L’ignota lanterna
Carso, 14 aprile 1917. Un soldato austroungarico, ferito, arranca per una trincea scavata da lui stesso il giorno prima. Con lui nulla se non una lanterna. Lo scalda, gli dà tepore, speranza. Gli ricorda casa, la flebile fiamma riporta alla mente il camino della sua dimora a Salisburgo, il sorriso di sua madre. Suo padre non c’è più, è partito molti anni prima, senza lasciare un biglietto o dare spiegazioni. Il soldato non sentì mai la sua mancanza: era così piccolo quando se ne andò! A malapena si ricordava il suo volto, eppure in quell’istante alla sua memoria riaffiorarono mille e più istanti. Singole immagini di quel genitore che nella sua vita fu così assente, ma ora più che mai era così vicino, come se fosse nella lanterna che il soldato ancora stringeva a sé. Ripensa a sua madre, nella loro piccola casa di Salisburgo. Al giorno in cui è partito, strappato ingiustamente dalle sue braccia, da una guerra di altri. Alle sue ultime parole, “torna presto”, una promessa che non può mantenere. Nel mentre, la battaglia infuria, a decine cadono senza un suono: il tristo mietitore aleggia fra i ranghi compiendo il suo mesto impiego. Gli unici rumori sono lo scoppiare di bombe, i fracassanti e incessanti spari della mitragliatrice e il secco tonfo di un mortaio in attivazione. Ma il soldato è sordo a tutto questo. Ha freddo. È stanco. È solo. Ma nella solitudine la sua lanterna lo accompagna, calda e luminosa in una notte fredda e oscura che tutto divora. E la lanterna è con lui mentre esala un ultimo respiro, mentre la morte richiama a sé l’ennesima vittima senza nome di una guerra d’altri. Un’ignota lanterna d’un ignoto soldato.

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