Dolina dei morti – Nova Vas, Slovenia 1916

Fu fatta un'avanzata di qualche chilometro. Così la notte portammo i nostri cannoni nella Dolina dei morti. La chiamavano così perché lì c’era tanta terra e si potevano sotterrare, mentre fori di lì è tutto una pietraia e i morti davano sempre cattivo odore.
Si lavorò tutta la notte per farci il rifugio vicino al pezzo. Il nostro comandante di gruppo ci promise che avrebbe dato un premio ai serventi che facevano il rifugio più resistente ai colpi del nemico. Il premio lo vinsero quelli del secondo pezzo. Sembrava una fortezza, con travetti di legno e di ferro, e tanti sacchetti di terra.
Aprimmo il foco, ma dopo poche ore molti loro colpi arrivavano vicino. Così si capì che ci avevano scoperto e ci sparavano addosso. Infatti una granata mise fuori uso il mio cannone e fortuna volle che non ci ferì nessuno. Allora ci rifugiammo in una galleria e lì eravamo al sicuro. Pure il terzo e il quarto pezzo furono messi fori combattimento, con qualche ferito. Il capitano Lauritano telefonò al comandante di gruppo, per informarlo che la batteria era stata scoperta e tre pezzi erano fuori uso. Così, non era restato che un pezzo, e non era il caso di fare resistenza contro le batterie avverse. Anche per non sacrificare dei soldati inutilmente. Ma il comandante rispose che si deve sparare pure con un solo pezzo.
Il capitano pianse dalla rabbia. Il secondo pezzo incominciò di nuovo a sparare. Dalla galleria si vedeva che l'avevano preso a bersaglio, tante maledette cannonate gli arrivavano vicino. Dopo pochi minuti giunse il colpo di grazia. Una granata di grosso calibro piombò sul rifugio, proprio quello che aveva preso il premio. Restarono morti tutti.
Dal diario di Elio Nerucci, 49° reggimento artiglieria

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