La guerra dei forti tra altopiano di Asiago e quelli cimbri - II -
Il
Verle, comandato dal tenente Giebermann, aveva incassato circa 130
colpi da 280 mm in vari parti, con la perdita di alcuni uomini, ma
non vi erano dei danni visibili tali da giustificare l'abbandono del
forte. Alcuni colpi da 280 mm avevano colpito due cupole corazzate
mettendole fuori uso. La truppa del forte non aveva subito danni
psicologici particolari, all'infuori del comandante il quale, come
raccontano Webwer e Trenker, si era rifugiato in cantina ubriaco.
Questo ufficiale, stando alle descrizioni fatte dai due testimoni,
non era molto capace, tanto che i soldati lo chiamavano Gimpelmann,
che significava sciocco.
Verso
le 11 di mattina il tenente chiamò a rapporto gli ufficiali della
fortezza (il tenente Partik, il sottotenente Papak ed il capo modico
dottor Wunderer), comunicando loro, di avere già informato il
comando dello sbarramento circa la sua intenzione di sgomberare il
forte perchè non era più possibile restare all'interno dell'opera.
I tre ufficiali protestarono contro tale disposizione replicando,
che per il momento non c'erano validi motivi per l'abbandono del
forte e che questo atto sarebbe stato considerato un tradimento.
Il
comandante non volle sentire ragione, riunì nuovamente gli ufficiali
alle 15.20 consegnando loro un ordine scritto del comando di
sbarramento di Lavarone secondo il quale il comando di difesa della
zona orinava di sgomberare immediatamente l'opera corazzata lasciando
un presidio minimo formato da un aspirante ufficiale, 4
sottoufficiali e 50 uomini. Lo sgombero doveva aver luogo di notte
perchè, durante il giorno, si poteva essere individuati
dall'osservatorio del forte Verena. Giebermann aveva steso un falso
rapporto perchè il forte Verle, anche se bombardato pesantemente
dagli italiani, era ancora in grado di resistere. Pure il comando di
sbarramento trascurò di verificare le condizioni dell'opera e
convinse il comando di zona di ciò. L'abbandono dell'opera sarebbe
stata infatti una decisione assurda perchè avrebbe aperto una via
per Trento e per gli altipiani di Lavarone e Folgaria.
Durante
la giornata, Busa Verle fù colpito da 46 proiettili sul blocco delle
casematte e sulla batteria. Nel corridoio di batteria caddero delle
grandi macerie dalla copertura. Il cratere sopra la copertura era del
diametro di 70-80 cm. Il comandante del forte, lasciò la fortezza
con una parte della guarnigione in seguito ad un collasso nervoso. Il
permesso di fare ciò fu dato dal Comando di sbarramento. Nel forte
rimasero 58 uomini; di questi 22 artiglieri e 20 reclute. Il giorno
successivo, dopo che gli ufficiali si erano presentati al comandante
dello sbarramento per spiegare tale situazione, fu dato l'ordine che
tutti gli uomini che si erano allontanati dalla fortezza facessero
ritorno ai loro posti; il tenente Giebermann si rifiutò di tornare
assieme ai soldati e per questo venne arrestato su ordine del Comando
dello sbarramento e deferito al Tribunale Militare di Trento. Venne
nominato nuovo comandante, in sua vece, il tenente Papak. L'ufficiale
ebbe l'ordine di resistere ad ogni costo.
Il
processo contro il comandante ebbe termine con una sentenza di
assoluzione. La motivazione fu che Gibermann a causa dello
sprigionamento di gas nocivi del bombardamento aveva avuto dei
problemi nervosi: questo dopo averlo sottoposto a delle visite
mediche. Anzi nel proseguo del conflitto, ricevette una decorazione
al valore per la sua azione eroica.
Facoltà
di Storia – Università Cà Foscari Venezia – docente prof.
Casellato Alessandro – partecipante come uditore
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