Da solo, di notte, in trincea

Elio Nerucci racconta paura, morti a Monfalcone, quota 144 (GO) il 1916
Dopo pochi giorni fui mandato col sergente Zaniboni e un altro soldato. Ci presentammo a un comando nei pressi di quota 144. Ci accompagnarono al posto che si doveva occupare per la mansione del nostro servizio. In una vecchia trincea lasciarono il soldato. Dopo circa duecento metri lasciarono me. E alla mia destra restava il sergente Zaniboni. Il servizio era: posto di corrispondenza. Se il sergente mi portava un ordine, io lo portavo all'altro soldato, e viceversa, se lo portava il soldato lo portavo al sergente.
Erano le otto di mattina. Io stesi il telo da tenda. Mi allungai sopra e pensavo di dormire in pace qualche ora, perché il fronte era calmo. Avevo proprio bisogno di un po' di riposo. Ma fu di poca durata, perché alle undici incominciarono la controffensiva. Ci fu un gran bombardamento d'ambo le parti e questo inferno di fuoco continuò tutto il giorno e la notte seguente.
Io ero sempre stato calmo a ogni pericolo. Ma non posso nascondere che quel giorno, e specie la notte, quando tentarono di avanzare sulle nostre linee, non vedevo nessun movimento, perché stetti sempre per terra, allungato in una vecchia trincea. Sentivo passare sopra di me tante schegge e pallottole e uno scarpiccio vicino. Ma non potevo capire se erano i nostri, o gli Austriaci. In quella brutta notte la mia paura era di restare ferito e, lì solo, di morire dissanguato.
La mattina di poi, circa alle dieci, il fronte ritornò calmo. Allora, piano, piano, mi portai sulla destra per trovare il sergente Zaniboni. Ma trovai dei morti. Così capii che nella notte c'erano stati gli Austriaci. Erano passati pure vicino a dov'ero io, ma non mi videro. Dopo qualche mese seppi che il sergente l'avevano preso prigioniero.
Andai più avanti, a quota 144. Dietro una roccia vidi un piccolo baracchino. Mi avvicinai. Mi si fece incontro un tenente e mi chiese cosa volevo. Ma io avevo perso la voce. Dové avvicinarsi per capirmi: "Senta, io ero al posto di corrispondenza. Ma dall'altra sera non ho più visto nessuno. Così, senza bere né mangiare, ora non posso stare in piedi". Allora mi diede mezza pagnotta e telefonò al mio capitano che mi mandasse il cambio, perché non ero in condizione di restare al mio posto. La sera, appena fatto buio, venne a darmi il cambio un certo Lippi di Serravalle Pistoiese. Piano, piano mi condussi di nuovo a quota 208.
Una produzione FINEGIL e L'espresso con l'Archivio diaristico nazionale

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