisch (piccolo italiano).
Poi, ogni tanto, a varie riprese mi portava anche cioccolata e
caramelle. Restai in quell'Ospedale una decina di giorni. La notte
non riuscivo a dormire perché si sentiva gridare di dolore in tutte
le lingue: ogni giorno arrivavano feriti ed alcuni anche gravi.
Dopo
una decina di giorni, come ho detto, fui trasferito all'Ospedale
Militare di Trento, ove fui accolto con molto riguardo dalle
infermiere del posto e dove finalmente si poteva parlare e capirsi in
italiano. Ogni giorno venivano a farci visita le Crocerossine di
Trento che ci colmavano di doni, mettendoli di nascosto sotto i
guanciali e chiedendoci notizie dell'Italia.
Restammo
a Trento pochi giorni e poi ci trasferirono a Insbruch. In
quell'ospedale, ove passai momenti di terrore, capitai in un letto
vicino ad un napoletano, un certo Attena Cosimo che era del rione
Granili ove gestiva una stalla insieme ai familiari e che aveva anche
lui il congelamento dei piedi. Il giorno della visita medica, fatta
da un Capitano Medico, prima di me, assistetti alla dolorosa e
avvilente sorpresa quando, dopo avergli tolto tutte le fasce, il mio
vicino rimasse senza piedi perché erano rimasti completamente
staccati, letteralmente staccati, nelle fasce, neri e marciti. A tale
spettacolo mi impressionai molto, tanto che il Medico, vedendo il mio
stato, cercava di dirmi parole di conforto, che io non capivo. Con
ansietà aspettai tutto il tempo che mi sfasciarono e mi
tranquillizzai solo quando vidi i miei piedi al loro posto, e quando
il Medico
mi disse, con i gesti, “bene, bene”.
Dal
diario di Mario Tarallo militare, 8° reggimento fanteria, brigata
Cuneo, soldato
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