Quota 126 del Vippacco
“La
4° (sezione lanciafiamme) ha al suo attivo, tra gli altri, un famoso
turno a Quota 126 del Vippacco. Andarono su in settanta, e poi,
chissà per quali strane successioni di passaggi da una dipendenza
all’altra vennero dimenticati. Dopo novantadue giorni di trincea,
in pieno inverno, si trovò chi poteva assumere la responsabilità di
conceder loro il riposo: e calarono giù i dieci superstiti, veri
scheletri ricoperti di fango, deboli macchine senza volontà…calarono
giù, e dopo poco li rispedirono a quota 89 di Monfalcone"
“…La
pioggia continua snida dal terreno il puzzo della vecchia orina; e in
certi posti si è costretti a strisciare a terra, mettendo le mani
sopra ogni genere di roba, magari su qualche decomposto pezzo di
soldato.”
“La
qualifica di trincea, sulla nostra destra, è un po’ eccessiva:
gli uomini hanno come tutto riparo un muretto di pietre accostate
alto un palmo e ci stanno dietro supini o stesi sul ventre. I fianchi
sono protetti da traverse perpendicolari, alte come il muretto.
Muoversi di giorno, una pazzia: e il cambio non si può fare che di
notte”.
“Tiro
di sbarramento su di noi. Grossi calibri piovono fitti sul nostro
povero sistema difensivo. Un enorme 420, inesploso, si è coricato
attraverso il camminamento. Ecco, stavolta non è possibile
cavarsela, questa è una grandinata feroce che distrugge tutto,
solleva immense colonne di terra, ferro, rocce, uomini. Se almeno
questa orrenda agonia potesse finire presto.”.
"Trincea!
Abominevole carnaio di putredine e di feci, che la terra si rifiuta
di assorbire, che l'aria infuocato non riesce a dissolvere. Lì tanfo
di cadavere lo ingoiamo col caffè, col pane, col brodo".
Di
Paolo Caccia Dominioni
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