Dissanguato a Case Bonetti (GO) 16 settembre 1916 Settima battaglia dell'Isonzo
Ci
fecero sfilare allo scoperto, per squadra per uno di corsa; come
dissi l’azione era già cominciata, e la reazione nemica era
terribile. Il nemico diffendeva, accanitamente, le sue posizioni, con
un terribile fuoco di mitragliatrici, e fucileria, e bombe a mano,
mentre le artiglierie, battevano le retrovie. Come dissi noi si
andava per uno, in fila indiana, e di corsa perché, la zonna era
assai batuta. Ad un tratto sentii un gran colpo al fianco destro, che
mi fece traballare. Sicome che dietro di me, veniva un soldato,
bergamasco che era assai burloso; in un primo tempo, credei, che
questo mi avesse allungato un calcio, e feci per voltarmi per
allungargli un –ceffone- ma nel fare tale movimento, perdetti
l’equilibrio e anche i sensi, e caddi a terra: erano le undici del
mattino.
Quando
ripresi i sensi il sole era presso al tramonto, feci per rialzarmi da
terra, e non vi riuscii; un dolore acuto, e lancinante, alla schiena
e alla anca sinistra mi fece riccadere e solo allora, mi accorsi di
essere stato ferito; mi guardai attorno, e vidi che il terreno tutto
seminato di corpi di soldati, qualcuno ancora si moveva e si
lamentava, ma la maggior parte non si movevano più!!! Intanto
non si sentiva più il fragore della battaglia ma le pallottole
fischiavano terribilmente, e le granate passavano rombando, sopra di
mè, e continuavano a passare di corsa, vari reparti di truppa di
tutte le armi Genio, fanteria, finanza, Artiglieria da montagna,
bersaglieri, senza curarsi dei lamenti e richiami di noi feriti e
compresi che l’azione ancora continuava, e questi reparti andavano
di rincalzo. Io continuavo a raccomandarmi a quelli che mi
passavano vicino: Portatemi giù, per carità!ho quattro bambini!
salvatemi la vita!!! ma quelli badavano ai casi loro, senza
curarsi dei miei lamenti!! Per caso un bersagliere, mi passò
tanto vicino che riuscii, ad afferarlo, per una gamba, tanto mi
agrapai, che lo feci cadere, appenna che questi si rialzò fece per
prendermi per le spalle, forse per portarmi al posto di medicazione
quando un –aspirante ufficiale- gridò: lasciate quel ferito, che
ci sono i porta feriti apposta; e nel dire questo fece partire, un
colpo dalla propria pistola, che prese di striscio, al collo del
povero bersagliere, che, cacciato un urlo, mi lasciò ricadere, e
raccolto il proprio fucile, seguì gli altri mentre, dal collo, gli
zampillava il sangue: e di lui, non seppi più nulla. Io
ricadendo per terra, provai un dolore assai forte, ma non ostante
gridai all’aspirante: vigliacco!!! e cercai di riafferrare il
mio fucile che quando sono caduto, era andato a finire un poco più
in là, ma le forze mi abbandonarono, e sveni un’altra volta, e fu
un bene per lui come per me; perché se arrivavo a prendere il
fucile, certamente lo avrei ucciso!!
Quando
tornai in mè il sole era già tramontato, e allora mi prese un tale
sconforto, vedendo che nessuno si curava di me, e pensavo che durante
la notte, senza essere soccorso sarei certamente morto!! e pensai ai
miei cari, ai miei bambini che sarebbero restati orfani, e alla mia
sposa, che non avrei più veduta, a miei vecchi genitori, che mi
avrebbero aspettato invano!!!
Ma
pensai anche, che forse, in quell’ora i miei inocenti bambini, e la
mia sposa stavano pregando il Signore per me, mi confortai un pocco,
e pregai anch’io, e dissi: Signore, datemi, almeno altri dieci anni
di vita, a ciò chè possa allevare grandicelli i miei bambini.
