“ La 4° (sezione lanciafiamme) ha al suo attivo, tra gli altri, un famoso turno a Quota 126 del Vippacco. Andarono su in settanta, e poi, chissà per quali strane successioni di passaggi da una dipendenza all’altra vennero dimenticati. Dopo novantadue giorni di trincea, in pieno inverno, si trovò chi poteva assumere la responsabilità di conceder loro il riposo: e calarono giù i dieci superstiti, veri scheletri ricoperti di fango, deboli macchine senza volontà…calarono giù, e dopo poco li rispedirono a quota 89 di Monfalcone" “… La pioggia continua snida dal terreno il puzzo della vecchia orina; e in certi posti si è costretti a strisciare a terra, mettendo le mani sopra ogni genere di roba, magari su qualche decomposto pezzo di soldato.” “ La qualifica di trincea, sulla nostra destra, è un po’ eccessiva: gli uomini hanno come tutto riparo un muretto di pietre accostate alto un palmo e ci stanno dietro supini o stesi sul ventre. I fianchi sono protetti da traverse perpendicolari, al
Il “Monte Sei busi” , alt. m.118, costituisce una delle tante piccole quote del Carso meridionale, che scendono a picco sulla pianura di Vermigliano dominandola completamente. Nel giugno del 1915 gli austriaci ne occuparono il ciglio meridionale in trincee improvvisate, protette solo davanti da abbattute di alberi. Ignoro quale sia stata la resistenza del presidio che le occupava e quali difficoltà abbiamo incontrato i nostri per occuparle. Quel che è certo è che a distanza di un anno quelle trincee embrionali e con le relative abbattute erano ancora intatte e conservavano i cadaveri allineati dei loro difensori tuttora vestiti ed armati di fucile. Le posizioni deve essi si trovavano erano scopertissime e battute dal tiro di infilata delle artiglierie nemiche; recarsi in essi di giorno per raccogliere qualche cimelio di guerra significava esporsi a serio pericolo. Solo di notte era possibile raggiungerle ma non senza qualche rischio. Questo spiega benissimo come dopo circa un anno quel
Alle 6 del mattino comincia quel grande memorabile bombardamento da Tolmino al mare. Il draken fa ascensione, io corro all’osservatorio antiaereo e vedo l’Hermada avvolta tra nembi di fumo. Alle 18 dietro i cespugli di una trincea viene fucilato un soldatino del 226 Fanteria disertore. È del 97 completamente sbarbato. L’angoscia mia è terribile non faccio altro che scendere e salire dall’osservatorio. Giunge il camion che lo conduce. Scende è abbastanza calmo. Raccomandò sua madre ai presenti, volle abbracciare tutti, si raccomandò che non gli tirassero al viso, incrociò le braccia e attese la scarica. Il viso rimase salvo. Una pallottola gli forò l’inguine, un’altra il polso, due il polmone destro trafissero, una la coscia sinistra passò da parte a parte e l’ultima, la sesta la spalla destra colpì. Giaceva a terra tranquillo come se dormisse, il sangue germogliava lento dalle ferite e in picciol rigagno correndo lungo la sinuosità del petto si riversava a terra. Era un bel ragazzo bru
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