Una scelta consapevole
Anche
la recitazione di Gongyo e Daimoku può essere guidata più dal
bisogno di aderire a un modello formale che ai principi
dell'insegnamento buddista. Chiedersi sempre qual è il vero scopo
delle nostre azioni è la ricetta per non cadere mai nella trappola
del senso del dovere
Si
insinua nella tua vita quando meno te l'aspetti, proprio quando le
cose vanno bene e non hai più i super obiettivi di sopravvivenza che
qualche mese fa ti hanno portato a recitare Nam-myoho-renge-kyo
davanti al Gohonzon senza un filo di dubbio come "per cercare
l'acqua nel deserto". Reciti Gongyo la mattina e la sera, cerchi
di mantenere un numero dignitoso di Daimoku e apparentemente i gesti
sono quelli giusti. Partecipi alle riunioni di discussione e ti
sforzi anche di intervenire. Ma inizi a farlo per dovere. Certo,
meglio che non praticare per nulla. Ma la differenza tra farlo per
dovere e farlo per piacere è la stessa tra una bella passeggiata in
montagna e una distratta sessione di macchine in palestra, solo per
dire a se stessi alla fine: «Beh! Almeno ci sono andato... Meglio
che starsene sul divano a mangiare una vaschetta di gelato». Ma i
risultati comunque sono scarsi. E dal momento che il modo in cui
pratichi è la cartina al tornasole del modo in cui vivi, fatalmente
fare le cose per dovere diventa il motivo conduttore della vita di
tutti i giorni. Ti obblighi ad andare a correre perché se no non ti
senti a posto; ti forzi a uscire la sera perché se no poi ti senti
un poverino; ti obblighi ad andare a trovare la tua amica
all'ospedale perché se no poi ti senti in colpa. Piano piano, senza
quasi accorgertene, nella tua esperienza quotidiana di essere vivente
non avverti più una percepibile differenza tra la sensazione che hai
quando lavori, quando paghi la bolletta della luce o quando esci il
sabato sera con gli amici. Tutto è pesantezza e noia.
Il
senso del dovere è una virtù sociale
Eppure
quando si sente parlare di "senso del dovere" affiorano
alla mente concetti positivi come disciplina, rispetto delle regole,
ordine. Anzi, quando si pensa a una persona dotata di "grande
senso del dovere" ci vengono in mente solo giudizi positivi:
affidabile, rispettosa degli impegni presi, socialmente adeguata...
Di lei si dice un gran bene ma sotto sotto si pensa che non sa
godersi la vita e quindi per andare in vacanza la si chiamerebbe al
massimo per tenere la cassa comune. Il senso del dovere senz'altro è
una virtù sociale. Il dovere di rispettare le norme del vivere
civile, se senso di responsabilità e senso di rispetto non sorgono
spontanei, è un aspetto fondamentale della convivenza umana. Sembra
però che questa decantata virtù sociale non sia una gran virtù...
esistenziale. Quando questo atteggiamento dall'ambito sociale diventa
il principio ispiratore della vita personale, diventa un problema che
ha a che fare con la mancanza di gioia di vivere. Ecco perché è
così importante sapere che questo atteggiamento non è facile da
riconoscere, si sa camuffare perfettamente da tipo per bene e per
questo è assai importante smascherarlo.
NR
374 (PRIMA PARTE DI TRE)

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