Modi di dire

Nella vita quotidiana spesso adoperiamo modi di dire per sintetizzare interi concetti, sicuri di essere compresi perché quei concetti sono già profondamente acquisiti dalla comunità a cui apparteniamo 
Succede anche nella pratica buddista 
Senza essere necessariamente false o sbagliate, alcune di queste affermazioni possono, però, nascondere dei trabocchetti di interpretazione 
Talvolta è semplicemente l'intonazione della voce ho l'opportunità del momento a dare un senso erroneo a quello che viene detto 
Prendiamo, per esempio , un dialogo tra due persone di cui una dice 
"Sono malato ..."
E l'altra risponde:"Eh chissà che causa hai    
messo!"
A parte la mancanza di tatto, in linea di principio La risposta non è sbagliata: ciò che ci succede oggi è l'effetto di cause messe in precedenza, con pensieri, parole e azioni 
Purtroppo la conseguenza immediata di questo uso, per così dire, superficiale della terminologia buddista è che non siamo dando questo segno che evidentemente l'altra persona ci chiede 
Inoltre , pur con tutte le buone intenzioni del mondo, la nostra frase può facilmente essere intesa come se stessimo guardando alla legge di causa ed effetto 
Come una serie di "punizioni"meritate cui tocca rassegnarsi 
Inutile ricordare che concetti quali sacrificio rassegnazione ed espiazione fanno parte del nostro retroterra culturale di matrice occidentale e sono, per questo, difficilmente riconoscibili 
Ma è invece utile raccogliere l'invito di Nichiren Daishonin a pregare con voce sonora e con profonda fede nel Gohonzon, per vincere sulla funzione demoniaca della malattia 
"Credi profondamente in questo Mandala Nam myoho renge kyo è come il ruggito di un leone 
Quale malattia può  quindi essere un ostacolo?"(SND vol 4 pag 149)
Altro che rassegnarsi: recitare Daimoku risveglia la Buddità in noi stessi e nell'intero universo, richiamando la protezione degli shoten zenjin
Un'altra frase che si dice molto frequentemente sospirando è"purtroppo questo è il mio/il tuo karma"
Come se il karma fosse una spada di Damocle che ci pende sulla testa, un destino ineluttabile, sempre in agguato, che condiziona ogni aspetto della vita, cancellando il nostro libero arbitrio e lasciandoci in balia di una storia già scritta 
Ma, durante la cerimonia nell'aria noi bodhisattva della terra abbiamo assunto volontariamente il nostro karma e abbiamo promesso di propagare la legg, grazie proprio alla Vittoria sulle sofferenze 
"Abili nel rispondere a difficili domande, le loro menti non conoscono la paura 
Hanno coltivato con assiduità alla perseveranza, sono fieri di dignità e virtù"(SDL 292)
È la paura a farci preferire un destino inamovibile, ma noi possiamo trasformare il veleno in medicina 
L'unica spada è quella che brandiamo noi, quando cogliamo l'opportunità di dimostrare il potere della nostra vita in modo da compiere la missione di aiutare gli altri a essere felici 
E a vincere sulla paura 
Anna Cepollaro BS n 121  pag 42

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