Monte Zebio (VI) 26 maggio 1917

Alcuni prigionieri austriaci nella notte scesero nelle nostre trincee di loro spontanea volontà, per porre fine ai patimenti a cui erano soggetti, specie per la fame che nel loro esercito regnava.
Furono dal comando del 290° sfamati a loro piacimento. Oltre a questo, Gabba, che era disceso dall'osservatorio avanzato dello Zebio, ci disse che una famigliarità incredibile vi era fra i nostri e i fanti austriaci. Il pane veniva scambiato di notte dai nostri con del tabacco, sigarette, ecc... sia di giorno che di notte, d'ambo le parti, lavoravano fuori dalla trincea, senza che nessuno facesse partire un colpo di fucile; quando nelle trincee nemiche si faceva partire qualche mina, i soldati austriaci non mancavano di avvisare che i nostri si riparassero, per non essere colpiti da qualche sasso, ecc... con tutto ciò era una guerra di gentilezza. A rompere le relazioni era l'artiglieria, la quale contraccambiava la gentilezza a colpi di granate, come faceva la sua. Dalle 9.00 alle 10.30 il transito di muli, carrette, camion, ecc... per la strada dal bivio alla nostra batteria era sospeso per l'arrivo ad interdizione di una trentina di proiettili nemici d'ambo i sessi, che con precisione scoppiavano proprio sulla strada. Alle 6.30 della mattina, i credenti della batteria, fra i quali pure io, erano nella piazzola del quarto pezzo, ove il cappellano già aveva messo l'altare. Alle 7.30 la messa era già finita, seguì un piccolo discorsetto, e ritornammo al lavoro dei paioli. Era la seconda messa che udivo nel Trentino. G. sole.
Dal diario di Otello Ferri militare, 10° reggimento artiglieria da fortezza


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