Poco
distante da me, intanto vidi passare due –porta feriti- con la
–barella- in spalla, intanto pareva, che si fosse fatto un poco di
calma, le palotole non fischiavano più e le cannonate erano rare, si
vede che col callare della sera, la battaglia andava affievolendosi.
Mi feci animo, e chiamai: portaferiti portaferiti!! e quelli mi
udirono e si avvicinarono e dissero: Ma sei tu Gherlinzoni, da quanto
tempo sei qua? ed io: da stamattina alle undici? Erano della
mia stessa compagnia ed erano andati a portare giù, un altro ferito,
poco prima che io restassi ferito, e poi si erano, -imboscati-, e ora
tornavano in cerca della compagnia.
Mi
chiesero: soffri molto? e io: non ne posso più!! ed essi ma quanto
sangue dove sei ferito? ed io: qui al fianco: Ben fecero loro;
corraggio ora ti portiamo giù, caricatomi sulla barella si aviarono.
Arrivammo
al posto, di medicazione, (che era a –Ca Ferletti- e fui ferito a
–Ca Bonetti) che era già buio, e appenna entrati, mi deposero a
terra, e un medico in camice bianco disse: e ancora un altro!
ma di che reggimento siete? portatelo al posto di medicazione
del vostro reggimento, che qui ce né troppi! e sparì in altra
camera. I porta feriti, non gli diedero retta, e mi dissero
auguri e ciao. Io ebbi appena la forza di dire –grazie- e
loro se ne andarono. Io pensavo: addesso nessuno, viene a
medicarmi!!! ma invece comparve subbito il medesimo medico e mi
disse: già ti hanno lasciato qui dove sei ferito? ed io: mi
pare a questo fianco! come mi pare! spogliati, e io: non
sono capace. Allora chiamò il –piantone- che prese le
forbici mi tagliò i vestiti, e mi mise a nudo la ferita, che era un
piccolo foro da pallotola da fucile che era entrata nell’-addome-.
Il medico mi pullì e disinfetò la ferita, e mi disse: Questa è una
ferita da niente e presto ritornerai in trincea. Io mi rinquorai, e
ci credetti, anche sentivo le forze che mi abbandonavano.
Intanto
venne dentro un carabiniere che era ferito alla testa, e il medico
gli domandò: come sei venuto, e quello: con l’-ambulanza- e lui:
ha cè l’ambulanza? allora aiutami, a portare questo qui
sull’ambulanza, e cio detto presero la barella dove stavo io, e mi
potarono sull’ambulanza. Il medico disse al conducente: và!
e il conducente: ma Sig Capitano, con uno solo, che ce ne stanno
sei! e il Capitano disse: và ti dico! Allora il
conducente sferzò i cavalli e partì.
Arrivammo
dopo mezz’ora di corsa, su una strada tutta buche, che mi
sballottarono di qua e di là, e arrivammo all’ospedale da campo
205 che era a Saciletto, paesino a alcuni Chilometri da Cervignano,
verso Palmanova e subbito fui portato in sala di operazione, dove
spoliato che fui, venni visitato dal Colonnello medico, assistito da
due altri dottori che si accorsero subbito, che la pallotola che mi
aveva colpito, mi era entrata dal fianco destro, un, poco in dietro,
più verso la –spina dorsale-, e passando sotto a questa, aveva
attraversato tutto il corpo, e aveva battuto, su l’osso –illiaco-,
quindi strisciando su questo, era uscita, dall’-inguine- sinistro,
dove aveva leso alcune vene, e lentamente andavo –dissanguandomi-,
e seppi più tardi, che se fossi rimasto ancora pocco senza soccorso,
sarei certamente morto dissanguato!!
Providdero
subbito a fermarmi il sangue, e dopo una sommaria –medicazione, e
disinfezione- mi portarono in un lettino, in una camerata, dove si
trovavano molti altri feriti.
Dal
diario di Imerio Gherlinzoni 124° reggimento fanteria, brigata
Chieti, soldato
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