L'Eretico Arnaldo da Brescia
Arnaldo
Da Brescia fu un riformatore religioso conosciuto per la forte
avversione per l'istituzione tradizionale ecclesiastica. I punti del
suo programma, vicino al movimento milanese dei Patarini, erano la
rinuncia della Chiesa alla ricchezza e il suo ritorno alla povertà
evangelica, l'abbandono del potere temporale, la predicazione estesa
ai laici, la non validità dei sacramenti amministrati da un clero
non degno, la confessione praticata tra fedeli. Una sorta di eresia
per il suo tempo, ma che iniziava a diffondersi qua e là tra
consensi e timori.
Divenne
canonico agostiniano a 25 anni e si trasferì a Parigi, conobbe
Pietro Abelardo, filosofo che nel corso della sua vita si mosse da
una città all'altra fondando scuole e conquistando masse di allievi.
Detestato da Bernardo di Chiaravalle, che non gli risparmiò nemmeno
le accuse di eresia, aveva fatto delle sue idee religiose, e in
particolare le sue opinioni sulla Trinità, un viatico per una
interpretazione al di fuori della dottrina della Chiesa cattolica,
tanto da essere condannate dai concili di Soissons e di Sens.
Abelardo divenne noto anche col soprannome di Golia,che durante il
Medioevo aveva la valenza di "demoniaco". Rimase celebre la
sua storia d'amore con Eloisa, da molti considerato il primo esempio
documentato di amore declinato in chiave "moderna", come
passione e dedizione assoluta e reciproca.
Quando
Arnaldo tornò nella sua Brescia, iniziò una serrata propaganda
anticlericale, accusando il clero, ed in particolare il vescovo di
Brescia Manfredo di possedere terre, di interessarsi di vicende
politiche e di praticare usura. Forte il richiamo, a quel punto, del
ritorno alla povertà evangelica, all'elemosina e alla solidarietà.
Nel 1139 le sue idee e quelle di Abelardo vennero giudicate eretiche
dal Concilio Lateranense II e per tale motivo egli decise di lasciare
l'Italia ed andare in Francia. Qui partecipò al già citato Concilio
di Sens del 1140, teatro della disputa tra Abelardo e Bernardo di
Chiaravalle.
Chiesto
ed ottenuto il perdono da Papa Eugenio III, Arnaldo tornò poi a Roma
nel 1145 dove, con la cacciata del pontefice seguita alla rivolta del
1143, era stato istituito un libero comune retto da un senato
oligarchico e da un patricius. Fu questa la sua occasione di gettarsi
completamente nell'agone politico, perorando le sue tesi anti-papali
tese a fare di Roma un'entità politica nuova e sganciata dalla
Chiesa. Questo comportamento gli comportò la scomunica da parte del
Papa nel 1148.
Fallita
l'esperienza del libero comune, il religioso ed i suoi numerosi
seguaci pensarono quindi di far rinascere uno stato imperiale a Roma
e si rivolsero a Federico Barbarossa per convincerlo a scendere su
Roma ed instaurarvi un potere laico opposto a quello del papa. Molto
astutamente anche il pontefice propose a Federico di riconoscerlo
subito come imperatore, a condizione che gli liberasse la sede da
quei pericolosi repubblicani. Federico acconsentì a Eugenio. Firmato
a Costanza il patto con Eugenio, sulla base del quale prometteva di
ripristinare integralmente il potere temporale del papato, si
accingeva a entrare a Roma con tutta la sua forza militare. Prima che
vi giungesse Eugenio III morì. Il suo successore, Anastasio IV, non
fece nulla per ricordare al Barbarossa di onorare gli impegni presi.
Forse avvelenato, lasciò la vita terrena nel dicembre del 1154. Il
suo successore, Adriano IV, l'unico Papa di origine inglese, dopo
aver assistito all'assassinio di un proprio cardinale, rifiutò
qualunque intesa coi repubblicani e pretese l'intervento di Federico
scomunicando l'intera la città, dichiarando che non l'avrebbe tolta
finché non gli avessero consegnato Arnaldo da Brescia.
Arnaldo,
esiliato dallo stesso Senato, si mise a vagare per la campagna
romana, trovando ospitalità presso i visconti di Campagnano.
Federico Barbarossa, che intanto era già sceso in Italia per
riportare i Comuni all'obbedienza, lo catturò. Da qui la condannato
a morte, tramite impiccagione. Il reale capo d'accusa nei suoi
confronti fu il rifiuto assoluto del potere temporale del Papa e
della Chiesa, che San Bernardo e gli altri avversari consideravano
''eresia''. Il suo cadavere fu messo al rogo e le sue ceneri sparse
sul Tevere. Al vedere ciò la folla insorse, costringendo il
Barbarossa a riparare addirittura in Germania. Adriano IV, con
l'aiuto dei Normanni, riuscì a imporre la normalità.
Circa
trent'anni dopo la sua morte venne al mondo un uomo, Francesco
d'Assisi, che diversamente da Arnaldo da Brescia fece la sua
rivoluzione, sfidando con altri mezzi la politica clericale dei suoi
anni, vincendo la sua battaglia. Forse, chissà, proseguendo una
strada che paradossalmente era stata preparata prima nel tentativo di
cambiare la Chiesa e riabilitarla in nome di uno spirito nuovo.
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