Quell'erba cresciuta sui morti
Mia
madre , Maddalena Teresa, era nat a nel 1901 e mio padr e
Giambattista cinque anni prima. Fu una delle ultime leve della guerra
del '15-'18: a 19 anni era sul fronte del Carso e del Piave. Un
macello. [...] Da bambino mio padre mi raccontava che aveva
partecipato alla Grande guerra come bersagliere. Era la percezione di
un realtà che allora non potevo capire, ma che ora ho riscoperto: il
grande tradimento compiuto nei confronti di milioni di giovani e
civili morti in quella guerra senza che sapessero perché. [...] IDel
patire, Olmi racconta la morte, avvenuta nell'autunno 1944, a seguito
delio scoppio di una bomba, ndr]. A lui lo spostamento d'aria avrebbe
causato, di lì a pochi giorni, un embolo.Andò puntualmente al
lavoro. Dopo il turno di notte, era tornato a casa e si era messo
subito a dormire. Quando si svegliò, si rivestì di nuovo per
tornare in officina. «Ma dove va, signor Olmi?-» gli chiese una
vicina che l'aveva visto ritornare solo un paio d'ore prima. «A
lavoro». «Ma è appena tornato!». Poco dopo era caduto in coma.
Mia madre lo raggiunse al capezzale e per gli ultimi due giorni
rimase con lui. [...] «Di qua il prete che ti benedice e di là il
carabiniere che, se non esci dalla trincea, è pronto a spararti».
Sono passati più di quarant'anni da quella volta che Toni Lunardi,
un vecchio pastore dell'Altopiano [di Asiago], mentre stavamo sul
bordo di un camminamento, mi indicava il punto della trincea da dove
i soldati dovevano uscire per andare all'assalto. «O vai a morire là
fuori o muori subito qua dentro». Seicentomila soldati italiani
lasciarono la loro giovinezza sui campi di battaglia per ordine dei
loro comandanti criminali. Bisognerebbe scriverlo sui monumenti, in
fondo all'elenco dei caduti: «Questi sono i nomi di giovani uomini
sacrificati all'assurdità delle guerre per ordine dei loro
generali». I loro nomi, scolpiti sulle lapidi, sembrano nomi di
poveri. Toni Lunardi stava in silenzio. Si riscosse solo quando da
lontano giunse l'abbaiare dei cani che radunavano le vacche per la
mungitura. [...] Prendemmo per un sentiero appena tracciato sull'erba
del pascolo. Toni Lunardi conosceva tutte le vie che portano dove si
vuole andare. E se non c'erano sentieri, lui sapeva ugualmente come
orientarsi. «Mai attraversare "mugare".
I
pini mughi sono traditori: credi di mettere i piedi sul sicuro e loro
invece cedono e ti fanno sprofondare». [...] Camminava silenzioso e
solo ogni tanto mi indicava qualcosa: «Vedi quell'erba là, com'è
più verde dell'altra? Là sotto ci sono quelli che si sotterravano
dopo gli assalti». Si fermò prima di proseguire: «Quell'erba è
cresciuta sulla carne umana...». Era il 1967 quando vidi quel prato
coi miei occhi. Cinquantanni dopo, le tracce della Grande guerra non
erano ancora scomparse. Quasi altrettanti anni Quasi altrettanti anni
sono trascorsi da quando pronunciò quelle parole. Ma io non le ho
più dimenticate. Allora, Toni Lunardi aveva ottantun anni. Gli
stessi anni che ho io adesso. Aspettai che fosse lui a muoversi,
secondo il tempo dei suoi pensieri. Non rimase a lungo in silenzio.
«Dopo tutti questi morti, che cos'è cambiato. Finita la guerra,
quelli che l'hanno scampata tornano ognuno a casa propria, che tanto
non cambia niente». Per il resto della strada non disse niente.
Tratto
da L'apocalisse è un lieto fine Rizzoli 2012
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