Il portaferiti

Un giugno insanguinato!
Questa maledetta battaglia sulle pidocchiose balze dell'Ortigara sembra non finire mai!
Oggi è il 25 giugno.
Questa notte gli austriaci hanno effettuato un contrattacco e sono riusciti a riconquistare le due quote più alte di questa stramaledetta montagna, la 2105 e la 2101. Su quella più bassa, la 2003, ci siamo riaffermati dopo un sanguinoso contrattacco.
Il mio reparto di Sanità, il 5°, opera tra questi sassi e tra queste doline da 15 giorni.
Durante il nostro pietoso compito di recupero dei feriti abbiamo avuto diverse perdite.
Ora gli austriaci hanno ripreso il totale controllo del famigerato "Vallone dell'Agnellizza". Una tremenda depressione che separa l'Ortigara dalla "muraglia" del Campanaro e dalle ultime propaggini di Cima Caldiera. Questo punto di transito è veramente un inferno! I due passggi predisposti per gli assalti, il "varco sud" e il "varco nord", sono l'immagine stessa della morte, ripetuta infinite volte.
Avventurarsi nel "vallone della morte" è quasi sempre un viaggio senza ritorno. I reparti che lo hanno percorso in queste due settimane di battaglia sono stati sempre stritolati dal fuoco terribile delle mitragliatrici e dell'artiglieria, ancora prima di artigliare i pendii insanguinati della tremenda Ortigara.
La mia squadra di "portaferiti" lo ha percorso instancabilmente senza fermarsi mai, per decine di volte, recuperando numerosissimi feriti abbandonati.
Il problema è che ora, gli austriaci, sparano su tutto quello che si muove nel vallone, ignorando il nostro pietoso compito e i nostri bracciali bianchi con la croce rossa.
Brutta cosa la guerra, annienta la pietà e trasforma gli uomini in belve ferite!
La situazione sembra compromessa.
Gli austriaci sono ritornati sulle loro vecchie postazioni e nessuna forza al mondo potrà ricacciarli nuovamente indietro!
Le nostre brave truppe sono rimaste inchiodate sul ripido pendio orientale dell'Ortigara, in una condizione morale e fisica terribile.
La mia squadra (16 uomini) riceve l'ordine di uscire nuovamente dal "varco sud" e di recuperare i feriti lasciati sul terreno dalla dinamica infernale di questo combattimento in alta montagna.
Ci equipaggiamo con il materiale sanitario disponibile e recuperiamo un certo numero di barelle. Queste ultime sono terribilmente sporche e insanguinate. Hanno visto e portato un orrore che pochi riescono ad immaginare e comprendere!
Usciamo rapidamente dal "varco sud" e sfiliamo nei pressi dei resti della baita.
Ci accoglie subito un furioso fuoco di mitragliatrici che spazzano il terreno sassoso.
Cerchiamo di correre a "zig - zag", per offrire un bersaglio più difficile da colpire. Un paio di uomini cadono uccisi. Maledetti! Maledetti loro e le loro onnipresenti e schifose mitragliatrici!
Obliquiamo leggermente verso destra, per coprirci dietro un dosso.
I nostri sensi sono già abituati all'orrore, ma questa volta rimaniamo veramente sconvolti!
Il terreno è letteralmente cosparso di resti umani. Morti recenti, rigidi e lividi. Corpi in avanzatissimo stato di putrefazione, dilaniati, in posizioni assurde e grottesche. Perfino numerosi scheletri delle battaglie del luglio 1916, avvolti nelle loro divise terrose.
Buche di granata, armi contorte e spezzate. Elmetti bucati e sfondati. Borracce, scarpe, tascapani, bombe a mano, reticolati attorcigliati, munizioni, proietti d'artiglieria inesplosi, perfino lettere e cartoline.
Un odore insopportabile di putrefazione e di esplosivo impregna ogni cosa, ogni zolla di terra insanguinata.
Poi, finalmente, troviamo diversi Alpini feriti.
Molti sono già in uno stato di semi incoscienza, divorati dalla febbre e dal dolore. Alcuni hanno ancora la lucidità e la forza per gridare la loro disperazione e la loro rabbia:
"AIUTATECI! PORTATECI VIA DA QUESTO INFERNO! SALVATECI! MALEDETTI, VENITE QUA! VENITE QUA!"
Cerchiamo di raccogliere tutti, ma il numero dei colpiti è troppo grande! Dobbiamo fare una scelta: raccogliere i feriti meno gravi, quelli più trasportabili, e tralasciare quelli che comunque non avrebbero possibilità di farcela.
Una situazione davvero tremenda!
...tu vivi...e tu invece no!
Purtroppo siamo costretti ad operare in questo modo, è un comportamento spietato ma assolutamente necessario.
Non abbiamo alternative!
Tutto questo sotto il fuoco terribile delle mitragliatrici austriache che, con raffiche precise, falciano chiunque esca allo scoperto.
Raccogliamo sette feriti. Li deponiamo sulle barelle e ci apprestiamo a ripercorrere a ritroso il nostro itinerario.
Una vera e propria "Via Crucis!"
Partiamo.
Arrivano diversi colpi d'artiglieria che ci scuotono e ci terrorizzano.
Riusciamo a percorrere diverse centinaia di metri in direzione del "varco sud", schivando sempre morti e feriti che implorano di essere raccolti.
Sono centinaia e centinaia di uomini seminati in pochissimo spazio, forse nemmeno in un chilometro lineare.
Altre squadre di soccorso stanno operando con il loro carico di dolore. Avanti e indietro per questo vallone spaventoso.
Dopo infiniti rischi e fatiche riusciamo a rientrare al "Pozzo della Scala", tra il "Campanaro" e la "Caldiera".
Deponiamo i feriti al posto di primo soccorso. Questi ricevono subito le amorevoli cure di medici e infermieri.
Ora dovremo ritornare ancora nel "vallone della morte" per recuperare altri fratelli, altre vite che la "nera signora" vorrebbe portare con sé.
Noi teniamo duro, non possiamo tentennare.
Un difficilissimo dovere ci chiama, la vita di tanti nostri compagni è un bene preziosissimo!
Ce la dobbiamo fare! Ancora e ancora, fino a che non cadremo per terra sfiniti dalla fatica e dall'orrore.
Anonimo

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