Nuove carneficine Altopiano della Bainsizza il agosto 1917
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Mattino bellissimo. I cannoni e le bombarde iniziano, poi
intensificano i loro tiri sulle linee e retrovie nemiche. Con questo
inizio il fante dice che siamo di nuovo nell'ingranaggio di nuove
carneficine, ma il fante ha sempre speranza. Nella notte il 3°
Battaglione, passando da Gorena, si porta avanti al paese di Ankovo
dove parte si schiera in piccoli avamposti, parte nei camminamenti
lungo la sponda dell'Isonzo, altri nei ricoveri e nelle gallerie.
Intanto i canoni e bombarde nostre continuano il loro micidiale
tambureggiamento, cercando la distruzione delle linee nemiche.
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– Per tutto il giorno il bombardamento nostro è di una
intensità tale che la terra traballa, le gallerie sembra debbano
crollare da un momento all'altro. Sono tonnellate di acciaio ed
esplosivo che passano sopra di noi come uragani, sembra siano in
marcia centinaia di treni. Bombarde nostre da 420 danno scoppi così
potenti che tutto sembra schiantarsi, sgretolarsi e cadere in
frantumi. In questa valle, dove scorre il fiume Isonzo, si è fatto
buio dal fumo e dal terriccio sollevato dagli scoppi. L'aria è acre,
afosa. Grande attività di aeroplani. Noi siamo sempre ai nostri
posti, in attesa. Verso le ore cinque del pomeriggio un tentativo di
attacco nemico sulla strada Plava-Descla viene respinto dal 2°
Battaglione che, contrattaccando, riesce a prendere al nemico un
avamposto sulla strada Plava-Descla.
Notte
calma. Durante la notte, il Genio Pontieri, avendo già preparate in
posto le barcacce e il materiale necessario, con otto di queste
barcacce è riuscito a costruire un ponte sul fiume Isonzo. Un lavoro
di meraviglia per precisione e prontezza. Io con altri soldati,
trovandoci in posto, abbiamo assistito a questo lavoro e anche
aiutato a fare qualche lavoretto. Il 3° Battaglione alle ore tre del
pomeriggio aveva ricevuto l'ordine dei tenersi pronti per transitare
al di là del fiume e avanzare oltre, in territorio nemico. Nella
notte allora tutto il 3° Battaglione si porta nei pressi del ponte
di barche che il Genio Pontieri stava costruendo.
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– Alle ore cinque del mattino silenziosamente, presti, lesti, si
inizia il passaggio sul ponte verso la sponda opposta del fiume,
portandosi sino alle prime case del paese di Descla. Ora dobbiamo
salire verso il Monte Jelenik, avanti a noi, ma l'austriaco
fattosi giorno, accortosi della nostra manovra, dalle sue trincee
situate a mezza costa del monte, inizia a far cantare le mitraglie e
il tac-pum dei fucili. Qualche reparto, spintosi più avanti, deve
ripiegare. Il fuoco è furente e ci prende un poco di panico per
l'improvvisa reazione del nemico. E' l'alba, ci appostiamo come
meglio si può sulle posizioni raggiunte: ormai il fiume è passato.
L'austriaco si accanisce con rabbiose e insistenti scariche di
artiglieria, anche con grossi calibri. Il Colonnello comandante del
160° Reggimento Fanteria rimane ferito. Anche gli aeroplani si sono
messi in lotta a questa battaglia. Nella notte si organizzano i
reparti e i collegamenti alle difese, con l'aiuto dei nostri
riflettori che illuminano la notte.
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– Nella prima mattina pattuglie del 3° Battaglione, tentano un
attacco alla quota 500 del Monte Cavallo. Ma l'austriaco, ben saldo
nelle sue posizioni, ci ferma causandoci morti e feriti. Le raffiche
di fuoco del nemico sono rabbiose e micidiali.
Oggi
ecco un altro caso pietoso. Un Caporale della 10.a Compagnia si è
fissato nella testa di andare, da solo, a snidare una postazione di
mitragliatrice nemica che ci falcia maledettamente. Ne parlo al
comandante della Compagnia ed al Maggiore Porzio ma non approvano,
definendola più come un'azione di epilettico che di eroismo. Ma
tanto fa quel Caporale, rivolgendosi a me come furiere e Caporal
Maggiore, che gli faccio ottenere il via pur scoraggiandolo come
pazzo. Così esce con una pattuglia come appoggio, poi tenta
l'avventura da solo. Io osservavo le sue mosse, ma era palese che
voleva la morte. Non fu fortunato, ci pensò la mitragliatrice nemica
appena si scoprì un attimo. Povero Caporale. Ci spiacque a tutti, ma
così è la guerra. Nella giornata sono andato per servizio a Plava e
mi sono incontrato con il Basilio Crela di Visgnola, in Bellagio, un
amico di casa. E' nel corpo della Sanità. La notte passa quasi
calma.
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– Alla prima mattina si ritenta ancora l'attacco alla quota
500 del Monte Cavallo. I soldati, sfruttando gli appigli del terreno,
salendo, si portano sotto il monte. Ma si deve sostare per il
micidiale fuoco nemico di fucili, mitraglie e bombe a mano. Però i
soldati nostri insistono guadagnando terreno palmo a palmo. Si
comincia a capire che la resistenza austriaca va diminuendo, forse
stanno ritirandosi. Così si riesce a occupare e presidiare qualche
elemento di trincea austriaca disseminate sul pendio del monte. I
camminamenti poi ci favoriscono di proseguire. Intanto le nostre
artiglierie vengono in nostro aiuto bombardando efficacemente la zona
nemica.
Per
individuare la nostra posizione alla nostra artiglieria
nell'avanzare, i soldati portano cucito sulla schiena un panno bianco
e dei triangoli di legno bianchi con un palo vengono fissati nel
terreno, come linea di arrivo occupata da noi.
L'austriaco
sta retrocedendo lasciando vari elementi di trincea. La sparatorie è
sporadica, viene da posizioni più arretrate, però non bisogna
fidarsi troppo dell'austriaco. Avanzando arriviamo oltre il paese di
Britovo, all'imbocco di una piccola valle; qui ci appostiamo. Nel
pomeriggio l'austriaco tenta un contrattacco, ma viene respinto
subito dalla perfetta collaborazione dei vari reparti. Però abbiamo
avuto dei soldati morti e feriti. A completare le cose un furioso
temporale, verso sera, ci bagna da capo a piedi.
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– Nella mattina calma. Verso le ore dieci comincia un nostro
bombardamento sulla quota 500 che continua tambureggiante e non dà
tregua. A mezzogiorno ecco l'ordine di avanzare. Il 3° Battaglione
lascia a destra il Monte Cavallo ad altri reparti, spostandosi invece
a sinistra verso la quota 747 del Monte Jelenik. Come se una nuova
forza ci avesse guidati tutti verso un solo pensiero ci buttiamo,
così è la parola, con coraggio e serena speranza, tra boscaglie e
piante verso le linee nemiche. L'austriaco preso di sorpresa sembra
non voglia reagire, o non possa. Così, entrando in qualcuno dei suoi
camminamenti, vi troviamo degli austriaci mezzi intontiti, quasi
increduli, rifugiarsi nei loro ricoveri: dobbiamo snidarli con le
bombe a mano. Intanto si va avanti e si arriva alla quota 500,
prendendovi posizione. Si rastrellano i soldati austriaci, come
prigionieri, si raccolgono le loro armi. I feriti, radunati verso la
Croce Rossa militare, con le autoambulanze vengono trasportati nelle
retrovie. Nella notte si sistemano le difese e si riorganizzano i
reparti.
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– Nella mattina ancora buia il 3° Battaglione riprende a salire il
monte verso la cima a quota 747. La resistenza del nemico è poca e
sporadica, altri prigionieri vengono rastrellati. Qualche debole
resistenza la troviamo in vetta, ma viene fatta tacere. Verso
mezzogiorno arriviamo in cima alla quota 747, prendendovi posizione.
I reparti sostano preparandola difesa e riorganizzando i reparti
stessi. Intanto delle pattuglie esplorano la montagna e la boscaglia
per assicurarsi se vi siano difese nascoste o agguati nemici
per contrattaccare.
La
notte passa calma ma siamo sempre vigili, armi alla mano. Siamo un
poco stanchi; sono ormai vari giorni che non si mangia rancio, solo
caffè, pagnotta e scatoletta di carne. Ma siamo soddisfatti: l'aria
qui è salubre e la fatica non conta. Solo la sete ci disturba
ma l'acqua non si beve, corre voce che l'austriaco l'abbia inquinata.
Allora niente acqua.
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– Di prima mattina squadriglie di aeroplani nemici sganciano
bombe sopra le nostre linee. Ora si riprende ad avanzare completando
l'occupazione del Monte Jelenik sino a quota 788. Verso sera tutto il
gruppo di alture di questa zona è presidiato dalle nostre truppe. Da
quassù si gode un bellissimo panorama che ci rilassa un tantino dai
nostri guai. Intanto rancio niente, acqua niente, ma il fante tira
avanti lo stesso. Nella notte ci spostiamo e scendiamo in una valle,
sostando in un paese chiamato Bate.
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– Alla mattina si riprende ad avanzare. Dell'austriaco nessuna
mossa, solo qualche pattuglia o qualche soldato sperduti che vengono
fatti prigionieri. Squadriglie di nostri aeroplani passano e vanno a
bombardare le retrovie nemiche. Si va avanti salendo strade
mulattiere. Siamo sull'altipiano della Bainsizza, circa quota 700.
Nel proseguire il nostro cammino prendiamo possesso di una ventina di
batterie di artiglieria pesante, ma nell'abbandono l'austriaco ha
fatto scoppiare il fusto del cannone.
Andiamo
sempre avanti in questo altipiano, che si allunga per qualche
chilometro. Intanto arriviamo al paese di Locca e aggiriamo il
massiccio del S. Spirito sino al detto paese. Siamo ora sulla
carrabile che, scendendo, porta nella Valle di Chiapovano. Ma noi
voltiamo marcia avanzando verso le montagne dello Sgorenizze, alto
877 metri. Dette alture fanno argine e difesa alla Valle di
Chiapovano. Attraversiamo adesso una pianura, sono dei pascoli, siamo
allo scoperto. Qualche cannonata nemica si fa sentire ed eccoci
così a contatto con l'austriaco. Si è attestato su quelle montagne
rocciose al limite dell'altipiano, su posizioni a lui favorevoli:
lassù si è fortificato e organizzato alla difesa
Dal
diario di Giuseppe Cordano militare, 160° reggimento fanteria,
brigata Milano, soldato, caporalmaggiore
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